San Josemaría Escrivá, un amico e padre per tanti
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Oggi ricorre la memoria liturgica del fondatore dell’Opus Dei, che si rivelò vero amico e padre spirituale per molti. Vediamo qualche esempio tratto dal suo ricchissimo epistolario, con "aureole" che si intrecciano.
I padri ascoltano i figli e li sostengono nella vita. Li incoraggiano. Stanno loro accanto con amore e dedizione, con saggezza e tenerezza. Quando si guarda al rapporto padre-figlio si è catturati subito da quella silenziosa e preziosa condivisione che si stabilisce fra loro. Tutto ciò avviene nelle famiglie o, almeno, così dovrebbe accadere. E tutto questo accade anche negli istituti religiosi: in questo caso si tratta di una paternità ancora più vasta, che nell’amore a Dio-Abbà trova linfa e forza. Avviene così che un direttore spirituale possa avere dei figli spirituali: un legame che diviene amicizia profonda, fiducia reciproca, rispetto e cura amorevole.
Così è stato per san Josemaría Escrivá (1902-1975), fondatore dell’Opus Dei, del quale oggi ricorre la memoria liturgica, e appunto vero padre e amico per tutti coloro che ha incontrato nel suo cammino di santità. Basterebbe sfogliare le pagine delle lettere ricevute dai tanti figli spirituali e quelle da lui inviate. Sono circa 6.000: un corpus vastissimo, assai significativo per la letteratura che riguarda il santo spagnolo.
Sono lettere indirizzate soprattutto a quei figli spirituali che vivevano lontano da lui. Molte risalgono agli anni Trenta. E lui, con grande affetto paterno, proprio in quegli anni segnati dalla guerra civile spagnola, cercava di infondere speranza e coraggio, anche con dei piccoli disegni, degli scherzi, che tracciava a penna vicino alle parole o al nome del destinatario. Quelle parole, quei disegni, riecheggiano proprio quel suo grande amore per ogni singola persona, riflesso dell’amore di Dio. Addentrarsi in un così ampio carteggio è impresa ardua. Quello che si può comprendere è che ogni lettera rappresenta un tassello di un mirabile e vastissimo “puzzle” con l’impronta di Dio. E, allora, cerchiamo di soffermarci su qualche significativa “tessera” di questo puzzle. Guardando a questi piccoli tasselli si comprende bene quanto le vite degli uomini siano un intreccio: biografie che si intersecano, aureole che si “incrociano” e che riescono a dare una viva e palpabile testimonianza del Signore.
È questo il caso del rapporto che si era creato tra il fondatore dell’Opus Dei e il venerabile Isidoro Zorzano (1902-1943): di loro sono rimaste alcune epistole che riescono a donarci uno spaccato inedito della vita di san Josemaría Escrivá. 14 dicembre 1928: Isidoro si recò da Cadice a Malaga per lavorare nella Compagnia delle Ferrovie Andaluse. Poco dopo aver preso servizio, scriveva a un suo ex compagno di studi. Quel compagno era proprio Josemaría Escrivá: «Mio caro amico, come vedi ora mi trovo a Malaga, perché sono passato dalla “Costruzioni Navali” alla “Compagnia delle Ferrovie Andaluse”, dove presto servizio come ingegnere subalterno del servizio elettrico», scriveva Isidoro in una lettera datata 4 gennaio 1929. In questa cronistoria troviamo un altro importante viaggio: Isidoro, un anno dopo, partì da Malaga alla volta di Logroño, località del Nord della Spagna, dove pensava di passare alcuni giorni. Decise di fare tappa a Madrid perché aveva ricevuto un biglietto di san Escrivá: «Caro Isidoro, se vieni a Madrid, vienimi a trovare. Ho cose molto interessanti da raccontarti. Un abbraccio dal tuo buon amico». Isidoro desiderava ardentemente visitare il suo caro amico anche perché l’animo del giovane