Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
TOUR EUROPEO

«Posso vincere la guerra», Zelensky chiede aiuti militari

Ascolta la versione audio dell'articolo

La visita a Roma e in Germania ha chiarito che il principale obiettivo del presidente ucraino è militare: ottenere altre armi convincendo i partner europei che la vittoria dell'Ucraina sul campo è a portata di mano. Ma solo nelle prossime settimane si potrà capire se la tanto attesa controffensiva ci sarà e sarà efficace. 

Esteri 15_05_2023

Nonostante il tentativo mediatico di mistificare i concetti confondendo la pace con la vittoria, la visita di Volodymyr Zelensky a Roma (e poi in Germania) non ha avuto nulla a che fare con le opzioni per aprire un negoziato di pace o trattative per un cessate il fuoco in Ucraina. Se si esclude la parentesi dell’incontro in Vaticano e il rispetto formale mostrato dal presidente ucraino per il Papa e il suo appello per la fine delle ostilità, la visita di Zelensky ha perseguito gli stessi obiettivi delle visite che lo hanno portato nelle ultime settimane in diversi paesi europei.

Innanzitutto quelli politici, che consistono nel consolidare i rapporti con i leader delle nazioni aderenti a Ue e NATO e veicolare all’opinione pubblica di queste nazioni i “messaggi-chiave” della propaganda di guerra ucraina, compito peraltro facilitato da interviste “in ginocchio” (più simili a lectio magistralis del presidente ucraino) in cui le domande, mai scomode, sono in realtà degli assist per lunghi monologhi del presidente a cui nessuno replica o ribatte.

L’obiettivo forse più importante che Zelensky persegue è però di carattere militare. Il presidente ucraino punta a convincere gli alleati occidentali che la guerra può essere vinta dai suoi militari, ma per vincerla ha bisogno di ulteriori massicci aiuti militari. Rifornimenti in armi e munizioni che gli europei non possono più cedere se non disarmando le già sotto dimensionate proprie forze armate mentre la produzione di nuovi stock di armamenti e munizioni richiederà anni anche per adeguare l’apparato industriale a una “economia di guerra”, termine che in Europa viene utilizzato sempre più spesso.

Per questo Zelensky respinge ogni ipotesi di pace, di negoziato o di mediazione che implicherebbe inevitabilmente cessioni territoriali alla Russia, spiegando che la pace sarà la conseguenza della vittoria. Concetto peraltro non nuovo nella Storia: basti pensare a concetti quali la “Pax Romana" o più tardi la “Pax Britannica”, anche se non è per nulla scontato che il regime di Kiev possa imporre con le armi la pace della vittoria come erano soliti fare i due grandi imperi citati.
Fonti ucraine citate sabato dal Financial Times evidenziavano come il prolungamento e rafforzamento del supporto militare occidentale a Kiev dipenda in ampia misura dal successo che la più volte annunciata controffensiva ucraina potrà conseguire nel riconquistare una parte dei territori controllati dai russi.

Con le armi e i mezzi oggi a disposizione ”potremmo attaccare e avremmo successo” ma ”perderemmo molti uomini. Penso che questo sia inaccettabile. Per questo dobbiamo aspettare. Abbiamo bisogno ancora di un po’ di tempo” aveva detto Zelensky nei giorni scorsi.

Pur considerando che ogni dichiarazione potrebbe avere l’obiettivo di ingannare il nemico, il continuo posticipo del grande contrattacco ucraino sta innervosendo i principali alleati e sponsor di Kiev, che le visite di Zelensky hanno anche lo scopo di tranquillizzare. Se gli europei hanno esaurito o quasi gli aiuti militari che possono offrire, gli Stati Uniti inizieranno in autunno un'aspra campagna elettorale in cui Donald Trump ha già fatto sapere cosa pensa della guerra in Ucraina (la concluderebbe in 24 ore obbligando gli ucraini a negoziare, ha detto nei giorni scorsi); e l’amministrazione Biden avrà sempre più difficoltà a giustificare gli aiuti a Kiev in un contesto sociale ed economico statunitense non certo roseo e con il rischio di un confronto militare con la Russia che non porta voti.

Anche le limitate controffensive ucraine degli ultimi giorni a Bakhmut, Soledar e in altre aree del fronte nella regione di Donetsk sembrano essere soprattutto funzionali a dimostrare agli alleati che Kiev ha ripreso l’iniziativa militare che dal gennaio scorso era saldamente in mano russa. Dalle notizie che emergono dalla prima linea, in una settimana gli ucraini avrebbero riconquistato una trentina di chilometri quadrati di territorio costringendo i russi ad arretrare le proprie linee di uno o due chilometri in alcuni settori del fronte.

Successi tattici, marginali, utili alla propaganda e a sostenere le visite all’estero di Zelensky ma che non sembrano per ora in grado di rovesciare le sorti della guerra e neppure della battaglia di Bakhmut, dove i contractors della Wagner e i paracadutisti russi (presto affiancati a quanto sembra dai combattenti ceceni della Forza speciale Akhmat) continuano a guadagnare terreno negli ultimi due quartieri occidentali ancora in mano agli ucraini.

Il contrattacco nel Donbass, pagato con gravi perdite secondo i russi, potrebbe costituire l’anticipo della grande controffensiva di Kiev oppure puntare solo a impegnare le forze russe nella regione di Donetsk obbligandole a richiamare rinforzi in questo settore del fronte e a sguarnirne altri. I russi sembrano infatti ritenere probabile che un attacco ucraino su vasta scala possa prendere il via nella regione di Zaporizhia, abbinato ai tentativi delle forze di Kiev di sbarcare sulle isole del Dnepr nella regione di Kherson, per puntare a raggiungere la Crimea.

Anche se in Occidente i media non ne parlano, Mosca continua a colpire i depositi logistici nemici dove vengono concentrate armi e munizioni giunte dall’Occidente nelle retrovie del fronte; ma anche in profondità, come a Khmelnytsky, nell’Ucraina centro-occidentale, dove sarebbero stati distrutti nei pressi dello scalo ferroviario un deposito di munizioni e uno stabilimento industriale militare.
In una settimana anche nelle due stazioni ferroviarie di Pavlovgrad, Kramatorsk, Nikolayev, Odessa oltre a Ternopol e Petropavlovka (nella regione di Dnepropetrovsk) sono stati centrati da missili e droni russi giganteschi depositi di munizioni e armi con l’obiettivo di indebolire le capacità degli ucraini di sostenere azioni offensive. 

Nelle prossime settimane sarà forse più chiaro quali ambizioni militari gli ucraini siano in grado di sostenere e se i russi siano in condizioni di contrastare con efficacia o forse anche di anticipare la controffensiva ucraina