Risarcire i neri discriminati? Sbagliato, parola di nero
Non è giusto risarcire i neri perché sono discriminati. A scriverlo, addirittura sul Washington Post, quotidiano liberal, è un nero. L’egualitarismo della sinistra, spiega Ben Carson, crea razzismo dove non c’è e lo rafforza dove già c’è, ribaltando l’ammonimento di Martin Luther King a giudicare «le persone dal loro carattere e non dal colore della loro pelle».
Non è giusto risarcire i neri perché sono discriminati. Se a dirlo fosse il Ku Klux Klan, lo manderemmo ovviamente a ramengo, ma se a scriverlo, addirittura sul The Washington Post, quotidiano liberal, è un nero, le antenne si drizzano.
Il nero in questione è Ben Carson, neurochirurgo pediatrico di grande fama, cristiano avventista, pro-lifer, già ministro dell’Edilizia e dello sviluppo urbano nell’Amministrazione Trump, ottimo per quel ruolo nonostante il suo know-how sia in ben altro campo giacché all’Edilizia urbana, al riparo di ogni accusa strumentale di razzismo, ha immerso le mani nel degrado delle città, nelle periferie alienate e nei quartieri off-limits dove regnano le gang etniche.
Nell’articolo Carson boccia l’idea di quell’egualitarismo sociale con cui oggi si dice di voler riparare ai torti causati ai non-bianchi dal razzismo dei bianchi. Per l’ex ministro è un obiettivo «impossibile da ottenere» e soprattutto «antiamericano».
L’egualitarismo della Sinistra, spiega Carson, ha infatti ribaltato l’ammonimento di Martin Luther King a giudicare «le persone dal loro carattere e non dal colore della loro pelle» nell’idea di ricompensare o di punire le persone proprio in ragione del colore della loro pelle. Così tutta la politica dell’affirmative action, delle quote razziali, delle assunzioni preferenziali e dei sussidi aziendali su base etnica crea razzismo dove non c’è e lo rafforza dove già c’è.
Sopra ho scritto che per Carson tutto questo è impossibile e «anti-americano»: Carson intende che è impossibile perché è «anti-americano». Lo si evince dal fatto che in realtà l’ex ministro definisce l’egualitarismo ben più che «anti-americano». Carson utilizza infatti l’aggettivo «un-American», cioè «non-americano»: inconcepibile, innaturale, alieno. La stessa idea che conteneva il nome dell’House Un-American Activities Committee, la Commissione della Camera federale che indagava sulle infiltrazioni anticomuniste durante la Guerra fredda, la logica della quale era non solo scovare le spie anti-americane, bensì stanare gli agenti di una ideologia percepita come incompatibile con l’essere statunitensi.
Oggi Carson dice che l’egualitarismo è alieno allo spirito degli Stati Uniti giacché ricerca non la parità di condizioni per tutti (spesso ottenibile solo discriminando virtuosamente fra livelli di partenza differenti), ma il livellamento socialistico dei risultati. Difficilmente si può sottovalutare la portata storica di questo che per molti resterà soltanto un semplice articolo.
Perché? Perché la storia ricorda che, fra 1861 e 1865, si sia combattuta una sanguinosa guerra fra Stati Uniti d’America e Stati Confederati d’America. Ci sono interi libri di storia pieni della bugia secondo cui ratio della guerra fu la schiavitù. Fortunatamente ci sono altri interi libri di storia che dimostrano come una guerra per abolire la schiavitù non avrebbe tardato quasi 20 mesi a proclamare l’emancipazione degli schiavi (1° gennaio 1863) per mano di un presidente, Abraham Lincoln (1809-1865), che non aveva alcun potere sugli Stati schiavisti i quali, da più di venti mesi, costituivano oramai un altro Paese sovrano con tanto di Costituzione, istituzioni e un presidente, Lincoln che dunque non liberò un solo schiavo di alcun colore.
Quella guerra fu piuttosto combattuta per imporre (il governo federale) a chi lo rifiutava (gli Stati che si separarono dall’Unione giudicando violato il patto che ne garantiva le prerogative) una reinterpretazione giacobino-statalistica della res publica americana, fondato su un assunto filosofico illuministico-socialista. Momento simbolo ne è il Discorso di Gettysburg del 19 novembre 1863 con cui Lincoln, citando strumentalmente la Dichiarazione d’indipendenza del 1776, stappò il vaso di Pandora reinterpretando la frase «tutti gli uomini sono creati uguali» con l’idea che allo Stato spetti imporre l’egualitarismo sociale. Nel mezzo sparì tra l’altro pure il Creatore, che nella Dichiarazione d’indipendenza fa gli uomini uguali, ma per il quale nel nuovo Stato assoluto non vi è posto.
Coscientemente o meno, Carson disfa più di 150 anni di progressismo americano senza concedere uno iota al razzismo vero o presunto e torna alle origini autentiche dello spirito americano: l’uguaglianza delle libertà e non l’egualitarismo liberticida. Davvero difficile sottovalutarlo.