Perché parlare degli angeli - Il testo del video
L’esistenza degli angeli è una verità di fede, che non contrasta bensì è conveniente alla ragione, a dispetto di ciò che ritiene il materialismo. Un modo restrittivo di intendere la realtà ha accantonato l’angelologia, anche nella Chiesa. Ma è fondamentale recuperare la verità sugli angeli, sia buoni che decaduti.
Come avevamo accennato la scorsa volta, continuiamo la nostra riflessione sulla Creazione, concentrandoci su che cosa Dio crea, che cosa ha posto in essere.
Nel Credo noi diciamo: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili». Sono due dimensioni: il cielo e la terra, le cose visibili e le cose invisibili che comprendono l’intera creazione. Oggi e per un po’ di domeniche ci dedichiamo a quel cielo e a quelle cose invisibili: il cielo è la dimora di Dio e dei suoi angeli; le cose invisibili - “invisibili” evidentemente dal nostro punto di vista - sono le creature puramente spirituali, che chiamiamo angeli o puri spiriti.
Man mano vedremo questa piccola distinzione e perché, più propriamente, quando intendiamo tutta la creazione invisibile parliamo di puri spiriti. Per la Tradizione della Chiesa, gli angeli sono infatti un coro di questi spiriti celesti.
Chiariamo subito un aspetto: l’esistenza degli angeli è una verità di fede, quindi il negarla comporta eresia, perché appunto è una verità definita de fide. Basterebbe l’espressione del Credo [le cose invisibili], ma nella storia della Chiesa abbiamo altri pronunciamenti; quello più importante, che ci interessa per focalizzare questo aspetto, cioè il fatto che l’esistenza degli angeli sia de fide, è la professione di fede Firmiter del Concilio Lateranense IV, un concilio molto importante, del 1215. Questa professio fidei afferma: «[Dio], fin dal principio del tempo, creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre, e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e di corpo» (Denz. 800). Dunque, questa professione di fede ci dice che Dio è creatore di due ordini - quello spirituale, cioè gli angeli, e quello materiale, cioè il mondo terrestre - e dell’uomo che partecipa di questi due ordini, in quanto l’uomo è anima e corpo.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 328, viene ribadito quanto segue: «L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione». Avremo modo di sviluppare e vedere questa testimonianza delle Scritture e della Tradizione. Avremo anche modo di vedere che cosa sono, chi sono gli angeli, quali sono le loro caratteristiche, che relazione hanno col mondo creato, con noi, con Dio. Intanto, faremo una riflessione un po’ più generale, introduttiva, per far capire l’importanza di tornare a parlare di questo argomento.
Il nostro è un contesto chiaramente marcato da un certo materialismo e una declinazione tecnicista, che hanno in qualche modo eliminato l’idea degli angeli, presentandola come qualche cosa che non ha un’oggettività, come una credenza soggettiva, un po’ strana, una proiezione psicologica, dunque qualcosa che non ha una sua oggettività, non ha una consistenza reale. Ora, l’espulsione della ragione metafisica, che è uno degli elementi più dolorosi e drammatici dell’affermazione di questo tipo di mentalità tecnoscientifica, fa sì che anche solo parlando di puri spiriti si viene immediatamente relegati nell’ambito dell’irrazionalità. Magari se ne può parlare in virtù del grande dogma della libertà di pensiero (ma fino a un certo punto, come sappiamo, perché la libertà di pensiero è qualche cosa di abbastanza opinabile), ma è qualche cosa che, secondo questa mentalità, non ha a che fare con il mondo della razionalità, in quanto questa razionalità è solo una razionalità scientifica; non si conosce un altro tipo di razionalità, di accesso alla conoscenza della realtà.
Pensiamo alla distanza siderale tra noi e il Medioevo. Ancora san Tommaso rifletteva sulla convenienza dell’esistenza di puri spiriti. Non era una vera e propria dimostrazione, ma era un ragionamento che faceva vedere come l’affermazione dell’esistenza di questi puri spiriti non solo non è in contrasto con la ragione, la ragione allargata, metafisica, che caratterizzava il Medioevo, ma addirittura è qualche cosa di conveniente alla ragione. Per quale ragione? Perché l’idea metafisica fondamentale è che l’universo esiste perché - come abbiamo visto le scorse volte (vedi qui e qui) - Dio partecipa l’essere e quindi le proprie perfezioni, mediante questo atto di essere, che è circoscritto, è definito dall’essenza di ciò che uno è. Questa idea che il cosmo e tutta la creazione sia una comunicazione di perfezioni divine - essendo Dio intelligenza e volontà somma - fa sì che osservando le intelligenze create percepibili dai sensi, ossia l’uomo, ci rendiamo conto che l’intelligenza umana, per quanto nobile, è limitata. Perché è limitata? Perché ha una conoscenza che innanzitutto parte sempre dai sensi ed è una conoscenza raziocinante, cioè che ha bisogno di successive acquisizioni, che vengono correlate tra di loro, secondo il raziocinio dell’uomo.
