Rapporto Fides, 14 missionari cattolici uccisi nel 2024
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Padre Tobias, vittima di un agguato in Nigeria nella sera di Santo Stefano, chiude il tragico bilancio di religiosi e laici che nell'anno appena concluso hanno perso la vita testimoniando la fede in condizioni estreme.
Con l’omicidio di padre Tobias Chukwujekwu Okonkwo in Nigeria, la sera del 26 dicembre, sale a 14 il numero dei missionari e degli operatori pastorali cattolici uccisi nel 2024, sette dei quali in Africa. Padre Tobias è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco sparati da alcuni uomini che gli hanno teso un agguato mentre viaggiava lungo la superstrada Onitsha-Owerri, nello Stato di Anambra. Era nato nel 1984 ed era stato ordinato sacerdote nel 2015. Era farmacista, prestava servizio presso l’ospedale Nostra Signora di Lourdes di Ihiala, nello Stato di Anambra, dove svolgeva l’incarico di direttore delle scuole di infermieristica, di ostetricia e del laboratorio medico.
Notizie sulla vita e sulle cause della morte degli altri 13 missionari vittime di violenza nel 2024 sono contenute nel rapporto che come di consueto l’agenzia di stampa Fides ha pubblicato a fine anno. Otto sono sacerdoti, cinque sono laici. In Africa, oltre a padre Tobias, ne sono stati uccisi altri sei. Cinque missionari sono stati uccisi in America Latina e due in Europa.
Tutti, religiosi e laici, missionari ad gentes in senso stretto e operatori pastorali, impegnati nella vita della Chiesa, sono stati uccisi non espressamente “in odio alla fede”. Hanno perso la vita perché hanno consapevolmente scelto di vivere in condizioni di pericolo, in situazioni caratterizzate da degrado materiale e morale, pur di restare al fianco dei fedeli affidati alle loro cure spirituali e materiali. Per questo, spiega il rapporto, per loro «si preferisce non usare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro attraverso i processi di canonizzazione».
«Come evidenziano le informazioni, certe e verificate, sulle loro biografie e sulle circostanze della morte, i missionari e gli operatori pastorali uccisi – aggiunge Fides – non erano sotto i riflettori per opere o impegni eclatanti, ma operavano dando testimonianza della loro fede nella ordinarietà della vita quotidiana, non solo in contesti segnati dalla violenza e dai conflitti. Le notizie sulla vita e sulle circostanze in cui è avvenuta la morte violenta di queste persone ci offrono immagini di vita quotidiana, in contesti spesso contrassegnati dalla violenza, dalla miseria, dalla mancanza di giustizia. Si tratta spesso di testimoni e missionari che hanno offerto la propria vita a Cristo fino alla fine, gratuitamente».
Nel corso del 2024 i lettori della Bussola hanno appreso della loro morte grazie al blog Cristiani perseguitati: François Kabore, volontario, ucciso dai jihadisti in Burkina Faso mentre guidava un incontro di preghiera; Edouard Zoetyenga Tougbare, catechista, rapito, torturato e ucciso da un gruppo armato sempre in Burkina Faso; padre Christophe Komla Badjougou, sacerdote Fidei Donum togolese, ucciso per rapina in Camerun; Edmond Bahati Monja, coordinatore di Radio Maria/Goma, freddato davanti a casa nella Repubblica democratica del Congo; padre William Banda, dei Padri Kiltegan, colpito a morte in chiesa mentre stava per celebrare la Messa, e padre Paul Tatu, religioso stimmatino, assassinato in macchina, con un colpo alla nuca, entrambi in Sudafrica; don Ramón Arturo Montejo Peinado, parroco di San José di Buenavista, brutalmente assassinato per rapina in Colombia; padre Fabián Enrique Arcos Sevilla, ucciso anche lui per rapina, in Ecuador; Juan Antonio Lòpez, ordinatore della pastorale della diocesi di Trujillo, ucciso per le sue denuncie contro la criminalità organizzata in Honduras; padre Marcelo Pérez Pérez, ucciso per strada da due sicari in Messico; Steve Maguerith Chaves, collaboratore della parrocchia Nossa Senhora da Cabeça, ucciso mentre si stava recando in chiesa, in Brasile; Juan Antonio Llroene, frate francescano dell’Immacolata, massacrato a colpi di bastone nel suo monastero, in Spagna; e padre Lech Lachowicz, aggredito con un’ascia da un ladro, nella sua canonica, in Polonia.
Tratto distintivo di tutti i testimoni di Gesù, questi e tutti gli altri come loro, sottolinea Fides, è quello richiamato dal Papa nella commemorazione di Santo Stefano, il primo martire: chi testimonia Gesù «non si lascia uccidere per debolezza né per difendere una ideologia, ma per rendere tutti partecipi del dono di salvezza. E lo fanno in primo luogo per il bene dei loro uccisori».
Dal 2000 a oggi sono morti 608 missionari e operatori pastorali. Altri 604 erano stati uccisi nel decennio precedente. In quel periodo il numero elevato si deve a diversi fattori, il principale dei quali è stato il genocidio dei Tutsi, in Rwanda, che ha provocato almeno 248 vittime tra i religiosi: tre vescovi, 103 sacerdoti, 65 religiose, 47 religiosi non sacerdoti e 30 membri di istituti di vita consacrata. Nel 2023 le vittime erano state 20 e 18 nel 2022, sempre concentrate, come nel 2024, in Africa e in America Latina.
Il netto calo registrato nel 2024 è un dato positivo, di cui rendere grazie a Dio. Ma non è un dato rassicurante perché tanti, tantissimi missionari vivono in condizioni estremamente difficili e rischiano ogni giorno di perdere la vita: per mano di gruppi jihadisti in Mali, Niger e in decine di altri Paesi, di bande e delinquenti comuni – in questo momento a correre il pericolo maggiore sono i missionari di Haiti, Paese ostaggio di centinaia di bande armate che agiscono incontrastate – e di militari che combattono infierendo sui civili, e più di tutti si teme per quelli del Sudan e del Myanmar.
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