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Migrazioni
a cura di Anna Bono
Emigranti irregolari

Protezione umanitaria per gli “zingari di fiume” del Bangladesh

Un emigrante irregolare di etnia Bede ha ottenuto protezione umanitaria in Italia perché i Bede in Bangladesh sono mal visti e trattati come dei paria per il modo in cui vivono e lavorano

Migrazioni 27_12_2020

I Bede sono una etnia del Bangladesh. Sono nomadi e vengono chiamati anche “zingari del fiume” perché tradizionalmente per dieci mesi all’anno si spostano lungo i corsi d’acqua fermandosi in decine di villaggi. I due mesi in cui stanno fermi sono dedicati al riposo, alla celebrazione dei matrimoni e allo svolgimento di altre attività sociali. Le donne Bede lavorano come guaritrici e sono la principale fonte di reddito familiare. Una volta praticavano nei villaggi, ma adesso per lo più si aggirano per le strade della capitale Dhaka offrendosi di pulire denti e orecchie. Per secoli i Bede inoltre sono stati incantatori di serpenti e stregoni. Però sono sempre meno le persone che credono nella medicina naturale e nella stregoneria. Una volta erano tenuti in grande considerazione, ma il loro declino è iniziato da circa 60 anni e ormai vengono visti come dei paria in parte anche a causa delle loro abitudini alimentari, come il fatto di mangiare tutte le specie di uccelli. Ci sono dei Bede che cercano di intraprendere altre attività. Molti diventano fornai, per esempio. Ma la maggior parte di loro sono poveri, analfabeti e molti non mandano i bambini a scuola. Sono malvisti anche perché per tradizione fanno sposare i figli molto presto, in media a 11 anni. Il resto della popolazione dice di loro che sono sporchi, pigri, sfrontati e ladri. Considerando che quindi l’etnia Bede in Bangladesh “è discriminata sotto molteplici aspetti”, lo scorso 26 ottobre il tribunale di Bologna, pur non rilevando “la sussistenza di elementi sufficienti per il riconoscimento dello status di rifugiato, né della protezione sussidiaria, in condivisione con la Commissione Territoriale che ha rigettato la domanda”, ha tuttavia ravvisato, anche tenendo conto della condizione di particolare vulnerabilità determinata dal difficilissimo percorso migratorio” compiuto, “i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria” in favore di un cittadino del Bangladesh di etnia Bede che, entrato illegalmente in Italia, ha chiesto asilo. “Nel suo paese di origine – si legge nella sentenza – la situazione di vulnerabilità sopra detta non consentirebbe il pieno esercizio dei diritti umani fondamentali, quali il diritto al lavoro, già fruttuosamente da lui esercitato in Italia, e il diritto alla salute”.