Quindi, dice san Tommaso, mancherebbe nella realtà un intelletto che sia più perfetto, che conosca non mediante raziocinio, un processo conoscitivo, ma mediante intuizione. Un intelletto che è veramente capace di intus-legere, di esaurire, per così dire, la conoscenza di qualcosa in un unico atto. Questa è la realtà degli angeli. Ecco perché san Tommaso dice che è conveniente, in questa visione della creazione, la loro esistenza.
Ora, dal punto di vista filosofico, possiamo dire che un certo determinismo non è incompatibile con l’esistenza di realtà spirituali. Cioè l’idea che le realtà spirituali - gli angeli - non possano esistere perché sarebbero in conflitto con il determinismo proprio del mondo, in realtà non è una conclusione corretta. Un certo determinismo, invece, è compatibile con l’esistenza di realtà spirituali secondo il principio per cui tutto ciò che è mosso - cioè che passa dalla potenza all’atto - è mosso da altro. Ed è mosso da qualche cosa che è in atto. Per semplificarla molto, perché non è una lezione di filosofia, cerchiamo di capire il senso.
Una spiegazione scientifica è una spiegazione post-eventum, spiega ciò che è accaduto; o, nella sua predittività, è legata al controllo di alcune variabili: quanto più riesco a controllare le variabili, tanto più riesco a essere predittivo. Rimane fermo però che l’atto libero non è suscettibile di essere previsto scientificamente. Esempio molto semplice: non c’è legge scientifica che possa dimostrare, se non post-eventum, che io in questo momento esco, prendo un vaso e lo tiro giù dalla finestra; è un atto libero, c’è una libertà che interviene. Quindi, il determinismo può dire la velocità che assumerà il vaso nella sua caduta, la forza che andrà a sviluppare colpendo il terreno o qualcuno sulla testa, ma non è in grado di predire l’intervento di una causa libera.
I puri spiriti sono esseri liberi. Dunque, la loro presenza non può essere scartata adducendo argomentazioni di tipo scientifico. E, come vedremo, gli angeli intervengono e governano, ovviamente in subordinazione a Dio, che partecipa loro il governo della creazione.
Un’ultima precisazione. In teologia e anche nella predicazione è successo che una certa sudditanza a questo modo molto restrittivo di comprendere la realtà, esclusivamente dal punto di vista delle scienze sperimentali, ha fatto sì che in qualche modo ci sia un certo imbarazzo a parlare della presenza degli angeli. Per cui è accaduto che sia stata negata la loro realtà, oppure relativizzata. L’angelologia - cioè il discorso teologico specifico sulle creature puramente spirituali, sui puri spiriti - è stata relegata a elemento facoltativo, periferico e comunque estrinseco al discorso teologico. Non è più un capitolo centrale nella riflessione sulla creazione. In particolare il processo di demitizzazione, che è entrato pesantemente anche nella teologia cattolica a partire da Bultmann, ha decisamente tradotto questa capitolazione di fronte alla scienza nell’espulsione degli angeli.
Leggiamo un testo molto significativo, tratto da Teologia del Nuovo Testamento di Bultmann: «Da quando noi conosciamo la potenza e le leggi della natura si è anche estinta ed è scomparsa la credenza nei confronti di spiriti e di demoni. Non si può utilizzare la luce elettrica o gli apparecchi radio, reclamare in caso di malattia mezzi medici e cliniche moderne, e nello stesso tempo credere al mondo degli spiriti e dei miracoli del Nuovo Testamento. Chi pensa di poterlo fare, per suo conto deve vedere chiaramente che ritenendo questo come un’attitudine di fede cristiana rende il messaggio [cristiano] incomprensibile e impossibile per i nostri tempi». È una dichiarazione molto esplicita di questa incompatibilità tra un pensiero, un accesso alla realtà meramente scientifica e la fede. In particolare, se vogliamo essere credibili - dice Bultmann -, se vogliamo parlare al nostro tempo, che è caratterizzato da questa razionalità scientifica, dobbiamo espellere la presenza degli angeli e dei demoni. Quindi questo è il contesto nel quale oggi ci troviamo a parlare di questo capitolo così importante della teologia.
