Santa Dorotea, le mele e le rose
Dorotea, dotata di grande coraggio, saggezza e con una fede incrollabile in Cristo. Qualità che la portò ad una morte atroce. Giunta ai piedi del patibolo, si mise a pregare. In quel momento, un bambino si avvicinò e le diede tre rose e tre mele, realizzando il suo primo grande miracolo...
Dorotea è una santa celebrata in ugual misura dai cattolici e dagli ortodossi.
È vissuta in un secolo difficile per i cristiani: è nata a Cappadocia, in data incerta, probabilmente verso il 290. Invece la data della morte, avvenuta a Cesarea Mazaca (capoluogo dell’Anatolia Centrale, nell’odierna Turchia) è risaputa: 311.
Dorotea era una donna singolare per il su tempo: aveva una personalità notevole, era dotata di grande coraggio, saggezza e soprattutto aveva una fede incrollabile in Cristo.
Quest’ultima qualità fu quella che a portò alla morte. Una morte atroce.
Ma come era arrivata a tanto?
La sua breve vita si è svolta in un tempo buio per il cristianesimo, l’imperatore era Gaio Galerio Valerio Massimiano (250 ca - 311), al quale i cristiani davano dei grandi grattacapi: non li capiva, li trovava fanatici e irrazionali e non sapeva come comportarsi con loro. Così, decise di mettere a capo delle varie province dei prefetti che trattavano i cristiani con polso di ferro, allo scopo di farli rinunciare e di ritornare alla religione ufficiale. E quello che governava la Cappadocia, di nome Sapricio, non faceva eccezione: duro e crudele, incurante della sofferenza umana, era animato solo dal desiderio di fare regnare l’ordine costituito.
La fama di Dorotea, la giovane di buona famiglia famosa per la sua intelligenza ma soprattutto per il suo carisma e la capacità che aveva di convertire i pagani al cristianesimo, aveva attirato la sua attenzione.
Decise dapprima di “convertirla”. La consegnò a due sorelle, Crista e Callista: entrambe apostate, avevano il ruolo di portare Dorotea “sulla retta via”. Successe però il contrario: ispirate dalle parole di Dorotea, dalla sua forza spirituale, le due abbracciarono nuovamente il cristianesimo, non senza tanti dubbi: avevano paura che Dio non le perdonasse per avere abiurato la religione cristiana. Dorotea spiegò loro l’importanza del perdono, uno dei cardini del cristianesimo. Questo atto costò la vita alle tre ragazze: le sorelle furono condannate a morte sul rogo, mentre Dorotea fu giudicata, torturata e poi decapitata.
Era il 6 febbraio: uno degli avvocati che istituivano i processi di Dorotea la interpellò beffardo e la sfidò di inviargli delle mele e delle rose dal regno dei cieli, una volta che vi fosse giunta. Dorotea promise di farlo.
Giunta ai piedi del patibolo, si mise a pregare. In quel momento, un bambino si avvicinò e le diede tre rose e tre mele. Dorotea lo esortò di portarle a Teofilo.
E grande fu la meraviglia dell’uomo quando, giunto a casa, ricevette le rose e le mele. Fu così impressionato che si convertì. Inutile dire che Sapricio decapitò anche lui, ragione per la quale è commemorato come santo, insieme a Dorotea, il 6 febbraio.
Dorotea è santa patrona della città di Pescia (nella provincia di Pistoia) vero tempio dei fiori e dei vivai ed anche di tutti i fioristi.
Troviamo fonti sulla biografia di Dorotea negli Acta Sanctorum, Februarii, Die VI, I, Venezia 1753, pp. 771-776; nella Passio Sanctae Dorotheæ del secolo X, conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi.
Diverse congregazioni religiose sono intitolate alla santa, le cui suore sono dette Dorotee, come ad esempio le Suore maestre di Santa Dorotea.
Le reliquie di santa Dorotea sono conservate a Roma, nella chiesa di Santa Dorotea a Trastevere. La reliquia della testa è esposta all'altare maggiore di Santa Maria in Trastevere.
Santa Dorotea è un esempio e una fonte di ispirazione per tutti noi. Il suo potere di conversione è la conseguenza della sua fede incrollabile, che le ha dato la forza lungo la sua breve vota non solo di sopravvivere a delle prove molto dolorose anche a portare altre persone verso il Ignore.
Il suo accompagnamento alle sorelle è emblematico. Timorose che Dio non le perdoni per averlo abiurato, Dorotea le incoraggia a credere nel perdono di Dio. Spiega loro che adorare gli idoli è un peccato, ma non credere e non confidare nella grande misericordia di Dio è un peccato ancora più grande; che non bisogna disperare e non dubitare, perché Egli può guarire tutte le piaghe dell’anima; che non c'è ferita che Egli non guarisca.
Infatti, se riflettiamo, per questo è chiamato Salvatore, perché salva tutti, perché è chiamato Liberatore, perché dà la libertà a tutti.
E ora, in prossimitò della sua nascita, è il momento propizio per rivolgersi a Lui con tutta l'anima e con pentimento, e saremo senza dubbio perdonati.