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Il buon ladrone

San Disma, la speranza passa dalla croce

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Oltre all’Annunciazione la Chiesa celebra oggi san Disma, il buon ladrone che si convertì in punto di morte confessando la regalità di Gesù e avendo in premio la vita eterna. Un santo perfetto per riscoprire la speranza, tema di questo Giubileo.

Ecclesia 25_03_2025

Il nostro mondo secolarizzato sta perdendo progressivamente la speranza e non sa bene più neanche cosa significhi. Il termine, speranza, viene ancora usato in tante circostanze, ma molto spesso in una dimensione puramente orizzontale e perfino “sperando” fini non buoni. Ma ci viene in soccorso il Catechismo della Chiesa Cattolica, che all’inizio del numero 1817 spiega: «La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo». Questa è l’unica speranza che non delude, come già scriveva san Paolo (Romani 5,5), e come ricorda l’incipit della Spes non confundit, la bolla di indizione del Giubileo del 2025.

I santi, da amici di Cristo, sono coloro che più di altri hanno nutrito questa speranza: chi dalla primissima infanzia, chi magari dopo una conversione in età matura, chi addirittura nell’ultimissimo tratto della vita terrena. L’esempio più clamoroso è quello del buon ladrone, uno dei due malfattori crocifissi assieme a Gesù e che il Martirologio Romano commemora oggi, 25 marzo, stesso giorno dell’Annunciazione del Signore. Un santo in buona sostanza canonizzato da Gesù stesso, con le famose parole trasmesse dall’evangelista Luca («In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso»), che ci permettono di afferrare un po’ il senso dell’infinita misericordia di Dio.

Di questo santo sono stati tramandati diversi nomi, di cui uno dei più noti è certamente Disma (Dimas in spagnolo e portoghese). Dai Vangeli sappiamo poco di lui, ma tanto basta per capire – a una lettura incrociata – quale profondo atto di contrizione e umiltà dovette fare sulla croce, in quel lasso di tempo tra la crocifissione e la morte di nostro Signore, ossia tra le nove del mattino e le tre del pomeriggio. Almeno all’inizio di quel lasso di sei ore, il futuro santo non diede grande prova di sé, anzi peggiorò la sua condizione di peccatore. Da san Matteo (27,44) e san Marco (15,32) sappiamo infatti che anche il buon ladrone si associò a quanti insultavano Gesù in croce.

Ma la mansuetudine, la divina pazienza mostrata da Gesù lungo tutto il tempo della crocifissione, il perdono invocato sui propri persecutori («Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno»; Lc 23,34) e, ancora, l’intercessione di Maria Santissima ai piedi della croce, evidentemente, a un certo punto toccarono nell’intimo il cuore di Disma. San Luca, di fatto integrando il racconto degli altri due sinottici, ci restituisce in pochi ma incisivi versetti la conversione vissuta in croce dal buon ladrone, basata su alcuni grandi capisaldi che già i Padri della Chiesa non hanno mancato di esaltare: il pentimento, la correzione fraterna, la confessione delle proprie colpe, il riconoscimento non solo dell’innocenza di Gesù ma perfino della sua regalità; e questo proprio quando nostro Signore – crocifisso, flagellato, coronato di spine, deriso e oltraggiato nei modi più vari – era al culmine della sua umiliazione. Il buon ladrone – scrive la venerabile Maria di Ágreda nella Mistica Città di Dio – «intuì un barlume di questo arcano», ossia del mistero della Redenzione che Gesù stava mirabilmente operando sul Calvario, mostrando tutto il suo amore per ogni uomo.

In un certo senso, san Disma è stato il perfetto contraltare di Giuda Iscariota. Se il più grande peccato di Giuda fu (più ancora del tradimento) la disperazione della salvezza, si può dire che il più grande merito del buon ladrone fu la speranza, dunque la fiducia che ripose nella misericordia di Gesù. Una misericordia che è immensamente più grande di ogni nostro peccato e che non aspetta altro di riversarsi su ciascuno di noi, purché ci pentiamo e chiediamo perdono. In questo senso, san Disma ci può essere compagno speciale in questo Giubileo dedicato alla speranza, tanto più che in qualche modo l’indulgenza plenaria è “sorella” di quella grazia immensa accordata da Gesù al buon ladrone («oggi sarai con me in paradiso»), sorella della stessa solida promessa di salvezza eterna.