Renzi piglia tutto anche la destra Urge alternativa
Infliggendo una sconfitta ai sindacati ed eliminando la tassa sulla prima casa, il premier Matteo Renzi ha copiato la politica di Berlusconi. In questo modo, anche approfittando dello sgretolamento del centro-destra, occupa tutto lo spazio politico. Ma il suo monopolio non serve a trasformare il paese, bensì a conservare i suoi tratti statalisti e centralisti, sotto la cosmesi di piccole riforme.
Sorprendendo i più disattenti l’altro giorno Matteo Renzi ha detto apertis verbis che con riguardo alla tassazione sulla casa la sua politica è quella che già fu di Berlusconi. Con in più il fatto, ha aggiunto orgogliosamente, che mentre Berlusconi dopo un po’ fece macchina indietro, tale politica sarà invece per lui un impegno irrevocabile. In effetti le somiglianze e le continuità fra la sua politica e i programmi di Berlusconi non riguardano soltanto il campo della casa. Basti pensare al ridimensionamento del ruolo neo-corporativo dei sindacati storici eredi dell’Italia dei tempi della Guerra Fredda, obiettivo che Berlusconi mancò clamorosamente e che invece Renzi ha centrato in pieno.
Come già Berlusconi aveva capito, per l’importanza non solo reale ma anche simbolica che tutto ciò che attiene all’abitare ha nel nostro Paese, la tassazione della “prima casa” è estremamente impopolare, e quindi il politico che riesce a eliminarla è certo di raccogliere grandi consensi. Puntando in tale direzione Renzi aveva saggiamente immaginato un’esenzione generale ben sapendo che, con la sgangherata macchina amministrativa di cui dispone lo Stato italiano, individuare le case di lusso da continuare eventualmente a tassare costerà molto di più di quello che si incasserà tassandole. La sinistra del Pd è però insorta esigendo che “ville e castelli” non vengano esentati e andrà a finire che Renzi troverà purtroppo conveniente accontentarla.
La vera questione è quella invece delle “seconde case”. E’ infatti ormai dimostrato che, non riuscendo a ridurre il carico fiscale, più che abolire le imposte Renzi le trasferisce. In questo caso si può stare certi che le trasferirà dalla prima alle “seconde case”, che tempestivamente la stampa vicina al governo ha cominciato a descrivere come se fossero tutte quante a Capri, a Porto Cervo e a Portofino. Certamente rientrano nel mazzo anche dimore da favola in posti da favola, ma la maggior parte di esse sono vecchie case bisognose di manutenzione nei paesi d’origine di famiglie emigrate nelle grandi città, appartamenti di periferia in cui abitano figli che faticano ad andare avanti con quello che guadagnano, mini-alloggi di vacanza in località di mezza montagna senza pretese o in villaggetti balneari stretti fra spiagge sassose e linee ferroviarie litoranee. Quando dunque tutti questi proprietari si accorgeranno che le imposte sulla casa non sono sparite ma semplicemente hanno traslocato non è detto che ne saranno felici. Se però le reazioni contrarie diventassero troppo forti Renzi, che è un maestro in questo gioco, si affretterebbe a far fare loro un altro trasloco e così via in attesa che un qualche miglioramento dell’economia italiana, che in sostanza dipende più da fattori internazionali che da fattori interni, sopraggiunga a tirarlo fuori dai guai.
Al di là di questo gioco, nel quale peraltro si era già cimentato anche Berlusconi, resta il fatto che, approfittando da un lato dello sgretolamento in corso nell’area di centro-destra e dall’altro dell’analogo sgretolamento della sinistra, Renzi sta spregiudicatamente trasformando il suo Pd in un partito neo-laburista, sostanzialmente di centro, che si presenta come la forza capace più di ogni altra di ammodernare moderatamente il Paese senza rimetterne in forse l’ordine costituito sostanziale. In tale prospettiva per Renzi lo statalismo e il centralismo, che da subito ne hanno caratterizzato l’azione di governo, emergono non come una trovata tattica bensì come un elemento-chiave del suo progetto politico. Stando così le cose, senza pregiudizio per eventuali compromessi ragionevoli su obiettivi di breve periodo, è in primo luogo una radicale e motivata alternativa a tale progetto che deve essere costruita da chiunque sia consapevole che la soluzione dei grandi problemi del nostro tempo va cercata per tutt’altra via.