Scala Lgbt, la nota è un pretesto per coprire il gulag dell'istruzione
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La notizia, data dalla Bussola, del ragazzino punito per essersi rifiutato di salire la scala arcobaleno diventa un caso nazionale. Ma la nota disciplinare per ragioni di sicurezza serve solo a coprire l'accusa di omofobia scagliata dal preside al tredicenne. Lega e FdI presentano una legge sul consenso informato e chiedono a Valditara di inviare gli ispettori.
- Pornodivi educatori, una contraddizione in termini, di Ermes Dovico

Com’era prevedibile la notizia data dalla Nuova Bussola Quotidiana del tredicenne di Verona accusato di omofobia dal preside per essersi rifiutato di salire la scala arcobaleno è diventata in poche ore di dominio nazionale con importanti ricadute politiche.
La vicenda l’abbiamo raccontata nella sua genuinità nell’edizione di martedì, ma il dibattito ora si sta spostando sulla natura della nota disciplinare, che com’era prevedibile si cerca di ricondurre esclusivamente al fatto che il ragazzino si fosse messo in pericolo.
C’è però un dato che sfugge a molti e che rappresenta l’elemento di maggior gravità di questa vicenda a tinte fosche arcobaleno: l’accusa di omofobia fatta dal preside al ragazzino, così come scritto per ben due volte nella lettera ai genitori. Così ha scritto il preside nella lettera pubblicata martedì in esclusiva dalla Bussola: «…alla mia ulteriore richiesta del perché non avesse voluto calpestare la scala arcobaleno (il ragazzo ndr.) ha affermato seccamente e meramente di essere contrario alla Comunità Lgtb, rifiutando il mio invito al dialogo; a quel punto ne ho registrato l’atteggiamento omofobico con rammarico». E poco prima, sempre il dirigente scolastico aveva rimarcato che «già in passato aveva manifestato le sue posizioni omofobiche».
La nota è una conseguenza di un comportamento che alla scuola non è piaciuto e che ora ha buon gioco nel presentare come completamente sganciata da motivazioni ideologiche, ma disciplinari, perché consapevole che il guaio per l’istituto sarebbe ben peggiore. Prima di andare dal preside, il ragazzino aveva ricevuto la stessa accusa di omofobia dall’insegnante. Ma, al di là del tema della sicurezza, al fondo rivela che la nota è stata data per un'insubordinazione non per ragioni disciplinari, ma per le idee. E questo va punito e nascosto.
Infatti, l’ufficio scolastico provinciale di Verona, nel goffo tentativo di difendere il preside sembra già voler chiudere il caso: «Non ci sono motivazioni ideologiche dietro la nota comminata allo studente veronese che si è arrampicato lungo il corrimano di una scala color arcobaleno: l'unica motivazione dell'annotazione riguarda esclusivamente il comportamento dell'alunno, che ha messo in gravissimo pericolo la propria vita. La scuola ha agito unicamente per tutelare la incolumità del ragazzo e dissuadere da comportamenti simili».
A parlare è il direttore dell'Ufficio scolastico (Usr) del Veneto Marco Bussetti, il quale si è ben guardato dal tenere in considerazione la lettera che il padre e la madre del ragazzo avevano mandato al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e per conoscenza proprio allo stesso Bussetti l’11 febbraio, prima che la vicenda acquisisse il clamore di questi giorni e che la Bussola ha citato per sommi capi.
L’impressione è che si voglia creare la tempesta perfetta per mettere a tacere quello che rappresenta un vero e proprio caso di correzione da gulag perpetrato a scuola nei confronti di alunni indisciplinati non per ragioni di temperamento, ma di idee.
Non cadere nella trappola è il primo requisito per comprendere questo “caso di scuola” dell’indottrinamento. Il preside, infatti, nella sua relazione, scrive che il ragazzino per non calpestare i gradini si è arrampicato all’esterno della scala mettendo a rischio la sua incolumità con il rischio di cadere nel vuoto. I genitori, invece, sostengono che il 13enne si sia semplicemente retto sulla balaustra dall’interno per non calpestare le scale e che dunque non si sarebbe messo in alcun modo a rischio.
