Proposta per la Finanziaria: Meno tasse per i nonni
L'Associazione Nonni 2.0 propone due emendamenti alla nuova Legge di Bilancio (la Finanziaria) per sostenere economicamente il ruolo che 10 milioni di nonni apportano al buon funzionamento della vita familiare, con una sorta di welfare dal basso. Si tratta di due richieste di deduzioni fiscali, una sulle attività, l'altra sulla casa.
La legge di bilancio italiana che viene presentata ogni anno al parlamento viene sistematicamente accolta da una raffica di emendamenti, il cosiddetto "assalto alla diligenza". Detto questo, però, non tutti gli emendamenti presentati corrispondono a favori per tale lobby o tale territorio. Qualcuno meriterebbe davvero di essere accolto e uno di questi è quello presentato dall’Associazione Nonni 2.0, tesa a valorizzare, anche economicamente, il ruolo che i 10 milioni di nonni apportano al bilancio e al buon funzionamento della vita familiare, che a sua volta si ripercuote sul buon funzionamento della vita della società italiana nel suo complesso.
La proposta di legge si articola in due punti e in particolare su due emendamenti: il primo riguarda il primo periodo del secondo comma dell’articolo 15 del Testo unico delle imposte sui redditi, che al comma 1 recita: “Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo, che nel caso in questione sarebbero gli oneri indicati alle lettere c) (spese sanitarie), e) (spese di frequenza all’università), e bis) (frequenza scolastica), f) (assicurazioni), i-quinquies (spese attività sportive), i-sexsies (canoni locazioni per studio fuori sede) ” …..; mentre al comma 2, quello che si vorrebbe modificare, recita: “Per gli oneri indicati alle lettere c), e), f), i-quinquies) e i-sexies) del comma 1 la detrazione spetta anche se sono stati sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 13 nonché comunque dei parenti linea retta, che si trovino nelle condizioni ivi previste, anche se non conviventi fermo restando, per gli oneri di cui alla lettera f), il limite complessivo ivi stabilito.”. L’espressione “nonché comunque i parenti in linea retta” serve ad integrare l’attuale art. 433 del c.c., che prevede, tra gli obbligati agli assegni, i “nonni” solo in caso di mancanza dei genitori: in tal modo i nonni diventano direttamente beneficiari delle detrazioni, mentre l’inserimento nel primo periodo delle parole “anche se non conviventi” permette la detrazione degli oneri indicati ai parenti in linea retta anche se non conviventi. Tutto questo, purché i beneficiari non abbiano redditi superiori al limite indicato per essere fiscalmente a carico.
Il secondo punta a modificare il comma 3 - bis dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale propria o di unità immobiliari concesse in comodato e effettivamente destinate ad abitazione principale di una persona indicata nell’art. 433 del codice civile e comunque ad abitazione principale di parenti in linea retta e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all'ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all'articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica che la possiede o detiene sulla base di un titolo idoneo, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata.”
L’inserimento della modifica si propone di evitare la tassazione in capo al contribuente che destini una propria unità immobiliare ad abitazione principale di un familiare tra quelli indicati sopra, mentre l’indicazione del comodato (per natura gratuito) e la condizione di effettivo utilizzo dell’unità immobiliare quale abitazione principale, sono dirette ad evitare abusi della disposizione. L’aggravio sul bilancio pubblico si aggira sugli 80-100 milioni, la cui copertura è ricavabile da un lieve aumento delle imposte provenienti da giochi e lotterie. Certo, meglio sarebbe una diminuzione di spesa pubblica, ma la pressione di 945 parlamentari tutti pronti a far valere le “proprie ragioni”, soprattutto in periodo elettorale, rende la cosa complicata.
In ogni modo, questa proposta di legge va sostenuta, perché andrebbe a favorire un soggetto, la famiglia, per cui si spendono continuamente profluvi di parole, ma che in termini di risorse è stata costantemente penalizzata. Si pensi al fatto che la nostra spesa sociale è stata per decenni orientata sulle pensioni (61,8% contro una media europea del 45%), mentre per la famiglia si spendeva il 5,3%, contro il 10,1% della media europea. Inoltre, lo strumento della detrazione fa sì che il denaro rimanga direttamente in capo al privato cittadino (il nonno in questo caso), e in particolare alle famiglie che verrebbero così maggiormente responsabilizzate, evitando così costosi processi di redistribuzione di carattere politico-burocratico, le cui inefficienze e opacità sono all’ordine del giorno. Motivo in più per porvi un freno.