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Santi Filippo e Giacomo il Minore

I due apostoli Filippo e Giacomo il Minore sono ricordati con un’unica festa liturgica perché le loro reliquie, traslate rispettivamente da Ierapoli e Gerusalemme, furono deposte insieme nella Basilica dei Santi XII Apostoli a Roma. Il loro culto congiunto è stato stabilito con la riforma del calendario del 1969

Santo del giorno 03_05_2019

I due apostoli Filippo e Giacomo il Minore sono ricordati con un’unica festa liturgica perché le loro reliquie, traslate rispettivamente da Ierapoli e Gerusalemme, furono deposte insieme nella Basilica dei Santi XII Apostoli a Roma. Il loro culto congiunto è stato stabilito con la riforma del calendario del 1969.

SAN FILIPPO (c. 5 - 80). Filippo era di Betsaida, la stessa città di Andrea e Pietro, e fu tra i primi apostoli a incontrare Gesù, che gli disse: «Seguimi». Quel primo incontro lasciò il segno nel cuore di Filippo, che appena vide Natanaèle (cioè Bartolomeo) gli riferì entusiasta: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth». Ed è significativo che a quel primo passeggero scetticismo dell’amico («Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?», domandò Bartolomeo), Filippo rispose immediatamente: «Vieni e vedi» (Gv 1, 43-51).

Viene poi citato nel dialogo con Gesù in occasione della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6, 1-15). Nell’Ultima Cena, mentre il Figlio di Dio sta rivelando pian piano il mistero trinitario, in cui gli apostoli saranno capaci di addentrarsi solo dopo la Risurrezione e il ricevimento dello Spirito Santo, è Filippo a chiedere: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». È nota la risposta di Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre».

Dopo la Pentecoste, Filippo attraversò l’Asia Minore e, secondo alcune fonti apocrife (riprese nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine), si spinse a evangelizzare la Scizia. Quel che è certo è che già i primi cristiani attestavano la sua morte e sepoltura a Ierapoli, nella Frigia (come Policrate di Efeso, vissuto nel II secolo, che in una lettera a papa Vittore scrisse: «Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso»), dove tra il 2008 e il 2015 degli archeologi italiani hanno identificato i resti di una basilica sorta attorno al sepolcro dell’apostolo e numerose iscrizioni attestanti l’antichissimo culto a lui tributato. A Ierapoli, città che ospitava un oracolo pagano, Filippo operò moltissime conversioni e morì martire, inchiodato a testa in giù a un albero o una croce a forma di X.


SAN GIACOMO IL MINORE (c. 5-62). È chiamato così per distinguerlo da Giacomo il Maggiore, fratello di san Giovanni Evangelista e martirizzato verso il 44. Dal Nuovo Testamento si apprende che era figlio di Alfeo, padre anche di un altro apostolo, san Giuda Taddeo. Lo storico Egesippo (c. 110-180) riferisce che Alfeo era fratello di san Giuseppe e perciò Giacomo era cugino di Gesù: in questo senso Paolo lo chiama «fratello del Signore» (Gal 1,19; vedi anche Mt 13,55 e At 12,17), secondo un’espressione spesso presente già nell’Antico Testamento per indicare i parenti prossimi. In base all’interpretazione cattolica tradizionale, avvalorata dal confronto tra le Sacre Scritture e i testi di alcuni autori antichi come il già citato Egesippo e Flavio Giuseppe (c. 37-100), Giacomo il Minore e Giacomo il Giusto, primo vescovo di Gerusalemme, sono la stessa persona.

Giacomo ebbe un ruolo di grande rilievo nella Chiesa primitiva, tanto che Paolo lo indicò tra «le colonne» insieme a Pietro e Giovanni (Gal 2, 9). Al Concilio di Gerusalemme, tenutosi intorno al 50 per risolvere la disputa sulla circoncisione, fece un intervento importante a sostegno del discorso di Pietro, citando il profeta Amos per vincere le resistenze dei Giudei e proponendo una soluzione per i pagani convertiti (At 15, 7-21). A lui si deve inoltre la Lettera di Giacomo, dove esorta i fedeli a chiedere a Dio la vera sapienza e sottolinea la necessità delle buone opere accanto alla fede: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere?”.

Subì il martirio nel 62. Gli scribi e i farisei gli chiesero di rinnegare Gesù dal pinnacolo del Tempio, affinché fosse udito da tutti. Ma Giacomo, secondo l’esteso racconto di Egesippo (riportato nella Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea), disse: «Perché mi interrogate sul Figlio dell’uomo? Egli siede in cielo alla destra della somma potenza e verrà sulle nuvole del cielo». Molti credettero alla sua parola. Allora gli scribi e i farisei lo gettarono dal pinnacolo, gridando: «Oh! Anche il Giusto si è sbagliato».

Poiché Giacomo era ancora vivo, fu lapidato e infine colpito con un bastone sulla testa, mentre chiedeva a Dio di perdonare i suoi carnefici. L’impressione del martirio fu tale che diversi Giudei arrivarono ad attribuire il successivo assedio di Gerusalemme e la distruzione del Tempio (70 d.C.) all’ingiustizia commessa contro il santo. Nelle sue Antichità Giudaiche, Flavio Giuseppe, nativo di Gerusalemme, aveva scritto al riguardo: «Tutto questo capitò ai Giudei per punirli di ciò che fecero a Giacomo il Giusto, che era fratello di Gesù detto il Cristo, e fu ucciso dai Giudei malgrado fosse giustissimo».

Patrono di: agonizzanti, cappellai, cardatori, farmacisti