Sansal, lo scrittore profetico sull'islam prigioniero di Algeri
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Una profezia che si autoavvera, quella dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal, autore di "2084". Immaginava un futuro totalitario islamico e viene incarcerato in Algeria. Dietro l'arresto anche il braccio di ferro fra Algeria e Francia sul Sahara Occidentale.
Dal 16 novembre uno scrittore è in galera. Una galera algerina. È Boualem Sansal, l’autore di 2084. La fine del mondo, in cui immaginava un mondo governato da una dittatura islamista.
Potremmo definirla autoprofezia. Il 26 novembre, Sansal, 75 anni, è stato interrogato dalla procura antiterrorismo di Algeri ed è stato reso noto che fosse sotto mandato d’arresto ai sensi dell’articolo 87 bis del codice penale algerino che punisce ogni “attacco alla sicurezza dello Stato”. Colpo di scena ampiamente previsto. La stampa algerina, infatti, da tempo, giudica le dichiarazioni di Sansal su Algeria e Marocco come «un attacco ai simboli della nazione e della Repubblica». La pena massima prevista in questo caso è la pena di morte. Ma sempre più spesso viene commutata in ergastolo.
Il suo editore, Gallimard, una delle più importanti case editrici francesi, s’è detto «molto preoccupato». Gli ha fatto eco Macron, ma poi niente più. Lo scrittore di fama mondiale, che l’Accademia del primo Nobel tiene da tempo sott’occhio, è stato arrestato a Dar El Beida, a est di Algeri, dopo aver lasciato l’aeroporto in arrivo da Parigi. E solo dopo dieci giorni s’è avuta qualche notizia: gli agenti dei servizi algerini lo hanno fatto scendere dall’auto e preso in custodia. Adesso dovrebbe toccare alla diplomazia francese liberare Sansal che aveva da poco preso la cittadinanza.
La stampa algerina e parte di quella internazionale accusano Sansal anche di essere un sionista. Lo scrittore sapeva bene di essere «su tutte le liste nere», come ripeteva. Ma nessuno l’ha protetto. Ad oggi non sembra in atto, perlomeno mediaticamente, alcun tipo di battaglia, come quelle a cui gli ultimi anni ci hanno abituato: né per la libertà d’espressione, né per riportarlo a casa. In Italia a conti fatti la notizia pare non pervenuta. Sembra che gli amici da tempo lo intimassero a non rimettere piede sul suolo algerino, e che lo facesse solo per la moglie.
Sono anni che Sansal è tra i dissidenti più famosi al mondo. Per Le Monde e l’Obs è «il dissidente che sorride». Criniera lunga e grigia tirata dietro in un codino spettinato, occhiali tondi e una figura estremamente snella, - si dimentica spesso di mangiare. È dal 1999 che grida contro l’islam. Da quando ha pubblicato il primo romanzo, Le Serment des barbares, Il giuramento dei barbari.
Da allora è l’intellettuale arabo che avverte l’Europa del pericolo islamico. Quello che ha conosciuto molto da vicino. La sua carriera da scrittore inizia proprio alla vigilia di quel ’99, quando era ancora il numero due del ministero dell’Industria in Algeria. Ingegnere, formatosi al Politecnico di Algeri, è sposato con una donna ceca. Un bel giorno va a prendere la figlia a scuola e non la trova. Scoprirà che è costretta a frequentare le lezioni d’islam nella moschea di Boumerdès, senza che né mamma né papà siano informati. Era stato istituito un programma d’islamizzazione forzata per i bambini nati da madri cristiane. Fu costretto, nel terrore, a mandare la famiglia a Praga. «La mia vita personale e quella della mia famiglia sono state davvero devastate dagli islamisti», racconterà.
