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CONFERENZA NAZIONALE AL VIA

La famiglia al tempo della Cirinnà: bavaglio al Family Day

Inizia domani la III Conferenza Nazionale sulla Famiglia, la prima dell'era Cirinnà. Senza idee, senza progetti, con un governo che non ha mai detto nulla su denatalità e fiscalità e con lo spauracchio delle sigle arcobaleno che monopolizzeranno lo scontro. Ma senza, soprattutto, i protagonisti del Family Day, Gandolfini alla Nuova BQ: «Mi hanno detto che non c'era posto per me».

Famiglia 27_09_2017
Massimo Gandolfini alla guida del pullman della libertà ieri a Brescia

Senza prospettive, senza idee e soprattutto senza alcuna strategia politica. Ma con la spina nel fianco delle sigle Lgbt che reclamano spazio e che, c’è da scommetterci, monopolizzeranno l’attenzione della due giorni, poco importa se come convitato di pietra o no. Domani inizia in Campidoglio la III Conferenza Nazionale per la Famiglia organizzata dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri col supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Ma all’orizzonte nessuno sa non solo che cosa si andrà a dire nella due giorni, ma soprattutto che cosa uscirà di concreto per le famiglie. E’ il frutto di una serie di decisioni affrettate che sanno tanto di promessa pre-elettorale, per tenere buono un certo mondo che nei sondaggi non sembra contare nulla, ma alla fine con il suo voto pesa.

Anzitutto è curioso che la Conferenza sulla Famiglia si apra con la presenza di un capo del governo che da alcuni mesi ha assunto su di sè la delega alle politiche famigliari dopo le dimissioni del ministro Costa, ma che non ha mai detto una sola parola sulla famiglia come motore della società, figuriamoci sul valore della famiglia naturale da tutelare. Il premier Paolo Gentiloni infatti non ha mai detto nulla in merito. Ma è curioso che ad essere presenti siano tre esponenti di Governo che la famiglia non solo l’hanno snobbata, ma hanno anche contribuito a relegarla in un cantuccio, quando non ad affossarla. A cominciare dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi che è la madrina, assieme alla senatrice Monica Cirinnà, dell’omonima legge che istituisce il simil matrimonio tra coppie omosessuali. Ma c’è anche il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, della quale è noto il fastidio verso le famiglie soprattutto quando c’è da richiamare all’ordine circa il principio della titolarità educativa dei genitori. Infine, non poteva mancare il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, del quale si ricorda soltanto che ad ogni richiesta di parlamentari di nuovi fondi per le politiche famigliari, risponde sempre con il più classico del “bambole, non c’è una lira”, come è accaduto con il Ddl Lepri, che avrebbe dovuto dare una svolta al sistema degli assegni familiari, ma che è ancora fermo al palo. Per concludere, anzi come antipasto, il saluto introduttivo del Presidente della Camera Laura Boldrini, le cui idee sulla famiglia naturale sono note.

Insomma, il rischio che si tratti di una passerella è davvero concreto. Soprattutto se l’orizzonte ristretto nel quale nasce l’assise di domani è quello esclusivo del Forum delle Assocazioni familiari, realtà utile alla causa, ma ormai troppo autoreferenziale come dimostra l’auspicio, l’ennesimo, di un fattore famiglia per appena 4 o 5 miliardi a fronte degli oltre 15 necessari; e soprattutto l’esclusione alla due giorni di Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato difendiamo i nostri figli come ha denunciato ieri l’avvocato Simone Pillon dalle colonne de La Verità. Gandolfini è soltanto l’artefice degli imponenti Family Day di giugno 2015 e gennaio 2016, ma gli organizzatori hanno pensato che non fosse il caso che portasse la sua testimonianza. Infatti è stato lo stesso Gandolfini a chiedere insistentemente agli organizzatori di poter parlare o quanto meno di poter partecipare, ricevendo però in cambio un netto rifiuto. «Alla mia esplicita richiesta – ha spiegato Gandolfini alla Nuova BQ - mi è stato detto di no perché i posti erano già completati e perché il mio comitato non fa parte del Forum, insomma non aveva la necessaria legittimità». Una svista non da poco, tenuto conto che «il mio comitato rappresenta milioni di famiglie, molte di più di quelle che vengono rappresentate dentro il Forum e che pure saranno presenti domani. Evidentemente non ci si vuole accorgere che tra l’ultima conferenza, quella del 2010 e oggi ci siano stati due Family Day di mezzo che rappresentano il movimento di popolo più importante circa le politiche family friendly di un Paese che vuole uscire dalla crisi».

In mezzo, aggiungiamo noi, c’è anche la legge Cirinnà. Anzi, se vogliamo, la conferenza di domani, sarà la prima al tempo della Cirinnà. Infatti il peso delle sigle Lgbt che chiedono di essere presenti si farà sentire. Il terreno è già pronto allo scontro tanto che ieri il Sottosegretario Boschi ha incontrato due delle sigle Lgbt che hanno protestato e forse strapperanno l’ingresso come uditori.

Non ci saranno neppure esponenti dell’opposizione, a parte il sindaco di Roma Virginia Raggi, che è padrona di casa e neppure chi la Conferenza sulla Famiglia l’ha organizzata con successo, perché venne elaborato un piano nazionale per la famiglia rivoluzionario che però non venne attuato, colpevolmente, dal successivo governo Monti. Nel 2010 Carlo Giovanardi era ministro della Famiglia e lavorò per due anni a quell’appuntamento di Milano. Anche lui, che oggi è senatore di Idea, ha ricevuto in extremis un invito telefonico, ma non dal governo, come sarebbe più appropriato, bensì dal presidente del Forumfamiglie, Gigi De Palo. «Una richiesta irricevibile», commenta Giovanardi che ha anche diffuso un comunicato stampa in serata.

A questo si aggiunge lo scarso tempo a disposizione: appena due giorni per sei tavoli che dovrebbero affrontare in maniera sistematica e sotto l’aspetto fiscale, demografico e politico il problema della famiglia come risorsa e non come peso. Insomma: troppo poco. O se, lo si guarda dal punto di vista dell’ingresso come uditori delle famiglie arcobaleno, che entreranno come le oche del Campidoglio a richiamare l’attenzione su di sé, è già troppo e, non dimentichiamolo, la naturale conseguenza della legge Cirinnà, che si dimostra sempre più come un simil matrimonio e non come un diritto diverso.