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L'ARMA PIÙ EFFICACE

Quote rosa nella Chiesa, no. Rosari da combattimento, sì!

È in corso una «femminilizzazione» della Chiesa, influenzata dal femminismo radicale, e al contempo una sua «evirazione», come dimostra l’abbandono dell’immenso repertorio di riferimenti militari, primo tra tutti il fatto che il fedele deve essere «soldato di Cristo». Padre Richard Heilman ha però trovato una soluzione alla crisi scoprendo che nella Prima Guerra Mondiale, su richiesta dei soldati, il governo americano fornì… i rosari da combattimento! Indovinate chi li usa oggi?

Ecclesia 24_03_2019 English

L’ideologia delle «quote rosa» ha scatenato una serie di reazioni talvolta sorprendenti. Ad esempio, negli Stati Uniti si discute di «femminilizzazione» della Chiesa cattolica intendendo, con questa locuzione, una differenza tra uomini e donne (in termini di presenza, partecipazione e influenza) a tutto svantaggio degli uomini.

Al fenomeno sono stati dedicati alcuni libri, tra i quali si segnalano The Church impotent, di Leon J. Podles (disponibile gratuitamente sul sito Internet dell’autore); e Why men hate going to church, di David Murrow. Podles ha avuto il merito di mettere a fuoco il fenomeno, anche se la sua analisi lascia un po’ a desiderare. È però interessante che individui nella lotta il cuore della virilità. Da qui la domanda: la Chiesa è percepita come un esercito in guerra? Offre agli uomini un motivo per il quale combattere e morire? Simile la tesi di Murrow, per il quale l’uomo è, fondamentalmente, un combattente attratto dal coraggio (la virtù della fortezza) e disposto al sacrificio per la «grandezza» (cioè per qualcosa di grande).

Anche il cardinale Burke si è espresso sul tema in un’intervista (che ha suscitato reazioni furiose) del 2015; qui la prima, qui la seconda e qui la terza parte. Secondo Burke:

Il movimento femminista radicale ha fortemente influenzato la Chiesa, portando la Chiesa a occuparsi costantemente delle questioni femminili a scapito di questioni critiche importanti per gli uomini; l’importanza del padre, sia nell’unione del matrimonio che nel celibato; l’importanza di un padre per i bambini; l’importanza della paternità per i sacerdoti; l’impatto critico di un personaggio virile; l’enfasi sui doni particolari che Dio dà agli uomini per il bene dell’intera società. […] I ragazzi e gli uomini sono attratti dal rigore, dalla precisione e dall’eccellenza. Quando sono stato addestrato per diventare un chierichetto, la formazione è durata per diverse settimane e ho dovuto memorizzare le preghiere ai piedi dell’altare. Era un servizio rigoroso ed eseguito con cura. All’improvviso, sulla scia del Vaticano II, la celebrazione della liturgia è diventata molto sciatta in molte cose. È diventata meno attraente per i giovani uomini, perché era sciatta. L’introduzione delle chierichette ha anche portato molti ragazzi ad abbandonare il servizio all’altare. I ragazzi non vogliono fare cose con le ragazze. È semplicemente naturale. Le ragazze sono anche molto brave nel servizio all’altare. Così tanti ragazzi si sono persi nel tempo. Voglio sottolineare che la pratica di avere esclusivamente ragazzi come chierichetti non ha nulla a che fare con l’ineguaglianza delle donne nella Chiesa. Penso che questo abbia contribuito a una perdita di vocazioni sacerdotali. Servire come chierichetto al servizio del sacerdote richiede una certa disciplina, e molti sacerdoti vivono le loro prime esperienze profonde della liturgia come chierichetti. Se non addestriamo i giovani come chierichetti, donando loro l’esperienza di servire Dio nella liturgia, non dobbiamo sorprenderci se le vocazioni diminuiscono drasticamente. […] Sono molto colpito dal numero di giovani uomini che sono attratti dalla Forma Straordinaria della Messa. Questo non perché la Forma Straordinaria sia più valida del Novus Ordo, la Forma Ordinaria. Gli uomini sono attratti perché la Forma Straordinaria è molto articolata; richiede l’attenzione dell’uomo su ciò che sta accadendo.

