Sant’Orsola Ledochowska
“Come i fiori hanno bisogno del sole, così i bambini hanno bisogno di serenità, di quella gioia che scaturisce dalla Fede e dall’amore di Dio”, diceva sant’Orsola Ledochowska (1865-1939), fondatrice delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, dette anche “Orsoline grigie” e in Italia chiamate semplicemente “Suore polacche”, alle quali la santa trasmise la sua idea di apostolato del sorriso, basata sulla consapevolezza che Qualcuno ci ha amati per primo
“Come i fiori hanno bisogno del sole, così i bambini hanno bisogno di serenità, di quella gioia che scaturisce dalla Fede e dall’amore di Dio”, diceva sant’Orsola Ledochowska (1865-1939), fondatrice delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, dette anche “Orsoline grigie” e in Italia chiamate semplicemente “Suore polacche”, alle quali la santa trasmise la sua idea di apostolato del sorriso, basata sulla consapevolezza che Qualcuno ci ha amati per primo. “Il sorriso dissipa le nuvole raccolte nell’animo, può infondere nuova speranza e dice che abbiamo un Padre che è sempre pronto a venire in nostro aiuto”.
Seconda di sette figli, al secolo Giulia Maria, nacque in Austria da una nobile famiglia d’origine polacca e ricca di vocazioni. La sorella maggiore Maria Teresa fondò a sua volta un istituto religioso ed è stata beatificata da Paolo VI, il fratello Wlodzimierz divenne preposito generale dei gesuiti e lo zio Mieczyslaw fu cardinale. Giulia, che si trasferì presto con la famiglia in Polonia, rivelò fin dalla fanciullezza una viva intelligenza. Era brillante negli studi, apprendeva facilmente le lingue straniere, amava andare a cavallo. Questa vivacità si accompagnava all’accoglimento nel suo intimo di Gesù e Maria, che a 21 anni la spinse a dire ai genitori: “Madre, padre, ho deciso di restituire tutto l’amore che mi avete inculcato sin da quando ero bambina. Voglio consacrare la mia vita al Signore e possibilmente diventare santa secondo i principi religiosi che mi avete insegnato”.
Entrò così nel convento delle orsoline di Cracovia, dove trascorse molte ore in adorazione eucaristica e meditando sui misteri della vita, morte e risurrezione di Cristo. Si distinse per il suo talento da educatrice, lasciando insegnamenti di straordinaria attualità, come quello sul ruolo decisivo della famiglia, oggi così sotto attacco: “La famiglia è l’ambiente primo, il più importante e insostituibile, in cui l’uomo viene al mondo e si sviluppa. Il futuro dell’umanità, il futuro delle persone sta tutto nell’educazione all’amore che hanno ricevuto dai loro genitori”. Quando le donne acquisirono il diritto allo studio universitario in Polonia, fu lei a organizzare il primo pensionato per studentesse, garantendo loro un alloggio sicuro e una solida formazione religiosa. Nel 1907 fu chiamata da un sacerdote a San Pietroburgo, dove suor Orsola, in un ambiente ostile al cattolicesimo, era costretta a uscire in abiti civili per eludere la sorveglianza della polizia segreta. Riuscì comunque a fondare un istituto di orsoline, chiamato Stella Maris, e a lavorare per il riavvicinamento tra polacchi e russi.
Nel 1914, anno d’inizio della Prima Guerra Mondiale, fu costretta - anche in ragione delle sue origini austriache - ad abbandonare la Russia, rifugiandosi per qualche tempo in Svezia, dove fondò una scuola, un pensionato e un giornale per cattolici svedesi. Sei anni più tardi, con il benestare di Benedetto XV, fondò le Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante (oggi diffuse in quattro continenti), nome che lo stesso papa le suggerì. Sorgente di tutta la sua attività missionaria, che la vide impegnata pure in Danimarca e Finlandia, fu sempre l’amore per l’Eucaristia. “Il Santissimo Sacramento è il sole della nostra vita, il nostro tesoro, la nostra felicità, il nostro tutto sulla terra. […] Amate Gesù nel tabernacolo!”. Morì a Roma a 64 anni, ormai affetta da un carcinoma, e le ultime parole dette alle consorelle furono: “Mi raccolgo in preghiera nella mia camera”. Quando le suore andarono a chiamarla per i Vespri, la sua anima era già tornata al Padre, mentre in mano teneva la corona del Rosario.