"Politica amica degli individui e non della famiglia"
Oggi al via tra mille incognite la III Conferenza Nazionale sulla Famiglia. "Ma la politica è amica dell'individuo e non della famiglia. Per il Fattore Famiglia basta una redistribuzione orizzontale". Parla Donati, autore del Piano rivoluzionario per la Famiglia, nel cassetto da 5 anni.
“Le attuali politiche sociali non hanno a cuore la famiglia, ma l’individuo”. Sono le parole del professor Pierpaolo Donati, sociologo e professore dell’Alma Mater Università di Bologna, ma soprattutto tra gli autori del Piano Nazionale per la Famiglia proposto nel 2012 dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia e approvato dal governo Monti nel giugno 2012, anche a seguito della Conferenza sulla Famiglia del 2010 organizzata a Milano dall’allora Ministro Carlo Giovanardi. Nell’intervista concessa alla Nuova BQ, Donati analizza le premesse con le quali il Governo si appresta ad aprire questa mattina in Campidoglio, la III Conferenza Nazionale per la Famiglie. Premesse che al professore sembrano ancora insufficienti per mettere davvero le politiche famigliare al centro di una strategia di sviluppo e di rinascita.
Professor Donati, a molti sembra che questa Conferenza Nazionale sia stata poco pubblicizzata e non ne sono chiare le proposte. Che ne pensa?
Direi che il fatto che sia stata poco pubblicizzata dà alla Conferenza di oggi l’impressione che sia stata fatta in fretta. Certo, hanno pesato le dimissioni del ministro della famiglia Enrico Costa, che hanno reso incerto questo evento, ma è chiaro che organizzare una conferenza del genere in poche settimane risulta alquanto problematico.
Quali aspetti sono problematici?
Il fatto che vi sia ancora grande incertezza circa le proposte programmatiche. Penso che molti si aspettassero che l’Osservatorio nazionale sulla famiglia arrivasse alla conferenza con un piano di massima da discutere, basandosi magari sul Piano precedente intitolato l’Alleanza italiana per la famiglia, che peraltro teneva conto di importanti indicazioni dell’Unione Europea. Mentre c’è il rischio di un ennesimo dibattito che si fermi ad un confronto di opinioni e proposte le più disparate, senza giungere, ancora una volta, ad esiti concreti.
Come mai non c’è alcun riferimento al Piano nazionale di politiche famigliari approvato dal Governo Monti, che riconosceva una soggettività sociale alla famiglia e prospettava un welfare amico della famiglia?
In Italia si ragiona sempre come se si dovesse ripartire tutte le volte da zero. Il Piano del 2012 predisposto dall’Osservatorio per la Famiglia sarebbe stato una utile base di partenza per aggiornarlo e renderlo effettivo.
Lei crede possibile che il Governo si prenda da oggi degli impegni precisi? Ci sarebbe molto da fare, e cose urgenti, per evitare il crescente indebolimento e la frammentazione delle famiglie italiane.
Mi sembra chiaro che, considerato che la legislatura ha più o meno sei mesi di vita, e deve affrontare una serie di temi molto impegnativi, a cominciare dalla legge di stabilità, non sarà facile arrivare in breve tempo ad un vero e proprio piano nazionale e dare avvio alla sua implementazione.
Però la legge di stabilità potrebbe dare delle risposte già da subito.
C’è un punto su cui ritengo possibile dare un segnale a breve che si intende modificare l’attuale penalizzazione della famiglia, e cioè introdurre il ‘fattore famiglia’ nella legge di stabilità. Sarebbe un grande segnale per realizzare l’equità fiscale nei confronti delle famiglie, non per dare loro qualche privilegio. Si tratta di una misura strutturale che non consiste nel dare dei bonus o dei piccoli sgravi che non incidono sulle condizioni di vita famigliare, ma riconoscono la soggettività sociale e fiscale della famiglia. Il fattore famiglia non deve essere inteso come una spesa in più che aggrava la spesa pubblica, ma potrebbe essere visto come una forma di redistribuzione soprattutto orizzontale tra le famiglie.
Che cosa intende?
Mi spiego: per dare più risorse alle famiglie con figli, soprattutto quelle numerose, si dovrebbe redistribuire il carico tra chi non ha figli o ne ha di meno. Non partirei dalla logica del trovare risorse aggiuntive, ma di redistribuirle secondo i carichi. Solo così può funzionare un Fattore famiglia.
L’obiettivo è quello dell’inversione della curva demografica?
Certamente, ma deve essere una decisione politica, bisogna avere il coraggio di scegliere una politica amica della famiglia, mentre la mia impressione è che la politica alla quale abbiamo assistito in questi anni sia stata amica degli individui anziché della famiglia, e così ha indebolito il tessuto sociale, perché ha progressivamente ridotto il capitale sociale che solo le famiglie possono generare.