Rinvenuti in Mali i resti di Béatrice Stockli, uccisa dai jihadisti
La missionaria evangelica era stata rapita nel 2016 a Timbuctu dove svolgeva la sua attività missionaria. La notizia della sua morte era stata data da una sua compagna di prigionia liberata
Appartengono alla missionaria svizzera Béatrice Stockli i resti rinvenuti e consegnati alle autorità del Mali nei giorni scorsi. L’esame del Dna lo ha confermato. Béatrice Stockli era una cristiana evangelica. Svolgeva la sua missione a Timbuktu, nel nord del Mali. Era stata rapita nel gennaio del 2016 dal gruppo jihadista Jama’a Nasr al-Islam wal Muslimin, affiliato ad al Qaeda. Che fosse stata uccisa dai terroristi nel settembre del 2020 lo aveva rivelato Sophie Pétronin, una operatrice umanitaria che con lei aveva condiviso la prigionia, anche lei rapita dai jihadisti e liberata nell’ottobre del 2020 insieme a padre Pier Lugi Maccalli. Béatrice Stockli era nata a Basilea. In Mali si trovava dal 2000, giunta con una associazione evangelica svizzera dalla quale in seguito si era staccata per operare da sola. Di lei si ricordano gli abitanti di Timbuctu per i suoi modi cordiali specialmente con donne e bambini. Viveva in un quartiere popolare, distribuiva materiale cristiano alla gente e questo ha indisposto i jihadisti che lo frequentavano. Era stata rapita una prima volta nel 2012 quando Timbuctu era stata conquistata dai separatisti tuareg e dai jihadisti. Quella volta era stata liberata dopo nove giorni soltanto, a condizione che lasciasse il Mali. Invece lei, dopo un soggiorno in patria, aveva ripreso la sua attività missionaria nel paese sebbene contro il parere contrario della sua famiglia e dello stesso governo svizzero. I jihdisti di solito rapiscono degli occidentali a scopo di riscatto, pretendendo grosse somme o la liberazione di loro compagni prigionieri per rilasciarli. In un video diffuso dai jihadisti nel 2017 era stata ripresa insieme alla colombiana Gloria Argoti, delle Suore francescane di Maria Immacolata, tuttora prigioniera, a Ken Elliot, un medico missionario australiano rapito anche lui nel 2016 all’età di 82 anni e tuttora nelle mani dei terroristi, e Stephen McGowan, rapito nel 2011 e liberato nel 2017. Quest’ultimo e Sophie Pétronin si sono convertiti all’Islam durante la prigionia.