Il prezzo che ha pagato negli anni è stato altissimo e l’arresto era davvero l’unica cosa a mancare: ha perso il lavoro; la moglie non può più insegnare; non ha mai smesso di ricevere minacce di morte ed è boicottato dai paesi arabi, furiosi anche per la sua partecipazione al Festival degli scrittori di Gerusalemme, nel 2012, che gli valse l’appellativo di ‘venduto alla lobby sionista’: fu il primo scrittore di origine araba a visitare lo Stato ebraico per partecipare ad un festival letterario, ma si sa, la cosa in ambito arabo-musulmano è considerata un tradimento imperdonabile. Negli ultimi vent’anni, come i nemici del popolo sotto il comunismo, è costretto alla clandestinità nei paesi islamici dove è un autore proibito.
Secondo qualcuno il suo arresto sarebbe dovuto all’intervista rilasciata a Frontières nella quale ha ripreso la posizione marocchina per cui una parte del territorio del Paese sarebbe stata presa a vantaggio dell’Algeria sotto la colonizzazione francese. Per Algeri non è di certo un tema banale. Per ogni presidente francese, il rapporto triangolare con Algeria e Marocco è un equilibrio instabile che deve essere gestito con grande cautela. E probabilmente il 2024 passerà alla storia come l’anno in cui questo equilibrio s’è spezzato.
L’arresto di Boualem Sansal sembra essere sia un attacco alla Francia, l’odiata ex potenza coloniale, che a Macron, il quale quest’anno ha naturalizzato lo scrittore ed espresso il proprio appoggio al piano di Rabat sul Sahara Occidentale - il progetto con il quale Rabat s’impegna a garantire autonomia alla regione in cambio del definitivo riconoscimento della propria sovranità. Secondo Rabat, e secondo l’algerino Sansal, il Sahara Occidentale è in realtà un pezzo del proprio Paese non ancora pienamente riconosciuto come tale a livello internazionale. Su posizioni completamente agli antipodi è, invece, il Fronte del Polisario, gruppo sostenuto e addestrato dall’Algeria con l’obiettivo di contrastare gli interessi del Marocco e che vuole l’indipendenza della regione.
La questione è talmente cruciale che, nel bel mezzo dei giochi olimpici di Parigi, il Governo di Algeri ha deciso di ritirare il proprio ambasciatore dalla Francia e ha così avviato una crisi politica e diplomatica con l’Eliseo. Sansal è adesso al centro di un braccio di ferro tra Francia e Algeria? A questo punto pare molto probabile.
Nel 2006, il romanziere franco-algerino pubblicò una lettera di rabbia e speranza dedicata ai suoi connazionali algerini nella quale denunciava la deriva totalitaria di un regime stretto nella doppia morsa tra islamismo e corruzione. La forza combattiva delle sue parole sembra fare a pugni con il tono di voce quasi impercettibile di un uomo in rivolta che ha lanciato un allarme cui la storia continua a dare ragione. Basti pensare che i principali media algerini, televisione pubblica in testa, difendono l’arresto dello scrittore e si fanno beffe di chi accenna indignazione.
«Dove sta andando la Francia?», si domandava sulle colonne di Le Figaro, pochi anni fa, Boualem Sansal ponendo l’accento sul fatto che «la Francia soffre di se stessa: a volte ho l’impressione che pensi di essere un paese musulmano la cui esistenza è minacciata da orde di infedeli». A dare ragione della sua ennesima profezia c’è il silenzio assordante di queste ore in Francia, come, del resto, in Italia. Non s’è visto nessuno dire, ‘Je suis Sansal’. Eppure siamo al cospetto di un attacco diretto alla libertà d’espressione e la mobilitazione non è all’altezza. Specie da sinistra dove gli attori politici sono sempre pronti a parlare di libertà.
Nella liberazione di Sansal non è coinvolta solo la Francia per via di cittadinanza e ragioni storiche, ma anche l’Italia dal momento che ha stretto accordi energetici con Algeri. Siamo al cospetto di un precedente gravissimo che mina la libertà di tutti, in particolare di giornalisti e scrittori. Boualem Sansal dietro le sbarre ci avverte del rischio che il pericolo che imprigiona oggi gli scrittori, fuori dai nostri confini, soffocherà il nostro Paese domani.