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San Girolamo

L'autore della Vulgata, la traduzione in latino della Bibbia che la Chiesa ha usato fino al XX secolo, fu uno degli uomini più eruditi del suo tempo. Il demonio aveva pure cercato di distoglierlo dalle Sacre Scritture... Con i santi Agostino, Ambrogio e Gregorio Magno è tra i primi quattro ad aver ricevuto il titolo di Dottore della Chiesa

Santo del giorno 30_09_2020 English Español

«Ignorare le Scritture è ignorare Cristo», diceva san Girolamo (347-420), uno degli uomini più eruditi del suo tempo, a cui tutta la cristianità deve molto. Dal carattere impetuoso, contrastò vigorosamente l’arianesimo e ogni altra forma di eresia. Ma gli capitò di rivolgersi con parole pungenti anche a santi come Agostino, Ambrogio e Basilio Magno, senza comunque che venisse meno l’amicizia con loro.

Papa Damaso lo sollecitò a revisionare alcune antiche versioni latine della Bibbia, prive di ufficialità. Girolamo svolse il compito con molta diligenza, servendosi dei migliori testi nelle lingue originali dell’Antico e del Nuovo Testamento e confrontandoli con le traduzioni già disponibili, compresa la versione dei Settanta. Approfondì il greco a Costantinopoli sotto la guida di san Gregorio Nazianzeno. E apprese l’ebraico e l’aramaico a Betlemme, dove si trasferì dopo aver lasciato Roma. Passarono 23 anni prima che fosse pronta la Vulgata, la traduzione in latino della Bibbia che la Chiesa ha usato fino al XX secolo, quando Paolo VI - verso la conclusione del Concilio Vaticano II - ne commissionò una revisione.

Eppure, la Sacra Scrittura non era stata sempre la sua passione principale. Anzi. Lo stesso Girolamo racconta che perfino in Terrasanta, dove si era recato «a militare per Cristo», era attratto inizialmente più dai classici latini come Cicerone e Plauto che dalla Bibbia, al punto da arrivare a dire che i Libri dei Profeti gli davano nausea. «Era la mia cecità a impedirmi di vedere la luce, e io m’illudevo che la colpa non fosse dei miei occhi, ma del sole», scrive nella XXII Epistola, dove riferisce del rimprovero celeste ricevuto nel corso di un’esperienza mistica: «Sei ciceroniano, tu, non cristiano!». Da lì capì che il demonio aveva cercato di distoglierlo dalla Bibbia e si dedicò anima e corpo, «con ardore», al disegno a cui Dio lo chiamava.

Per ammorbidire il suo carattere faceva continue penitenze ed era solito colpirsi con un sasso. Nel suo periodo a Roma, divenne padre spirituale di un gruppo di vergini e vedove desiderose di dedicarsi alla vita ascetica: tra loro c’erano la nobile Marcella, Paola e le figlie Eustochio e Blesilla. Oggi le veneriamo come sante. Oltre a una gran quantità di lettere e opere contro le eresie, scrisse sull’esempio di Svetonio il De Viris Illustribus, una raccolta di 135 brevi biografie di personaggi dei primi quattro secoli del cristianesimo, per dimostrare quale impulso alla cultura avesse già dato la fede cristiana. Dei santi diceva: «Noi onoriamo i santi per adorare Colui di cui sono testimoni, onoriamo i servi perché l’onore dei servi ridondi sul Padrone». Nel 1298 è stato proclamato Dottore della Chiesa divenendo così uno dei primi quattro a ricevere questo titolo, insieme ad Agostino, Ambrogio e Gregorio Magno.

Patrono di: archeologi, bibliotecari, studiosi, traduttori

Per saperne di più:

Opera omnia (testi in latino e inglese)

Catechesi di Benedetto XVI su san Girolamo (udienze generali del 7 novembre e 14 novembre 2007)