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NUOVE MISURE

Politiche migratorie, la Francia si scopre sovranista

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Parigi entra a gamba tesa nel tema politiche immigrazioniste dell’Ue. Obiettivo: rimettere al centro i controlli alle frontiere. Il nuovo corso di Barnier comincia al motto di «è ora di dire la verità ai francesi». 

Esteri 20_09_2024

Anche Parigi entra a gamba tesa nel tema politiche immigrazioniste dell’Ue. È il neo primo ministro Barnier ad inserirsi in un dibattito che nelle ultime settimane s’è fatto più che bollente. 

Per l’ex rappresentante dell’Unione europea nelle trattative per la Brexit, «c’è sempre la sensazione che le frontiere siano dei setacci e che i flussi migratori non siano controllati. Li controlleremo non con ideologie, discorsi e frasi, ma con misure concrete», è stata la prima, e praticamente l’unica, dichiarazione che ha fatto alla stampa in seguito alla nomina, e nell’attesa di formare il nuovo governo. Sono due le priorità che avrà l’esecutivo: debito pubblico e immigrazione, e circa quest’ultima la posizione è così netta che si profila persino l’ipotesi di un ministero ad hoc, come ai tempi di Nicolas Sarkozy nel 2007. 

Parigi rimette al centro i controlli alle frontiere e lo fa in un momento delicatissimo per l’Europa. Berlino, infatti, ha iniziato a respingere gli immigrati illegali prima che possano presentare la domanda di asilo; la Svezia, per incoraggiarli esplicitamente a lasciare il Paese, ha appena proposto un’indennità di 30.000 euro per chi decide di tornare a vivere nel proprio Paese d’origine, oltre a star preparando un inasprimento delle condizioni per facilitare le espulsioni; il governo olandese presenterà molto presto a Bruxelles una richiesta per essere esentato dalla politica di asilo Ue; Budapest ha promesso bus per mandare gli immigrati al Quartiere Europeo e nel frattempo, in Italia si parla di nuovo di frontiere ed immigrati perché abbiamo un ex ministro dell’Interno, attuale vicepremier, per il quale i pm hanno chiesto la condanna a 6 anni di carcere per aver bloccato una nave Ong carica di immigrati.

Con la nomina di Michel Barnier, Macron ha sostituito il giovane Attal, con il più vecchio della storia moderna dei gollisti. Era fondamentale trovare stabilità, ma soprattutto qualcuno capace di vantare anche dimestichezza con gli euroburocrati: la spada di Damocle della procedura d’infrazione non può più essere ignorata all’Hotel Matignon. 

Adesso, però, Barnier è chiamato prima di tutto a dar prova di coerenza. È quello che si aspetta Bardella visto che solo tre anni fa, in occasione delle primarie per le presidenziali presentò un manifesto che sembrava la fotocopia di quello del Rassemblememnt national. Tant’è che l’ala più sinistra dei macroniani lo guarda con circospezione, mentre i socialisti, dopo le indiscrezioni sull’immigrazione, hanno rifiutato d’incontrarlo per la formazione dell’esecutivo. 

Nel 2021, si presentò come l’uomo della moratoria sull’immigrazione «per congelarla in Francia per cinque anni», criticò aspramente la Corte di giustizia Ue chiamata a «riacquistare sovranità giuridica» sui ricorsi, chiese di fermare le regolarizzazioni dei clandestini per imporre un giro di vite sulle condizioni necessarie a garantire il diritto d’asilo, ma soprattutto propose di cristallizzare di fatto i processi di ingresso di cittadini extracomuntiari sul suolo francese per ottenere un patto d’integrazione rafforzata: «diverse centinaia di migliaia di stranieri si sono ormai stabilite sul nostro territorio senza capire il francese e talvolta senza sentire il bisogno di impararlo. Di questo si nutre il discredito della politica. E di esso si nutrono la delinquenza e la radicalizzazione islamista».

Tre anni dopo, la posizione di Barnier resta che per Parigi la situazione migratoria è sempre più problematica. 

I dati del ministero dell’Interno sono eloquenti. Nel 2023, la Francia ha approvato 320.000 permessi di soggiorno, si tratta del 17% in più rispetto al 2019. Mai la Francia ha accolto così tanti immigrati: con oltre 4 milioni tra permessi di soggiorno validi e documenti di soggiorno provvisori, al 31 dicembre 2023 s’è registrato un aumento del 4,4% rispetto al 2022. Per quanto riguarda le richieste di asilo l’aumento rispetto all’anno precedente è del 7,2%.

In media, con Emmanuel Macron sono stati concessi ogni anno 275.000 primi permessi di soggiorno a immigrati extraeuropei, ovvero il 26% in più rispetto alla presidenza Hollande e il 45% in più rispetto a quella di Sarkozy. Le principali nazionalità che beneficiano dei nuovi permessi di soggiorno sono rimaste invariate negli ultimi anni: Marocco, Algeria e Tunisia.

In totale, dal 2017 sono stati concessi quasi 2 milioni di primi permessi di soggiorno a immigrati non europei, l’equivalente demografico della popolazione di Parigi. 

Anche se non tutti gli immigrati si stabiliscono permanentemente in Francia, come ci dicono i dati INSEE - l’Istituto nazionale della statistica e degli studi economici francese -, considerato l’arco temporale di quindici anni, per ogni immigrato che lascia la Francia, più di quattro immigrati si stabiliscono sul territorio nazionale.

Secondo l’ex ministro dell’interno Darmanin al 2023, la Francia conta «tra i 600.000 e i 900.000 irregolari». A più di 300.000 immigrati, in dieci anni, è stato rifiutato lo status di rifugiato. Ma la maggior parte non se ne va. Ogni anno vengono emessi più di 100.000 ordini di abbandono del territorio francese  (OQTF), la stragrande maggioranza di essi, però, non viene mai eseguita: solo uno su dieci dei richiedenti respinti viene effettivamente rimandato nel Paese d’origine. A questo si lega tutto il tema della sicurezza nazionale tra terrorismo islamico e delinquenza, ed anche quello dell’aiuto sanitario statale (AME) che per decenni ha consentito agli stranieri in situazione irregolare di beneficiare dell’accesso alle cure. 

«È ora di dire la verità ai francesi», ha giustamente ricordato Michel Barnier nel suo discorso di consegna a proposito d’immigrazione. Dimostrando come sia inusuale sentire l’esponente dell’europeismo più assoluto, adottare un lessico non certamente dissimile da quello di Salvini, Orban, Wilders, Le Pen.  

In egual modo, va tenuto conto che, sebbene la politica del governo italiano sull’immigrazione stia raccogliendo i primi frutti, i numeri degli ingressi sono ben lontani da quelli che Salvini ottenne tra il 2018 e il 2019. E un eventuale blocco dei confini francesi rischierebbe di spostare la tensione su Roma: la risposta da preparare non sarebbe, quindi, più solo sull’emergenza sbarchi, ma sul facile attraversamento dei confini dei clandestini respinti da una parte e dall’altra, sull’integrazione, sugli allontanamenti, sul rischio terrorismo. 

Intanto, l’europeista Barnier ha ricordato che la sovranità è la cifra distintiva della nuova politica parigina.