Sant’Agnese in Agone, scrigno di arte e fede
Su Piazza Navona, a Roma, sorge la chiesa, in stile barocco, di Sant’Agnese in Agone, costruita sul luogo dove avvenne il martirio della tredicenne vergine romana celebrata oggi. Al suo interno, per dono di san Pio X, è custodita la testa della gloriosa martire, che aveva fatto voto di appartenere solamente a Cristo, suo sposo.
“INGRESSA AGNES HUNC TURPITUDINIS LOCUM ANGELUM DOMINI PRAEPARATUM INVENIT”. Ben evidente è la lapide, all’ingresso del sotterraneo della chiesa di Sant’Agnese in Agone, a Roma. Chiesa che sorge nella famosa Piazza Navona, nel pieno centro della Capitale. L’iscrizione parla chiaro: “Ingresso del luogo di turpitudini dove l’Angelo mandato da Dio intervenne a salvare Agnese”. La chiesa barocca, così come la conosciamo oggi, sembra davvero avere poco a che fare con le vicende storiche della santa martire romana, Agnese. Eppure proprio questo luogo è legato al martirio della santa. In questo viaggio alla scoperta dei luoghi del suo martirio bisogna iniziare dalla piazza: Piazza Navona, celeberrimo luogo romano, meta di innumerevoli turisti prima delle restrizioni da Covid, famoso scenario di diversi film tra cui quel “Poveri ma belli” che raccontava l’Italia del dopoguerra.
Immergiamoci, allora, nella piazza. Siamo affascinati dallo straordinario complesso barocco: sorge sopra la pianta di quello che anticamente era lo Stadio di Domiziano (81-96 d.C.), primo esempio di stadio in muratura dell’antichità greco-romana, riservato a competizioni atletiche come la corsa, la lotta greco-romana, e quello che potrebbe considerarsi il pugilato ante litteram. Ma perché questa chiesa è legata a questo luogo? La storia è un intreccio tra la vita personale della stessa santa e la storia del Cristianesimo, soprattutto di quella storia che narra le vicende dei primi martiri cristiani.
Agnese era una bellissima ragazza tredicenne. Lo stesso nipote di Diocleziano (in altri racconti il figlio del prefetto di Roma) si invaghì di lei, della sua bellezza, dei suoi modi gentili. Intanto, l’imperatore Diocleziano - il 24 febbraio del 303 - dichiarava il Cristianesimo fuori legge, iniziando così le persecuzioni nei confronti di coloro che professavano la fede in Cristo. In questo scenario, entra nella storia proprio Agnese: la giovane aveva fatto voto di castità. La sua vita voleva essere totalmente per Cristo, suo sposo. Il ragazzo (figlio del prefetto di Roma o nipote di Diocleziano) tentò addirittura di usarle violenza. La ragazza lo respinse. Per questo affronto, la giovane fu rinchiusa nel lupanare, postribolo che sorgeva proprio nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Sant’Agnese in Agone. In questo luogo di perdizione, il ragazzo avrebbe voluto possederla.
Ma avvenne un fatto straordinario: un angelo lo toccò e morì ai piedi di Agnese. Lei, perdonando l’aguzzino, chiese l’intercessione di Dio per riportarlo in vita. Il ragazzo resuscitò, ma Agnese fu accusata di stregoneria e la condannarono alle fiamme, sul rogo. Ma anche in questa occasione il Signore dimostrò la sua potenza: le crebbero i capelli che la ripararono dagli occhi dei passanti e le fiamme si divisero in due senza toccare il suo corpo. Solo alla fine, un soldato - con un colpo di spada - le trafisse la gola. La giovane morì, proprio nel luogo dove oggi si trova la cripta di Agnese. Era il 305.
Questa, la storia del luogo del martirio. Ma a questa se ne aggiunge un’altra, quella della costruzione della sopraccitata chiesa. Facciamo un salto nella storia. E ci catapultiamo nel barocco romano. Siamo nel 1651. Giovanni Battista Pamphilj, divenuto pontefice (con il nome di Innocenzo X), dopo aver intrapreso la costruzione dell’imponente palazzo di famiglia e adornato la piazza con una grandiosa fontana, decise di costruire una nuova chiesa sulla quale doveva esercitare lo “ius patronatus” la casa Pamphilj ed essere sepolto lo stesso successore di san Pietro, Innocenzo X.
L’attuale costruzione fu iniziata da Girolamo e Carlo Rainaldi, per poi essere ultimata da Francesco Borromini (1653-57) che la modificò sensibilmente. Si deve al Borromini, infatti, la magnifica facciata concava. Una facciata che sembra abbracciare la piazza. I campanili gemelli, su disegno di Borromini, furono realizzati da Antonio Del Grande e Giovanni Maria Baratta. L’interno della chiesa è opera del Rainaldi. Conserva la pianta a croce greca. È un trionfo del barocco romano. Ori e marmi, cappelle, altari: tutto sembra immergere il fedele nel Paradiso. Quel Paradiso che è possibile scorgere nella cupola - sorretta da otto colonne - che venne affrescata da Ciro Ferri.
Siamo storditi, quasi, da tanta bellezza. Il connubio tra oro e bianchi marmi ci rende passeggeri sulla terra del Paradiso. La chiesa di Sant’Agnese in Agone è un luogo, una perla dove arte e fede, storia del Cristianesimo e storia dell’arte si incrociano, in un volteggiare barocco che lascia, ognuno di noi, stupefatti. Quattro sono gli altari che incontriamo in questa chiesa. Sono dedicati, dalla destra dell’entrata: a Sant’Alessio, Sant’Emerenziana, Sant’Eustachio e Santa Cecilia. I nomi degli artisti che vi lavorarono non lasciano dubbi sull’importanza architettonica e pittorica della chiesa romana: Giovanni Francesco Rossi, Leonardo Reti, Melchiorre Cafà e Antonio Raggi.
Sotto questo trionfo di arte e luce, vi è il trionfo del martirio cristiano. È il trionfo della luce e della bellezza di una santa che ha segnato il cammino della storia del Cristianesimo. Nel 1900, Pio X donò a “Sant’Agnese in Agone” la testa della martire che si trova - custodita - in un’apposita cappella, denominata appunto “Cappella della Sacra Testa”. Sembra uno scrigno, Sant’Agnese in Agone. Uno scrigno di fede, soprattutto.