Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
MALA PSICOLOGIA

Pure la pedofilia viene sdoganata?

La confusione regna sotto il cielo dell'American Psychiatric Association per la pubblicazione della quinta edizione del manuale diagnostico (DSM). La definizione della pedofilia è cambiata all'ultimo minuto, ma è sempre ambigua.

Famiglia 09_11_2013
Pedofilia

Qualche mese fa ci siamo occupati del Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (per gli amici DSM) pubblicato dall'American Psychiatric Association (APA), giunto nel maggio scorso alla quinta edizione.

Abbiamo rivolto la nostra attenzione a quest'opera a causa di un cambiamento nella denominazione della pedofilia, non più tale ma ora “disturbo pedofilico”, temendone la “normalizzazione”. Purtroppo avevamo ragione. In un documento accompagnatorio, l'APA ha infatti dichiarato (citando esplicitamente il caso della pedofilia): «Nel DSM-5, le parafilie non sono ipso facto disturbi mentali. Vi è una distinzione tra parafilie e disturbi parafilici. Un disturbo parafilico è una parafilia che attualmente causa disagio o compromissione all'individuo o una parafilia la cui soddisfazione comporta un danno personale, o il rischio di danno, per gli altri. Una parafilia è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere un disturbo parafilico, e una parafilia di per sé non giustifica o richiede l'intervento clinico automaticamente. [...] Questo approccio lascia intatta la distinzione tra il comportamento sessuale normativo e quello non normativo [...], ma senza etichettatura automaticamente il comportamento sessuale non normativo come psicopatologico». Il passaggio da “pedofilia” a “disturbo parafilico”, dunque, è un passo verso la normalizzazione della pedofilia che, pur essendo un “comportamento sessuale non normativo” non è considerata una psicopatologia.

In Italia, paese nel quale il DSM conserva ancora una certa aura di autorevolezza, questo importante cambiamento è passato sotto silenzio. Evidentemente non così è stato negli Stati Uniti, almeno stando a quanto ha comunicato l'APA il 31 ottobre scorso. In una nota la più importante associazione psichiatrica mondiale spiega che non c'è stato nessun cambiamento riguardante la pedofilia tra la precedente e l'attuale edizione del DSM (contraddicendo palesemente il documento accompagnatorio).

Non è finita qui. Nella discussione sui criteri diagnostici (p. 698), l'APA definisce la pedofilia come un “orientamento sessuale”. La nota del 31 ottobre spiega che si tratta di un errore che verrà corretto nelle prossime ristampe: dove è scritto “orientamento sessuale” va letto “interesse sessuale”.

Perché “interesse sessuale” va bene e “orientamento sessuale” no? Eppure è evidente che la pedofilia sia un orientamento sessuale. Perché dunque l'APA considera un errore l'aver definito la pedofilia come un orientamento sessuale? La risposta è molto semplice: gli attivisti gay hanno lottato per anni affinché la locuzione “orientamento sessuale” venga recepita come “variante naturale della sessualità umana”; ora, però, questo privilegio viene negato agli attivisti pedofili. La pedofilia, pur essendo un orientamento sessuale, non deve essere considerato un “orientamento sessuale”.

Dobbiamo credere che l'APA davvero non aveva intenzione di attribuire lo status di “orientamento sessuale” alla pedofilia? Davvero si tratta di una svista?

Difficile da credere. Basta ricordare l'ampio e aspro dibattito che si è sviluppato tra gli psichiatri statunitensi proprio sui criteri diagnostici della pedofilia durante la stesura dell'attuale versione del DSM (qui un esempio).

Una “marcia indietro”, dunque? Magari in seguito a proteste e critiche? Più probabile. Anche perché è già avvenuto che il DSM ritornasse sui suoi passi, proprio sulla pedofilia.

Nel 1994 fu pubblicato il DSM-IV. Si ha, in questa edizione, l'applicazione alla pedofilia del criterio “egodistonico” (già applicato nel DSM-III all'omosessualità): se il soggetto non prova “[...] disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento” a causa delle fantasie, impulsi o comportamenti pedofili, il disturbo non può essere diagnosticato. In sostanza, è il paziente a stabilire se le sue pulsioni o i suoi comportamenti pedofili sono clinicamente rilevanti: se gli provocano disagio (cioè sono egodistonici) allora lo sono; altrimenti (se sono cioè egosintonici) no.

In seguito alle numerose critiche sollevate dall'introduzione del criterio egodistonico, l'APA modificò la definizione di pedofilia nell'edizione successiva (DSM-IV-TR, 2000).  Siamo di fronte ad una nuova fuga in avanti, forse troppo precoce, forse esplorativa? Non lo sappiamo, ma siamo autorizzati a sospettarlo.

Intanto il DSM perde nuovamente una buona fetta di credibilità. Basti pensare che il National Institute of Mental Health (NIMH), agenzia del governo degli Stati Uniti, ha dichiarato ufficialmente che non utilizzerà più il DSM come manuale diagnostico. Quando gli psichiatri e gli psicologi italiani guarderanno con più laicità la “bibbia” della psichiatria?