cominciava a sentire una certa inquietudine, presagio di una chiamata ancora più grande di quella di ingegnere che sentiva comunque forte nella sua vita. Con queste parole scrive al santo il 19 agosto 1930: «Spero di venire presto (...), probabilmente a fine mese, nel qual caso è chiaro che la mia prima visita sarà per te». L’intreccio fra queste due vite viaggia per lettere: un foglio, una penna, e l’animo che comincia ad aprirsi sempre di più. Isidoro giungerà poi a casa di san Escrivá, ma non lo troverà. L’incontro avverrà per caso in una strada di Madrid. I due in quell’occasione avranno modo di parlare di Dio: Isidoro confiderà all’amico di sentire di dover dare di più al Signore. Escrivá, allora, gli parlò del programma dell’Opera. I due si divisero e Isidoro ritornò a Logroño. Da qui cominciò un altro fitto epistolario: «Ho riflettuto su tutto questo e mi sembra sempre più bello; il mio unico desiderio è quello di cooperare a questo ideale» (Lettera di Isidoro del 5 settembre 1930). E poi: «Non solo, ma devo tutto all’Opera di Dio (…). Ora mi sento assolutamente consolato; sento che il mio spirito è invaso da un benessere, da una pace, che finora non avevo mai provato». Così, in una lettera del 14 settembre 1930, Isidoro comunicava al suo caro amico-padre la decisione di entrare a far parte dell’Opus Dei. Questa è solo una delle tante storie che le lettere del santo ci raccontano.
Altro importante scambio epistolare è quello che coinvolge il santo e la beata Guadalupe Ortiz de Landázuri (1916-1975). Quando nel 1944 Guadalupe incontrò san Escrivá, la giovane ragazza insegnava chimica, ma dentro il cuore aveva compreso il suo anelito verso la santità attraverso un cammino in mezzo al mondo, alla realtà sociale dell’epoca. Dopo quel primo incontro iniziò il fitto epistolario: 350 lettere che si dipanano dal 19 marzo 1944 al 22 giugno 1975, quattro giorni prima della morte del santo. Quasi tutte queste lettere indirizzate al santo spagnolo iniziano con una parola: «Padre». «Padre: cercherò di dirle tutto quello che mi succede questi giorni, e dato che le cose brutte sono quelle che mi costano di più, le dirò per prime. L’altro giorno ho avuto una tentazione che mi ha fatto soffrire molto, anche se credo di non avervi acconsentito», così scrive Guadalupe a san Escrivá in una lettera datata 25 settembre 1945. Fra i due avviene un lungo e prezioso dialogo spirituale: sono pezzi d’anima incastonati in fogli di carta; sono frammenti di un’anima tutta desiderosa di adempiere la volontà del Signore e che chiede al suo direttore spirituale, amico e padre, di accompagnarla in questo cammino.
«Vi racconto il mio amico san Josemaría Escrivá»
Pippo Corigliano, portavoce storico dell'Opus Dei, ci racconta cosa significa aver vissuto al fianco di un Santo e di come quell'incontro abbia stravolto la sua vita. Di san Josemaría ci rivela i tratti più affascinanti, quelli che hanno conquistato migliaia di anime all'amore di Dio. Perché questo era Escrivá: «Un padre che ci ha insegnato ad amare il mondo come Gesù, a chiamare Dio "Papà" e a ridere della vita sino alle lacrime».
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Guadalupe, la chimica che si stupiva delle cose di Dio
Sarà beatificata oggi la spagnola Guadalupe Ortiz (1916-1975), la prima laica dell’Opus Dei a salire agli onori degli altari, che realizzò la sua vocazione dopo l’incontro a 27 anni con san Josemaria Escrivá. Professoressa di chimica, amata dalle sue alunne, trasmetteva la bellezza della scienza vista con gli occhi della fede. Nelle piccole croci quotidiane trovava «molta più presenza di Dio» e diceva: «Questo mi dà molta gioia».