Sant’Andrea delle Fratte, la chiesa della conversione di Ratisbonne
Il 20 gennaio 1842 la Madonna apparì al francese, di origine ebraica, Alfonso Ratisbonne, determinandone l’immediata conversione. Teatro dell’evento, la chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, elevata da Pio XII alla dignità di basilica minore. Uno scrigno di arte e fede.
20 gennaio 1842, la Vergine Maria appare all’ebreo-francese Alfonso Ratisbonne, a Roma, in una chiesa del centro storico. Un raggio di Luce invade il suo cuore e lo converte al cristianesimo, in un solo istante. In un solo istante, Alfonso si arrende alla Bellezza, si arrende all’Amore. Quella chiesa, ancora oggi, è lì, testimonianza di questa miracolosa conversione: è la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, elevata alla dignità di basilica minore da Pio XII nel 1942. Nel raccontare la storia di questa chiesa, gioiello d’arte e di profonda spiritualità, partiamo però da un altro luogo distante solo qualche metro: è Piazza Mignanelli che - ormai da tempo - per tutti i romani è la «piazza dell’Immacolata». Qui si erge, sopra un'alta colonna, una statua della Vergine (dal 1857), opera di Giuseppe Obici. Ormai è famosa perché tanti sono stati i pontefici che le hanno reso omaggio nel corso della storia della Chiesa. Guardando questa statua veniamo colpiti da un particolare: il dito indice dell’Immacolata mostra una via che vogliamo seguire. E sarà proprio questa strada a portarci davanti alla basilica di Sant’Andrea delle Fratte.
Sul finire del XII secolo, la zona dove sorge la chiesa si presentava solitaria e vi era un piccolo oratorio intitolato a Sant’Andrea “infra hortos” (“fra gli orti”, da qui il nome odierno “delle Fratte”). L’edificio ebbe diverse destinazioni: in origine proprietà della nazione scozzese, per poi passare alla Confraternita del Santissimo Sacramento, fino a quando - nel 1585 - questo luogo venne concesso da Sisto V ai Frati Minimi di San Francesco di Paola che ancora oggi custodiscono la chiesa. I religiosi si erano trovati di fronte a un luogo in profonda rovina e così, nel 1604, si rivolsero all’architetto Gaspare Guerra per la realizzazione di una nuova chiesa; lavori, poi, affidati, nel 1653, al Borromini che realizzò anche il campanile adiacente, famoso per essere denominato “ballerino”, per via delle oscillazioni al suono delle sue campane.
Appena entrati nella chiesa, alla nostra sinistra, una luce particolare ci rapisce: è lo splendore della Vergine Maria ritratta in magnifici colori che subito entrano nel cuore, fino alla commozione. Non si può che rimanere in silenzio e in contemplazione. Il quadro che ci è di fronte ha dietro una storia: «Qui apparve la Madonna del Miracolo. 20 gennaio 1842», così ricorda una scritta posta sull’arco della cappella che custodisce il prezioso quadro che raffigura l’Immacolata. Il viso è giovane, bello ed espressivo. Lo sguardo dolcemente abbassato ci indica l’umiltà e la dolcezza di Maria. È leggera, eterea, circondata da una luce abbagliante che squarcia il cielo dipinto sulla tela. Il piccolo velo che si intravede dietro il suo capo fluttua nel vento. Sembra venire verso di noi per accoglierci a braccia aperte, avvolgerci nel suo caldo splendore materno. Il quadro - commissionato dai Padri Minimi - è stato realizzato da Natale Carta, pittore siciliano del neoclassicismo ottocentesco, in seguito all’apparizione della Vergine al giovane Ratisbonne. Fu lo stesso Ratisbonne a fornire personalmente all’artista Carta le indicazioni dei particolari dell'immagine della Vergine così come era apparsa ai suoi occhi: «Vidi sull’altare, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la SS.ma Vergine Maria».
Ma spostiamoci da questo altare così ricco spiritualmente e denso di storia, per poter ammirare il trionfo di arte che si presenta a chiunque entri in questa magnifica basilica-chiesa, ormai conosciuta anche come “la Lourdes romana” o come il santuario della Madonna del Miracolo. La pianta è a croce latina, con un transetto e una profonda e maestosa abside in fondo. Vi è un’unica navata: lungo questa si aprono sei cappelle; tre sul lato destro, tre su quello sinistro. La chiesa è uno scrigno d’arte, prezioso e affascinante. Vi troviamo nomi di artisti importanti del XVII e XVIII secolo come: Francesco Cozza, Francesco Queirolo (che tra il 1753 e il 1754 realizzerà la famosa scultura del Disinganno della Cappella Sansevero a Napoli), Giovanni Battista Maini, Giuseppe Bottani, Paolo Posi, Pietro Bracci, Andrea Pasqualino Marini da Recanati.
Il nostro sguardo è colpito dall’enorme tela che campeggia sull’altare maggiore: è il Martirio di Sant'Andrea, opera di Lazzaro Baldi, datata tra il 1686 e il 1688. L’elemento più importante di questa grande opera è la luce: illumina dall’alto, come raggio dal cielo, come raggio emanato da Dio, l’apostolo Andrea che - sulla croce a forma di X - guarda sopra di lui, cercando nel suo martirio d’incontrare lo sguardo del Signore. Sopra l’apostolo, volteggiano degli angeli: uno di questi, posto in alto a destra, reca in mano la corona e la palma del martirio.
Sopra il Martirio di Sant’Andrea, vi è la magnifica abside che narra la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, opera di Andrea Pasquale Marini: Gesù è al centro della scena; l’apostolo Andrea presenta a Gesù un giovane che reca in mano due pani e dei pesci. L’equilibrio della composizione dei personaggi, l’armonia dei colori, fa di quest’abside un vero e proprio capolavoro dell’arte pittorica. E sarà sempre l’artista Marini ad affrescare la cupola che architettonicamente venne iniziata dal Borromini nel 1667 per poi essere completata da Mattia De Rossi. La cupola raffigura la Redenzione: al centro è Dio Padre attorniato da molteplici raggi dorati; a sinistra, la bellezza della Vergine col Bambino, delicata e materna; a destra, vi sono degli angeli che sorreggono il globo terrestre e la Croce, simbolo della Passione di Cristo. Inoltre, nella parte più esterna della cupola, troviamo diversi altri personaggi: gli angeli in gloria; alcuni personaggi del Vecchio Testamento adagiati su delle bianche nuvole. Fra questi personaggi spiccano Adamo ed Eva, Abramo e il figlio Isacco che reca con sé un fascio di legna, Mosè con le Tavole della Legge, Davide e Salomone.
Gli angeli sono dipinti in diverse situazioni, in diverse scene. Le loro figure accompagnano la Vergine in questo luogo così profondamente mariano. Fra i tanti angeli - quelli dell’abside, delle cappelle laterali, della cupola - due ci colpiscono maggiormente: sono enormi, posti ai lati dell’altare maggiore (uno a destra, l’altro a sinistra). Sono opera di Gian Lorenzo Bernini. Dovevano far parte della serie di angeli di Ponte Sant’Angelo - commissionati da Clemente IX - ma poi, per non esporli alle intemperie, non furono collocati sopra il ponte romano, ma furono lasciati nello studio dell’artista. Gli eredi del Bernini, successivamente, doneranno i due angeli alla chiesa.