Ma c’è di più. Dalla relazione ricostruttiva del preside e dal commento dell’ufficio scolastico provinciale è completamente assente il fatto riferito dal ragazzino e dai genitori che sia stato richiamato almeno tre volte a percorrere correttamente la scala. Le prime due volte l’aveva fatto saltando i gradini a due a due, ma è stato richiamato indietro dalla professoressa perché ripetesse il percorso quasi si trattasse di un rito. Rito che a questo punto doveva essere punitivo e umiliante, almeno per lui, e di monito per tutti gli altri.
A questo punto la vicenda si concluderà in Parlamento perché già due deputati di maggioranza hanno chiesto al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di avviare accertamenti ed eventualmente inviare gli ispettori nell’istituto.
Il primo è Alessandro Amorese, deputato di Fratelli d’Italia, il quale proprio nei giorni scorsi ha depositato una proposta di legge che regolamenti il consenso informato dei genitori per le iniziative extracurricolari e che «nasce dalla necessità di garantire ai genitori e agli esercenti la tutela legale un ruolo attivo e consapevole nell’educazione degli studenti su tematiche di carattere sessuale, affettivo ed etico affrontate all’interno del loro percorso scolastico» e che alla Bussola dice: «Quanto successo a Verona si inserisce pienamente nella riforma del consenso informato. Non è un caso che all’articolo 1 ho fatto inserire che «la mancata autorizzazione o il diniego dell’avente diritto alla partecipazione ad attività extra curricolari, non incide negativamente sul percorso scolastico dello studente».
Si tratta proprio dell’opposto di quello che è successo a Verona. Salire la scala arcobaleno, che non è una generica scala dei valori, ma nasce nell’ambito delle iniziative che la scuola organizza per contrastare l’omofobia, costringe i ragazzi ad aderire all’ideologia gender e alle istanze della Comunità Lgbt. Proprio quello che il ragazzino non voleva fare, essendosi dichiarato contrario alle istanze della dittatura Lgbt.
Amorese, inoltre, ha presentato un’interrogazione al Ministro perché accerti quanto è accaduto e nel caso invii gli ispettori a scuola: «Mi sembra che sia una situazione da gulag dell’istruzione», ha commentato.
Anche Rossano Sasso capogruppo Lega in Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, parlando con l’Ansa ha ribadito la necessità di una norma sul consenso informato dei genitori. E proprio oggi, in occasione della presentazione del suo libro "Il Gender non esiste - giù le mani dai nostri figli" illustrerà una nuova proposta di legge della Lega sul consenso informato e le carriere alias. «L'autonomia dell'insegnamento è per noi un valore fondamentale, ma bisogna porre un argine alla deriva di certe frange minoritarie ideologizzate che provano quotidianamente a confondere e indottrinare bambini e adolescenti, spesso all'insaputa dei genitori», ha detto Sasso.
Le due proposte di legge per consentire ai genitori di avere un maggior controllo sulle attività extra curricolari delle scuole e impedire il loro indottrinamento partono dal presupposto che è diritto di mamma e papà poter visionare il materiale proposto ed eventualmente rifiutarsi di far partecipare i figli, senza che questo possa avere ricadute sul loro percorso scolastico e formativo.
In questo caso, anche una scala arcobaleno nata con l’esplicito riferimento del contrasto all’omofobia, deve essere autorizzata dai genitori. Ma se i genitori non ritenessero di autorizzarla, allora bisognerà trovare le forme e i modi perché i ragazzini possano esercitare il loro diritto a rifiutare un’ideologia ormai pervasiva come quella gender tra i banchi. Fosse anche solo non salire quella scala e trovare percorsi alternativi per non cadere nelle maglie dell’indottrinamento e contemporaneamente dare una testimonianza di libertà ad adulti ormai avviluppati nell’ideologia del gender e nella caccia all’omofobo di turno.