Voglio dare alcune motivazioni perché si possa comprendere l’importanza di tornare a parlare degli angeli, di quelli buoni e di quelli decaduti.
1. La prima ragione, alla luce del contesto che abbiamo tratteggiato e anche del testo di Bultmann, è ricentrare l’angelologia nel discorso teologico e quindi nella predicazione, nell’insegnamento della catechesi, che vuol dire riappropriarsi di uno sguardo metafisico e religioso sulla realtà: in sostanza vuol dire rifiutarsi di abbandonare la realtà, la comprensione del reale a un approccio di tipo scientifico. Ciò non vuol dire che non esiste un approccio di tipo scientifico, ma l’approccio scientifico “ritaglia”, per così dire, una parte della realtà, seleziona una modalità di accesso alla realtà, ma non comprende la realtà.
Dunque, rimettere al centro l’insegnamento della Chiesa e della Rivelazione sugli angeli vuol dire corroborare un approccio che valica la scienza, che rivendica in qualche modo un approccio di tipo metafisico e soprattutto religioso nei confronti della realtà. La realtà è più grande di quella che sta nella nostra osservazione, nelle nostre teorie, nei nostri algoritmi. La realtà non è qualcosa che noi decidiamo, è qualche cosa che ci precede e di fronte alla quale noi dobbiamo avere un atteggiamento primario, fondamentale di ricettività.
2. Secondo punto: la presenza degli angeli, quindi lo studio degli angeli all’interno della storia e della creazione, ci permette di uscire da un altro grande vicolo cieco che sta caratterizzando i nostri tempi anche in ambito teologico e che è quello antropocentrico. È un antropocentrismo per cui sembra che tutta la realtà esista solo ed esclusivamente in funzione dell’uomo e che l’uomo sia in qualche modo il centro di tutta la creazione. L’affermazione, la presenza di miriadi di angeli - come insegna la fede - ci relativizza, ma non in senso negativo: non è che ci “scansa”, come se non avessimo un valore di fronte a Dio, una missione, un’alta vocazione. Dunque, non ci relativizza in questo senso, ma nel senso di farci “rientrare” in un mondo che è molto più vasto del nostro piccolo mondo, della nostra piccola prospettiva umana. E ci eleva a una dimensione che è più ampia, con più ampio spettro: è una relativizzazione buona, che ci fa entrare dentro una prospettiva che ci fa un po’ uscire dal nostro piccolo cantuccio, da una visione delle cose che è diventata eccessivamente antropocentrica.
3. Ancora, parlare degli angeli amplia anche la nostra visione ecclesiologica. Molto spesso abbiamo l’idea che il Regno dei Cieli lo facciamo noi uomini: se non ci fossimo noi uomini - pensiamo - chi potrebbe porre in atto il Regno dei Cieli? In realtà l’esistenza degli angeli ci permette di affermare serenamente che il Regno dei Cieli già esiste, è già abitato e non da quattro gatti, ma da una miriade di angeli. Questo ci “alleggerisce” molto. E dall’altra parte ci fa anche capire che tra le note della Chiesa [unità, santità, cattolicità, apostolicità], quella oggi più misconosciuta è proprio la santità della Chiesa. Quando parliamo di santità della Chiesa, subito si ribatte che “ci sono gli abusi, le eresie, gli errori”: sì, ma la Chiesa è la realtà non solo dei santi, dei beati, ma anche di queste miriadi di angeli che cantano la gloria di Dio. Dunque, la Chiesa è realmente santa e noi dobbiamo entrare in un Regno dei Cieli che non facciamo noi; quindi dobbiamo rispettare una realtà che ci precede, nella quale abbiamo la grande dignità di essere chiamati a far parte, ma non la costruiamo noi. Questo è un discorso molto importante, che ha il suo analogo nella liturgia, che è proprio una partecipazione alla liturgia del Cielo e quindi non può essere qualcosa che facciamo noi, è qualche cosa che riceviamo e nella quale entriamo.
