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PD

Schlein, il populismo che riempie il vuoto della sinistra

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Più che nuova segretaria del Pd, la Schlein è la leader-ombra del Movimento 5 Stelle, considerando quanti grillini l'hanno votata nei gazebo. L'anomalia è quella di una segretaria di un partito di cui è tesserata da soli due mesi. Queste primarie mostrano quanto la sinistra si stia trasformando nel populismo che finora ha sempre criticato. 

Politica 02_03_2023
Elly Schlein

L’esito delle primarie del Pd di domenica scorsa è destinato a riverberare i suoi effetti sull’intera sinistra e a ridisegnare, con ogni probabilità, la geografia di quell’area politica. Il perché è presto detto. Elly Schlein, oltre che essere certamente il segretario più di sinistra che i dem abbiano avuto negli ultimi anni, è anche una sorta di corpo estraneo al partito, essendosi iscritta solo due mesi fa per poter correre alle primarie. Che una neoiscritta scali le vette di un partito e ne diventi la guida nazionale pone più di un interrogativo, non solo sulla bontà dei criteri di selezione della classe dirigente ma anche sulla consistenza stessa dei partiti attuali.

Anzitutto un dato: lo scarto tra la Schlein e il suo rivale, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, è stato relativamente basso (53,8% contro 46,2). Considerato il fatto che ha votato circa un milione di persone, si tratta davvero di numeri risicati, che determinano una frattura forse insanabile tra le correnti che sostenevano il nuovo segretario e quelle che facevano il tifo per Bonaccini. Il partito è più o meno spaccato a metà, anche perché i circoli avevano espresso una preferenza per il governatore mentre il popolo dei gazebo ha ribaltato quel verdetto. E qui arriva la seconda incongruenza, che denota le gravi condizioni nelle quali versa il Pd e in generale il sistema partito in Italia: stando ai sondaggisti più accreditati (Nando Pagnoncelli l’ha spiegato due sere fa in tv), la vittoria della Schlein non è farina del suo sacco, cioè non è stata decisa dai simpatizzanti e militanti dem, bensì dai grillini che, in numeri pare significativi, sono andati a votare domenica alle primarie del Pd, favorendo il successo della Schlein.

Dunque la Schlein, più che essere il nuovo segretario del Pd, è il segretario-ombra del Movimento Cinque Stelle accanto a Giuseppe Conte, che non a caso non ha fatto i salti di gioia quando ha appreso l’esito delle primarie in casa dem. Quindi chi festeggia si bea di un successo che è merito di elettori che non sono del suo partito e che avevano simpatia per lei perché non convinti fino in fondo dalle scelte del loro segretario, in questo caso l’”avvocato del popolo”. Ma è giusto che chi è iscritto a un partito da due mesi possa scalarlo in così poco tempo e diventarne la guida? Sarebbe come se qualcuno venisse assunto in un’azienda e dopo sessanta giorni ne diventasse l’amministratore delegato o il presidente senza aver dimostrato in alcun modo il suo valore, se non facendo propaganda nelle piazze.

Se tutto ciò è stato possibile, oltre che criticare il Pd, bisogna fare una riflessione più generale sull’evoluzione del sistema partito in Italia. La tendenza più rilevante appare ormai quella verso il populismo. La sinistra ha criticato il populismo di destra, che ha visto incarnato soprattutto da Matteo Salvini e dal gruppo dirigente della Lega, ma poi ha governato con il Carroccio e con i grillini, che sono anch’essi un prodotto dell’ondata populista degli ultimi anni. I dem demonizzano il presunto populismo altrui ma poi lo coltivano e ne risultano impregnati. La Schlein è in qualche modo il frutto maturo della progressiva conversione dei dem al populismo, che garantisce nell’immediato consensi e partecipazione, salvo poi svelare con grande rapidità il bluff di una proposta politica evanescente.

Quello che promette di fare la Schlein è molto più vicino al sentire grillino che non a quello dei dem. È un mix di demagogia, promesse irrealizzabili e proclami a effetto che finirà per confondere le acque. I dem temevano il flop ai gazebo e hanno allargato le maglie della partecipazione, dando la possibilità a molti fuorisede di votare online ed evitando di vigilare sulle effettive identità di chi andava ai seggi. Per carità, tutti possono esprimere una preferenza per un segretario piuttosto che per un altro, ma far discendere da queste votazioni così aleatorie una decisione così importante per il futuro di una forza politica è la riprova dell’agonia del sistema partitico italiano. Sezioni fantasma, pacchetti di tessere gonfiati e prove di forza di leader di corrente alla vigilia delle primarie hanno svelato l’inconsistenza della struttura organizzativa del Pd, che è ormai un ex partito che vive di nostalgia.

L’effetto Schlein si tradurrà anche in questo: nella polverizzazione populista di quel partito, che perderà tutto l’elettorato moderato, già in libera uscita da tempo, e diventerà un covo di populisti, una sorta di “sindacato delle minoranze” con nessuna possibilità di andare al governo del Paese. Meloni e il centrodestra sentitamente ringraziano.