San Pietro, l’uomo delle chiavi e delle cadute
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Il primo Papa nei versi danteschi ci ricorda che la fede è cammino e che la grazia non sceglie i migliori. Ecco perché il pescatore di Galilea fu scelto da Gesù a fondamento della Chiesa.
Il pescatore scelto per costruire
C’è un uomo che ha camminato sulle acque, ma è sprofondato nel dubbio. Un uomo che ha rinnegato il suo Maestro tre volte, ma ha pianto con tale sincerità da meritare la fiducia più grande. Non era un eroe, né un santo impeccabile. Era un pescatore. Umile, impulsivo, in attesa del redentore d’Israele. Eppure, è proprio lui che Gesù ha scelto come pietra su cui edificare la sua Chiesa.
San Pietro, tra i primi apostoli, è la figura più umana e più straordinaria del Nuovo Testamento. Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo a Gerusalemme, ha predicato fino ad Antiochia, per poi giungere a Roma, dove ha affrontato il martirio sotto l’imperatore Nerone. Ma anche nella morte ha voluto distinguersi: si fece crocifiggere a testa in giù, ritenendosi indegno di condividere la stessa sorte del suo Maestro.
Secondo la tradizione, è lui il custode delle chiavi del Paradiso. Quelle chiavi che Gesù gli ha simbolicamente consegnato con parole che ancora oggi risuonano con forza:
«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Matteo 16, 17-19).
Ma Pietro non è un modello di perfezione. È piuttosto il simbolo di un amore ostinato, di una fede che cade e si rialza. È colui che ha osato rispondere a Gesù, quando chiese ai suoi discepoli chi fosse: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente». È colui che ha tradito, ma anche colui che ha amato fino a dare la vita.
Le sue lacrime, dopo il triplice rinnegamento, non sono solo pentimento: sono la prova di un cuore che non ha mai smesso di seguire. Aveva promesso che non avrebbe mai abbandonato il Maestro. E quando, per tre volte, lo ha tradito, ha avuto il coraggio di dichiarare per tre volte il suo amore. È per questo che Gesù gli ha affidato la sua Chiesa.
San Pietro nell’Empireo: l’esame della fede secondo Dante
Nella sua ascesi verso l’Empireo Dante non si limita a contemplare la gloria dei beati: viene messo alla prova. E chi meglio di san Pietro, il primo papa, può esaminare la sua fede? L’apostolo lo interroga con solennità: «Di’, buon Cristiano, fatti manifesto: fede che è?». È l’inizio di un dialogo che non è solo teologico, ma profondamente umano.
Dante, prima di rispondere, cerca conforto nello sguardo di Beatrice. Poi, con voce sicura, definisce la fede come sostanza delle cose sperate e argomento di quelle che non si vedono. Ma san Pietro non si accontenta di una definizione imparata a memoria. Vuole capire se il poeta ha davvero compreso. E Dante, con lucidità, spiega che la fede è il fondamento delle nostre speranze e, insieme, la base razionale da cui deduciamo ciò che non possiamo vedere.
L’esame si fa più incalzante. San Pietro chiede se Dante possieda davvero questa fede. Il poeta risponde con una metafora sorprendente: la sua fede è «lucida e tonda», come una moneta perfetta, senza difetti. Un’immagine potente, che eleva la fede a bene prezioso, più prezioso dell’oro.
Ma da dove nasce questa fede? Pietro vuole sapere. Dante risponde che la sua certezza deriva dall’abbondante pioggia dello Spirito Santo, che ha inondato sia l’Antico che il Nuovo Testamento. È questa abbondanza di rivelazione divina che ha convinto il poeta, così profondamente, da rendere ogni altra dimostrazione «ottusa» in confronto.
San Pietro, però, non si ferma. Chiede perché Dante consideri la Bibbia parola di Dio. E il poeta, con prontezza, indica le opere narrate nelle Scritture: miracoli che la natura non può produrre, eventi che nessuna fucina umana potrebbe forgiare. È la prova che dischiude la verità.
Ma chi garantisce che quelle opere siano realmente accadute? Pietro lo incalza ancora. Dante risponde con una delle immagini più toccanti del canto: san Pietro stesso, «povero e digiuno», è entrato nel mondo a seminare la buona novella. Non aveva ricchezze, né cultura, né potere. Eppure, da quel seme è nata la Chiesa. Una pianta rigogliosa, che oggi sembra diventata un pruno. La forza di quella crescita non può essere spiegata con ragioni umane: è opera dello Spirito Santo.
Infine, Dante pronuncia la sua professione di fede. Crede in un Dio unico ed eterno, che muove il cielo con amore e desiderio, e in tre persone divine, unite in un’unica essenza. È una dichiarazione limpida, profonda, che convince San Pietro. Il primo papa approva.
Lo sdegno di san Pietro
Più tardi, però, in un colpo di scena, dopo che Dante ha sostenuto anche gli esami sulla speranza e sulla carità con esito positivo, san Pietro si accende di sdegno. Il suo volto si fa rosso, e confessa il motivo: chi oggi occupa il suo posto sulla terra (papa Bonifacio VIII) ha trasformato il suo sepolcro in una cloaca di sangue e corruzione. Non è l’elezione a essere illegittima, ma la condotta morale a essere indegna. Pietro non parla da uomo, ma da santo ferito.
Beatrice e gli altri spiriti arrossiscono. L’invettiva continua: la Chiesa, sposa di Cristo, non è nata per arricchire i suoi pontefici, né per dividere il popolo cristiano o promuovere crociate contro altri cristiani. Pietro denuncia la simonia, l’avidità, la degenerazione spirituale. Ma non perde la speranza: confida nella Provvidenza divina. E affida a Dante una missione: tornato sulla terra, dovrà raccontare tutto. Nulla dovrà essere taciuto. La verità, anche quando brucia, deve essere detta.
San Pietro ci ricorda che la fede è cammino. E che anche chi ha tradito può diventare fondamento. La grazia non sceglie i migliori. Chiunque può dire sì e seguire Gesù, con le sue fragilità e i suoi limiti. E Pietro, con le sue mani callose e il cuore spezzato, ha detto sì. La letteratura lo ha spesso trasformato in un personaggio centrale nei versi, nei romanzi, nei testi teatrali, come vedremo nella prossima puntata.

