Quando iniziamo a prenderci sul serio?
La vacanza è l’occasione per scoprire o rivedere qualche buon film. Anche quando non ricordiamo nulla, film e programmi televisivi ci formano e permeano, trasmettono valori e disvalori. Fondamentale è imparare a scegliere e a giudicare che cosa vedere. Ci sono pochi film adatti a un cineforum: uno di questi è Will Hunting - Genio ribelle. Ecco perché…
La vacanza è l’occasione per scoprire o rivedere qualche buon film. Da anni conduco cineforum per ragazzi a scuola. Come si educa a leggere un libro, ad andare a teatro, a vedere l’opera, allo stesso modo, anzi più necessario ancora, è educare a vedere un film. Di solito, infatti, la realtà televisiva occupa maggiormente le giornate dei giovani. Per questo si deve imparare a cogliere e a conservare ciò che c’è di buono in una pellicola. Di quanti film, invece, non è rimasta traccia consapevole!
Inoltre, senza che noi ce ne accorgiamo, anche quando non ricordiamo nulla, film e programmi televisivi ci formano e permeano, trasmettono valori e disvalori, presentano un mondo ideale cui uniformarci.
Cinema e televisione hanno un influsso maggiore dei libri sui giovani di oggi. Fondamentale è imparare a scegliere e a giudicare che cosa vedere. A scuola la visione di un film con i ragazzi è l’occasione per avviare percorsi. Quali? A titolo di esempio, temi affrontati in questi anni sono stati: fare esperienza nella vita, l’amore, la libertà, l’amicizia, talenti e ideali, «una vita va spesa e vorrei che la mia fosse spesa, e poi spesa bene» (A. Schweitzer).
Ritengo che pochi film siano adatti al cineforum: quelli che hanno la capacità di catturare l’attenzione degli studenti fino alla fine e, nel contempo, offrono buoni dialoghi da riprendere successivamente e interessanti spunti di riflessione. Un ragazzo non attratto dalla visione del film più difficilmente sarà coinvolto nella conversazione e nel dibattito. Per questo, anche i capolavori possono non essere adatti a cineforum condotti con un pubblico ampio di giovani, con un gruppo eterogeneo di studenti, non appartenenti alla stessa classe e di età differente. In questo caso è fondamentale che si crei l’atmosfera giusta durante la visione del film.
Uno dei film che prediligo per avviare il cineforum è Will Hunting - Genio ribelle, pellicola del 1997 magnificamente diretta da Gus Van Sant e interpretata da Matt Damon (nei panni del ragazzo geniale), Robin Williams (lo psicologo), Ben Affleck (il miglior amico di Will).
Orfano e con una storia di diverse adozioni infelici alle spalle, Will Hunting ha sofferto molto ed è stato trattato spesso in maniera violenta. Divenuto maggiorenne, ha iniziato a lavorare in una delle più prestigiose università degli Stati Uniti come addetto alle pulizie. Di giorno, a tempo perso, si diverte a risolvere i difficili problemi matematici che un docente, Gerald Lambeau, assegna ai suoi studenti che richiederebbero tempi non indifferenti di risoluzione a persone normodotate. Da genio qual è, Will supera le sfide in pochissimo tempo, lasciando sulle lavagne dell’università le soluzioni, senza però rivelare la sua identità.
Di sera, Will trascorre gran parte del suo tempo in locali e birrerie con amici, che concludono spesso le loro serate in risse. Un giorno, Will conosce una ragazza (Skylar) e incomincia a frequentarla, ma non riesce a mostrarle il suo affetto. Dopo aver scoperto che Will è il misterioso genio, risolutore degli enigmi, Lambeau lo libera dalla prigione in cui è finito per l’ennesima rissa, alla condizione che frequenti lezioni di matematica e che segua un percorso psicologico.
Will non accetta l’aiuto di nessuno psicologo finché non incontra Sean che si coinvolge nel rapporto con lui, lo sprona ad accettarsi così com’è (con i pregi e le mancanze) e a prendersi sul serio, valorizzando i talenti posseduti. Will comincia così ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé che comporta nel tempo una conquista più profonda nella conoscenza della realtà. In un bellissimo dialogo Sean confessa a Will che non rimpiange nulla dei giorni trascorsi con la moglie (morta di cancro) e rivela che i difetti della consorte, che lui solo conosce, sono quanto di più bello conserva di lei, perché lo lega a lei in maniera indissolubile.
Will si è creato un’ampia cultura con la sua memoria prodigiosa, ma non ha mai fatto davvero esperienza, non si è mai coinvolto con tutto se stesso nella vita, non ha mai paragonato lo stile di vita che conduce, le vicende che ha attraversato con il suo desiderio di felicità e di compimento. In poche parole, Will non ha mai giudicato i fatti che gli sono capitati.
Sean gli spiega che non si può parlare con verità se non di ciò di cui si è fatta esperienza:
Se ti chiedessi sull'arte probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti... Michelangelo. Sai tante cose su di lui […]. Ma scommetto che non sai dirmi che odore c'è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto... Mai visto. Se ti chiedessi sulle donne, probabilmente mi faresti un compendio sulle tue preferenze, […] ma non sai dirmi che cosa si prova a risvegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici. Sei uno tosto. E se ti chiedessi sulla guerra probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia eh? “Ancora una volta sulla breccia, cari amici!”... ma non ne hai mai sfiorata una. Non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo migliore amico vedendolo esalare l'ultimo respiro mentre con lo sguardo chiede aiuto. Se ti chiedessi sull'amore probabilmente mi diresti un sonetto. Ma guardando una donna non sei mai stato del tutto vulnerabile... non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi, sentendo che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell’Inferno. Non sai cosa si prova ad essere il suo angelo, avere tanto amore per lei, vicino a lei per sempre, in ogni circostanza, incluso il cancro. Non sai cosa si prova a dormire su una sedia d’ospedale per due mesi tenendole la mano, perché i dottori vedano nei tuoi occhi che il termine “orario delle visite” non si applica a te. Non sai cos’è la vera perdita, perché questa si verifica solo quando ami una cosa più di quanto ami te stesso: dubito che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto. Io ti guardo, e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé, vedo un bulletto che si caga sotto dalla paura. Ma sei un genio, Will, chi lo nega questo.
Lo psicologo chiarisce al ragazzo che la donna che incontri nella vita ti «salva dagli inferi», ha la «responsabilità» di accompagnarti verso il compimento e ti fa sentire meno solo. Anche Will è in attesa della sua Beatrice che lo salvi dalle tenebre e lo accompagni verso la luce del Paradiso.
Prima di partire per il suo viaggio (che rappresenta fuor di metafora l’avventura e la sfida della vita), Will deve, quindi, riconoscere i suoi limiti, proprio come Dante nella Commedia visita - prima degli altri regni - l’Inferno, ove è presente il male di cui tutta l’umanità è capace e che lui stesso potrebbe compiere.
Prendere coscienza del limite è la condizione indispensabile per domandare aiuto. Solo dopo che si è sentito accolto da Sean così com’è, con la sua storia e le sue grandi doti, Will può davvero iniziare a voler bene a Skylar. Will non sapeva amare e per iniziare ad amare ha dovuto fare esperienza di essere amato. Solo adesso Will inizia a prendere sul serio la domanda più importante: che cosa desidera davvero dalla vita?