4. Il quarto aspetto, forse anche più importante di tutti gli altri, è il primato dell’adorazione e della contemplazione. Gli angeli, come avremo modo di vedere, e in particolare i primi tra i cori - i serafini, i cherubini e i troni - esistono esclusivamente per Dio, per contemplare Dio, per amarlo, per adorarlo. Un’affermazione del genere ci fa capire che esistono miliardi di creature, che vivono pienamente (non è che vivacchiano) solo di questo. Questo relativizza tutto il nostro correre dietro, affannarci nelle cose o, peggio ancora, tutta quella riduzione del cristianesimo a dimensione puramente sociale, attivistica, del “fare”, secondo il primato dell’ortoprassi non solo sull’ortodossia, che chiaramente procede dalla contemplazione, ma anche sull’adorazione, sulla liturgia, sulla preghiera. Invece l’esistenza di queste creature - gli angeli - ci ricorda proprio il primato dell’adorazione e della contemplazione. E ci aiuta a capire, a valorizzare e ad amare sempre di più quella realtà della Chiesa cattolica che è prettamente contemplativa e che oggi non comprendiamo più. Pensiamo ai monasteri di clausura, alla vita monastica, che oggi vengono intesi come se fossero uno spreco o “un far nulla”, quando invece sarebbe più “cristiano” [in quest’ottica] porsi al servizio del prossimo (posto che bisognerebbe capire che cos’è questo servizio del prossimo). La realtà degli angeli ci dice un’altra cosa.
Non è solo importante affermare l’esistenza degli angeli buoni, perché così si allarga l’orizzonte. Faccio un piccolo inciso. Mi è capitato diversi mesi fa di leggere un articolo, anche interessante sotto certi punti di vista, secondo il quale l’esistenza di extraterrestri, cioè di creature non umane che abiterebbero altri sistemi stellari, sarebbe conveniente perché altrimenti avremmo un universo intero solo per gli uomini. Questa impostazione, tra l’altro scritta da un cattolico, tradisce una lacuna teologica, perché l’universo è popolato non dagli extraterrestri, ma da miriadi di angeli. L’uomo non è l’unica creatura intelligente e libera al di fuori di Dio. Vediamo, dunque, a quale malinteso porta una certa mancanza nella riflessione teologica e nella predicazione.
È importante, come dicevamo, non solo ricomprendere, recuperare l’esistenza degli angeli buoni ma anche degli angeli decaduti, cioè dei demoni. Perché?
1. Prima di tutto perché l’esistenza degli angeli decaduti ci mette chiaramente davanti a un altro dogma della fede cattolica, ossia l’esistenza dell’Inferno e la possibilità reale di finirci dentro.
2. In secondo luogo, questa affermazione permette di inserire la nostra piccola vita, le nostre piccole persone dentro un combattimento cosmico. Cioè l’uomo, quando appare sulla Terra, appare già dentro questo scontro, altrimenti non si comprenderebbe il racconto, nel libro della Genesi, della tentazione dei nostri progenitori. Noi uomini entriamo in una storia che è già segnata: da che cosa? Da uno scontro originario, che ha diviso gli angeli tra coloro che volevano amare, servire, adorare Dio e coloro che si sono ribellati.
3. Dunque, vediamo come siamo - ed è il terzo passaggio - all’interno di una grande battaglia, una grande contesa; e la neutralità non è concepita, non è ammessa, bisogna schierarsi. Questo non significa, come vedremo, che esistano due princìpi uguali e contrari - Bene e Male -, ma sicuramente esistono due forze antitetiche che si contendono, per così dire, i propri alleati, cioè noi uomini. Questo ci fa capire che questo combattimento non è solo a dimensione d’uomo, non si esaurisce nella dimensione umana e non è all’altezza delle capacità umane. Cioè, i conflitti, che pure sono riconoscibili nell’orizzonte umano - conflitti personali, economici, tra le nazioni, ecc. - non esauriscono tutta la realtà del conflitto. Il conflitto è più ampio. Ed ecco perché noi uomini, se comprendiamo questo, dobbiamo, come dice san Paolo nella Lettera agli Efesini (cf. 6, 11-18), prendere le armi della fede, senza le quali è impossibile per l’uomo vincere questa lotta.
Dunque, questa realtà di fede - che, ci dice san Tommaso, è una realtà ragionevole, non è dimostrabile strettamente parlando dal punto di vista della razionalità, ma è ragionevole, è conveniente alla ragione, nel momento in cui abbiamo una visione metafisica della creazione, del cosmo - è importantissima da recuperare, perché questo recupero permette di sanare alla radice i problemi strutturali e profondi del nostro tempo anche all’interno del mondo cristiano e del mondo cattolico.
La prossima volta vedremo come l’esistenza degli angeli sia radicata nei testi sacri e nella Tradizione della Chiesa. Lì cominceremo a tratteggiare molti aspetti importanti. E poi vedremo un po’ più da vicino, in un altro incontro, la natura degli angeli, chi sono, “come sono fatti”, come si relazionano con noi, con la realtà creata e con Dio.