Da queste letture, però, più che di femminilizzazione della Chiesa, emerge un fenomeno più complesso. Da una parte è in corso una «evirazione» della Chiesa. È vero che, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa non propone più al suo popolo la lotta contro il Mondo, ma il dialogo con esso (cfr. la costituzione conciliare Gaudium et spes); che pare aver rinunciato alla gerarchia (cfr. Lumen gentium). È vero anche (come afferma il cardinale Burke) che la riforma liturgica postconciliare ha tolto alla Messa quelle solennità, gravità e severità che sono tanto affini alla virilità; e che i canti liturgici assomigliano sempre meno a marce militari (Noi vogliam Dio, Tu sole vivo, Inni e canti, Mira il tuo popolo…) e sempre più a canti melodici o infantili (quando va bene).

La Chiesa ha anche abbandonato, nella pastorale, un immenso repertorio di riferimenti militari: il cresimato non è più «soldato di Cristo» e, durante il sacramento, non riceve più la «alapa militaris» ma una carezza. Ai chierichetti è impedito di tenere le mani giunte, gesto che richiama al rito dell’omaggio cavalleresco. È scomparso ogni riferimento al popolo cristiano come «Chiesa militante» e la vita spirituale non è più «combattimento». Potremmo continuare, ma la domanda sorge spontanea: se la vita cristiana non è più «militia super terram»… può ancora esercitare un’attrattiva sugli uomini?

D’altra parte è realmente in corso una «femminilizzazione» della Chiesa. Si sta facendo praticamente di tutto per mettere le donne sul presbiterio (che, se si chiama così, un motivo ci sarà) e fargli fare cose «da prete» (clicca qui). C’è un funerale e il prete è impegnato? Lo celebra una donna (clicca qui). C’è la fila per la Comunione? Ecco le «ministre straordinarie dell’Eucarestia», che ormai sono diventate ordinarie. Per il momento le donne non possono consacrare, ma il problema sarà presto aggirato eliminando la consacrazione (clicca qui).

Infine c’è una combinazione dei due fenomeni, esemplificato da quanto dice il cardinale Burke a proposito delle ministranti: arrivano le chierichette e i chierichetti se ne vanno (così come tante possibili future vocazioni).

Grazie a Dio, però, qualcuno ha affrontato il problema da un punto di vista costruttivo, e ha avanzato una proposta interessante. Si tratta di padre Richard Heilman, sacerdote della diocesi di Madison (Wisconsin). Interrogatosi sulla sempre crescente distanza degli uomini dalle forme di devozione, ha trovato una risposta osservando le corone del rosario: «La maggior parte dei rosari sembravano gioielli femminili o giocattoli per bambini». Così si è messo a cercare un rosario virile e ha fatto una scoperta straordinaria. Durante la Prima Guerra Mondiale il governo degli Stati Uniti ha fornito, su richiesta dei soldati, un «rosario da combattimento» (service rosary). Era composto da biglie d’ottone; aveva quindi la robustezza per essere usato in situazioni estreme e un aspetto decisamente virile. Ed era corredato da una immagine della Madonna e dal Crocefisso del Perdono di san Pio X, legato a particolari indulgenze.

Padre Heilman ha così deciso di produrre e distribuire nuovamente questo rosario, con il preciso scopo di riavvicinare gli uomini alla devozione. Ha sostituito la medaglia mariana con la Medaglia Miracolosa e ha aggiunto la Medaglia di San Benedetto. Ha così ottenuto una vera e propria «arma d’assalto» che nessun uomo si vergognerebbe di tenere in mano: robusta, pesante, austera. Non solo: ha persino inviato 150 rosari da combattimento alle Guardie Svizzere vaticane. Ecco il video nel quale il comandante mostra «l’arma più efficace che esista sul mercato» (vedi dal minuto 20:20). Speriamo sia solo l’inizio di una pastorale specifica per i ragazzi, gli uomini, i mariti e i padri.