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STATI UNITI

Referendum in Ohio, i pro vita perdono. Serve una nuova strategia

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Sconfitta per i pro life al referendum dell’Ohio con cui si sarebbe voluta alzare la soglia per modifiche plebiscitarie della Costituzione. Un voto su cui le lobby pro aborto hanno investito tanto, in vista del referendum di novembre.

Esteri 10_08_2023
Esultanza rappresentanti fronte (pro aborto) contrario al referendum

Il referendum in Ohio è andato male per i pro vita degli Stati Uniti che ora devono cambiare, insieme ai politici del Partito Repubblicano, l’intera strategia per non finire strangolati dalle lobby abortiste. L'8 agosto i cittadini dell'Ohio hanno votato per respingere (57%-43%) l’Emendamento 1, ovvero una serie di previsioni costituzionali sostenute da pro life e repubblicani e che avrebbero introdotto maggiori difficoltà e più alte soglie di sbarramento per chi avesse voluto proporre modifiche plebiscitarie alla Costituzione dello Stato. Se gli elettori avessero approvato l’Emendamento 1, sarebbe stato necessario raggiungere la soglia del 60%, contro l’attuale 50% più uno dei votanti. La vittoria degli abortisti è stata salutata anche dal presidente Joe Biden, a riprova del valore politico e nazionale del voto.

Con il fallimento dell'iniziativa conservatrice, i sostenitori dell'aborto dovranno quindi ottenere solo la maggioranza semplice dei voti per modificare o introdurre nuovi paragrafi nella Costituzione, come si propongono di fare con l’iniziativa referendaria del prossimo 7 novembre, volta a sancire il diritto all'aborto nella Costituzione dello Stato: tale proposta, se approvata, garantirebbe che «ogni individuo ha il diritto di prendere e portare avanti le proprie decisioni riproduttive».

La proposta abortista proibirebbe al governo di limitare direttamente o indirettamente «l'esercizio volontario di questo diritto da parte di un individuo» o «una persona o un'entità che assiste un individuo nell'esercizio di questo diritto». L'emendamento proposto a favore dell'aborto permetterebbe allo Stato di regolamentare l'aborto solo quando il bambino è capace di vivere fuori dal grembo materno, soglia in genere stabilita alla ventiquattresima settimana, anche se il testo dell'emendamento consente al medico curante di determinare tale possibilità di sopravvivenza caso per caso. L'emendamento non stabilisce inoltre un limite di età per l’accesso all’aborto e si teme che possa togliere i diritti dei genitori, quando una minorenne chiede di abortire.

La sfida principale è rimandata a novembre, quindi. Ma i pro life e il Partito Repubblicano devono prendere atto delle continue sconfitte sui quesiti referendari, riflettendo sulle possibili contromosse, per tutelare i successi e le speranze scaturite con la sentenza Dobbs dello scorso anno. In Ohio le lobby pro aborto hanno speso decine di milioni di dollari per poter inserire in Costituzione il diritto all’aborto, in uno Stato dove da tempo i Repubblicani hanno la maggioranza. Sull’altro fronte, Protect Our Constitution, la coalizione che ha promosso l’Emendamento 1, ha ricevuto circa quattro milioni di dollari dei suoi 4,8 milioni di contributi totali, dal miliardario Richard Uihlein, un imprenditore dell'Illinois.

Per gli abortisti, quasi l’85% dei circa 14,8 milioni di dollari di contributi versati a One Person One Vote, il gruppo che ha vinto il referendum, proveniva da gruppi esterni allo Stato, compreso il Sixteen Thirty Fund, un fondo di investimento e di erogazioni ai liberal, con sede a Washington: un fondo opaco, perché non dichiara la provenienza dei propri donatori. Gli abortisti di altri Stati, solo per far fallire questo referendum, hanno perciò speso circa 10 milioni di dollari in più, tra quelli dichiarati ufficialmente, rispetto ai pro life e prossimamente potrebbero modificare la Costituzione dell’Ohio secondo i propri interessi.

La vittoria degli abortisti in Ohio - dove meno di un anno or sono i repubblicani avevano confermato non solo il governatore Mike DeWine, ma anche un’ampia maggioranza in entrambi i rami del parlamento - è stata salutata con soddisfazione dai lobbisti pro aborto e parlamentari del Partito Democratico e ha avuto anche una enorme eco sulla stampa internazionale.

I finanziamenti dei lobbisti e delle multinazionali - che dal di fuori dei singoli Stati sostengono modifiche costituzionali o giudici pro aborto (vedi il caso dell’elezione dell’aprile scorso nel Wisconsin) - devono far riflettere i donatori e gli stessi vertici del Partito Repubblicano sulla necessità, anche finanziaria, di una mobilitazione seria.

L'Ohio è uno dei 18 Stati che consentono di presentare emendamenti costituzionali tramite petizione popolare ed è anche uno dei nove di questi Stati dove si richiede una maggioranza semplice per modificare la Costituzione. In diversi altri Stati (tra essi il Missouri e l'Arizona) le lobby pro aborto stanno promuovendo iniziative per includere nella Costituzione statale i diritti all'aborto, anche in vista di un possibile voto congiunto di tali referendum con il voto per le elezioni del 2024.

È urgente che il Partito Repubblicano assuma una posizione chiara e univoca sul tema della tutela del concepito. La guerra a tutto campo contro la vita del concepito è condotta sia nei tribunali statali (bloccando le legislazioni pro life approvate dai parlamenti e governatori repubblicani) sia promuovendo referendum costituzionali che vanifichino le leggi approvate dagli Stati. Si devono perciò approvare norme chiare sulla trasparenza finanziaria elettorale e vietare finanziamenti extrastatali per votazioni che interessino la vita e la Costituzione di uno Stato. Proseguire con la superficialità dimostrata sinora porterà a nuove sconfitte per i pro life e alla vittoria degli abortisti nell’annullare, anche negli Stati a guida repubblicana, gli effetti della sentenza Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization.



SENTENZA STORICA

Aborto, la Corte Suprema USA cancella la Roe. Ora decidono gli Stati

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