Sardine, errato minimizzare: dicono che una Sinistra c'è
Sbagliato sottovalutare le sardine. Sotto le macerie dei partiti di sinistra, esistono ancora dei militanti, che hanno convinzioni culturali e politiche. Non basta vincere le elezioni: il centro-destra potrà dire di aver vinto in Emilia Romagna solo quando riuscirà a creare in regione un polo culturale pari a Il Mulino. Lega e Fratelli d'Italia saranno in grado di trasformare un sentimento ora vincente in classe dirigente, in una convinzione politica culturalmente solida?
-LA COSTOLA DELLA SINISTRA di Ruben Razzante
Salvini, la Lega, la candidata alla presidenza dell’Emilia Romagna Lucia Borgonzoni, il centro-destra, La Verità, Il Giornale … sbagliano a ridicolizzare il movimento delle “Sardine”. Sbagliano a considerarlo con disprezzo il movimento dei “Baccalà”, sbagliano a limitarsi a provare prove alla mano che è eterodiretto e che dietro alle Sardine c’è Mortadella, altro che apoliticità.
Dietro questa sottovalutazione del fenomeno c’è l’idea che la crisi del Partito Democratico e dei 5 Stelle abbia azzerato le convinzioni culturali e politiche di un certo popolo di sinistra. Si pensa che la crisi di un sistema di potere, come è stato evidenziato alle elezioni regionali in Umbria e come si ipotizza possa essere anche in Emilia Romagna, voglia dire la morte di un certo Decalogo di principi e ideali. La politica politicante, naturalmente, coglie il momento, e ora il momento sembra dire che i partiti di governo siano in difficoltà di credibilità e che i sistemi amministrativi locali costruiti dalla sinistra in questi decenni siano logori. Così, l’obiettivo sembra lì a portata di mano.
Poi però si vede che nuovi militanti riempiono le piazze. Si vede che difendono – a loro modo, ossia in modo vago e approssimativo, perfino strumentale e strumentalizzato, ma comunque difendono - alcuni principi di vita politica che a loro sono cari. Si vede che hanno in mente un nemico da cui difendere i loro interessi di bottega grandi o piccoli che siano ma anche dei punti di riferimento che, nella loro ottica, riguardano la democrazia, la giustizia, la partecipazione o altro.
Si scopre così che, sotto le macerie dei partiti di sinistra, esistono ancora dei militanti, che la convinzione culturale politica nei confronti di un certo quadro di significati è ancora presente, anche se gli apparati politici non sembrano più in grado di esprimerlo. Si scopre che la crisi del sistema Emilia Romagna, un sistema che lo slogan della Borgonzoni (“L’Emilia Romagna è di tutti”) dipinge realisticamente come proprietà di pochi ormai da troppo tempo, si dà veramente, ma che ciononostante ci sono masse di persone che hanno lo stesso conservato un loro ideale e che sono disposte a scendere in piazza per rivendicarlo.
Comunque venga letto, il fenomeno delle Sardine fa presente che la politica è anche una questione di cultura, di convinzioni, di modi di pensare e valutare e che si è veramente sconfitto il nemico politico non quando si sia approfittato di una sua contingente infermità e debolezza, ma quando si sono diffuse nuova cultura, nuove convinzioni, nuovi modi di pensare e valutare. Il centro-destra potrà dire di aver vinto in Emilia Romagna quando riuscirà a creare in regione un polo culturale pari a Il Mulino. Certo, può anche vincere su un’onda passeggera, su una stanchezza accumulata lungo il tempo e la voglia di cambiare, sulle insoddisfazioni per come finora sono state condotte le cose, su degli scandali amministrativi come in Umbria, ma limitandosi a questo, dopo cinque anni ritornerà a perdere. Sotto le crisi dei partiti di sinistra, Partito Democratico in testa, c’è ancora un immaginario collettivo diffuso – spontaneo o meno che sia – che ricorda a chi pensa di vincere facile, che si vince nelle urne, ma prima bisogna vincere nei cervelli.
Vincere è possibile. Ma poi? Poi ci si trova davanti a due problemi: la cultura della classe dirigente del partito che vince e i suoi collegamenti organici con la società. Ambedue le questioni pongono il problema della qualità oltre a quello della quantità. La classe dirigente deve essere formata ad un progetto di cultura politica, non può essere solo costituita da abili faccendieri. I legami con la società civile non devono essere solo di interessi, che possono morire così come sono nati, ma nutriti di una certa militanza valoriale e di principio. Ciò che lega veramente è sempre il fine, mai il mezzo.
A loro modo, le manifestazioni delle Sardine ricordano questo, dicono ai partiti che sostengono la Borgonzoni che nell’altro campo esistono ancora delle convinzioni politiche, che non potranno essere vinte solo con la conta dei voti nelle urne, e che continueranno ad esserci anche dopo le elezioni. Di rimando questo dovrebbe indurre la Borgonzoni e Salvini a chiedersi se anche loro abbiano un popolo convinto, una cultura politica che possa fare da base duratura al consenso, un progetto politico denso e radicato, profondamente alternativo, su cui costruire una formazione continua ad una militanza disposta a scendere in piazza.
I recenti appuntamenti elettorali sembrano dire che la gente ha cominciato a ragionare in un altro modo e che la tenuta dell’establishment è stata incrinata in più punti. Se questo sia solo un sentimento o una vera convinzione politica è difficile a dirsi. I partiti oggi alternativi all’establishment, come sono Lega e Fratelli d’Italia, devono trasformare un sentimento in una convinzione politica culturalmente solida e radicata. Le Sardine ricordano loro questo, e perciò non devono sottovalutate.