Santi Nabore e Felice
Sant’Ambrogio esaltò le virtù di questi due martiri nell’inno Victor, Nabor, Felix pii, dedicato pure a san Vittore, loro compagno d’armi
I santi Nabore e Felice (†303) furono due soldati berberi che abbracciarono la fede cristiana dopo l’arrivo in Italia e subirono il martirio sotto Diocleziano. Sant’Ambrogio (340-397) ne esaltò le virtù nell’inno Victor, Nabor, Felix pii, dedicato pure a san Vittore, loro compagno d’armi commemorato l’8 maggio. Altre informazioni sui due martiri celebrati oggi si trovano in una Passio posteriore all’epoca del santo vescovo di Milano.
Anche Nabore e Felice, come Vittore, provenivano dalla provincia romana della Mauretania (che non va confusa con l’attuale stato della Mauritania), nell’Africa del Nord. La loro conversione al cristianesimo era avvenuta a Milano, dove Massimiano, amico di Diocleziano e augusto d’Occidente, aveva stabilito la sua capitale. I due imperatori, all’inizio della Grande persecuzione (303-305), comandarono l’epurazione dell’esercito. Allora Nabore, Felice e Vittore - non volendo rinnegare il vero Dio che avevano da poco scoperto e dal quale erano stati intimamente rinnovati - disertarono. Tutti e tre furono catturati e condannati alla decapitazione.
Nabore e Felice vennero giustiziati presso Laus Pompeia, l’attuale Lodi Vecchio, dove esisteva una numerosa comunità cristiana. I loro corpi furono recuperati da santa Savina, che poi li traslò di nascosto a Milano. Qui san Materno provvide a seppellirli degnamente. Quando finirono le persecuzioni e si iniziarono a costruire le belle basiliche paleocristiane, le reliquie dei due martiri furono poste all’interno della basilica detta «Naboriana». Davanti ai cancelli di questa chiesa, grazie a uno scavo ordinato da sant’Ambrogio, il 17 giugno 386 furono ritrovati i corpi dei santi Gervasio e Protasio, che vennero spostati il giorno dopo nella Basilica Martyrum (oggi Basilica di Sant’Ambrogio).
Nel XIII secolo la Basilica Naboriana fu concessa ai francescani, che la ristrutturarono e la ampliarono fino a inglobarla nella nuova chiesa di San Francesco Grande. Quest’ultima divenne nei secoli la seconda chiesa milanese per dimensioni, superata solo dal Duomo. Prima della sua demolizione (avvenuta nel 1806) ospitò al suo interno autentici capolavori, commissionati dai frati, come la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci.