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IL DUELLO/ 19

Perché Dante e Petrarca furono pellegrini diversi

L’uomo medioevale ha una profonda consapevolezza di essere homo viator, dalla Terra verso la vera patria celeste: Dante contempla lo spettacolo della rosa dei beati, come chi giunga alla meta del santuario e trovi ristoro; l’iter circolare del Petrarca lo induce a ritornare negli stessi luoghi alla ricerca di quel volto che ha idolatrato. 

Cultura 23_05_2021

L’uomo medioevale ha una profonda consapevolezza di essere homo viator, in viaggio dalla Terra verso la vera patria celeste, in cammino dalla condizione di peccato verso la beatitudine.

Nella Vita nova Dante presenta dei pellegrini che arrivano a Firenze dopo la morte di Beatrice e allora spiega al lettore:

Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno strecto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo strecto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di Sa’ Jacopo o riede.

Quando si recano a Gerusalemme i pellegrini sono chiamati palmieri, perché portano indietro le palme, se vanno a Roma, sono detti romei. In tutti e tre i casi (che si dirigano a Santiago, a Roma o a Gerusalemme) i pellegrini «vanno in servigio dell’Altissimo» ovvero lo spirito del pellegrino sta in questa offerta riconoscente, in cammino per vedere e per ascoltare Cristo e la sua rivelazione oggi.

Anche nella Commedia Dante utilizza l’immagine dei pellegrini nella prima bolgia dell’ottavo cerchio di Malebolge. Quivi si trovano ruffiani e seduttori che camminano in senso contrario proprio come durante il Giubileo quando, per facilitare l’afflusso della folla, il ponte di Castel Sant’Angelo viene diviso in due da una transenna e

da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro,
da l’altra sponda vanno verso ‘l monte.

Nel canto XXXI del Paradiso, giunto dinanzi alla Candida Rosa, formata dai beati, compare per ben due volte l’immagine del pellegrino: una prima volta quando Dante contempla lo spettacolo della rosa dei beati, proprio come un pellegrino che giunga alla meta del santuario e trovi ristoro nel guardarlo ammirato; una seconda volta, quando si volge verso Beatrice per avere spiegazioni e trova invece un vecchio dall’atteggiamento benevolo. È san Bernardo che lo invita a guardare tutta la Candida Rosa, perché la contemplazione lo preparerà alla visione di Dio. Dante osserva commosso il volto del santo come un pellegrino che non si sazia di vedere il volto di Gesù impresso nel sudario della Veronica, conservato nella basilica di san Pietro. Dante scrive:

Qual è colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l’antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
’Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?’;
tal era io mirando la vivace
carità di colui che ’n questo mondo,
contemplando, gustò di quella pace.

Petrarca riprende questa similitudine in uno dei sonetti più famosi (Canzoniere XVI):

Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
et da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, et dal cami.no stanco
et viene a Roma, seguendo ’l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

La situazione esistenziale dell’uomo è simile a quella di un vecchio stanco, disposto a lasciare tutto, anche la sua famiglia, negli ultimi giorni della sua vita, per recarsi a Roma alla ricerca della Veronica, l’immagine del volto di Cristo effigiata in un’icona bizantina, o più probabilmente nel Santo Volto ora conservato a Manoppello, che all’epoca di Petrarca era ancora visibile a Roma. E proprio il nome della Veronica è celato nell’espressione «forma vera» dell’ultimo verso.

Il sonetto descrive un vecchio che abbandona la famiglia e i luoghi dove ha trascorso tutta la sua esistenza, mosso da un desiderio vivo, sottolineato dal ritmo rapido del primo verso. Infatti, il verbo «movesi», con la particella atona «si» che si appoggia in maniera enclitica al verbo, non ferma il ritmo, ma al contrario lo ravviva. La tenera immagine del vecchio, sottolineata dalla forma vezzeggiativa e dalla dittologia sinonimica «canuto et biancho» si stampa nella mente del lettore.

Se rapida e dinamica è la prima quartina, la seconda trasmette il peso della stanchezza fisica del vecchierello, poiché il ritmo è rallentato dal succedersi degli accenti che riproduce il passo dalla cadenza uno – due, uno – due, propria della camminata e dalla presenza del gerundio «trahendo».

Questo «vecchierel» che lascia tutto, anche i propri familiari per seguire l’ideale, non può non richiamarci la figura dell’Ulisse dantesco che «né dolcezza di figlio, né la pieta/ del vecchio padre, né ‘l debito amore/ lo qual dovea Penelopè far lieta» (Inferno XXVI, vv. 94-96) riuscirono a trattenere dall’«ardore» del viaggio.

Solo la ferrea volontà e l’ardente desiderio possono in qualche modo sopperire alla stanchezza fisica e alla mancanza di energia dettate dagli anni. Nell’armonia e nell’equilibrio del verso («rotto dagli anni, et dal camino stanco») si assiste al tentativo del poeta di trovare quella serenità cui tanto aspirava nella vita reale.

Nelle terzine il vecchierello giunge finalmente a Roma a contemplare quel volto di Gesù che spera di rivedere in Paradiso. Solo nella seconda terzina Petrarca presenta la propria condizione esistenziale, quell’amore per Laura che non lo abbandona mai, che lo rende pellegrino non verso Gerusalemme, Santiago de Compostela o Roma, ma per le strade o per i luoghi conosciuti per cercare «la disïata […] forma vera» di Laura, la sua «Veronica».

La similitudine tra il vecchierello che va a Roma e il Petrarca che cerca Laura è quasi sacrilega e Petrarca sembra esserne cosciente nel confronto impari degli undici versi dedicati al vecchierello e i soli tre versi riservati a se stesso. Il lettore è colto da una sorpresa imprevista: non si sarebbe mai aspettato un confronto tanto audace e stridente.

Il viaggio del pellegrino medioevale condotto in un percorso lineare, ascendente verso il Cielo, contrasta con l’iter circolare del Petrarca che lo induce a ritornare negli stessi luoghi, in maniera quasi ossessiva alla ricerca di quel volto che ha idolatrato. Quanta tristezza il poeta deve avere nel cuore per quella distanza che lo separa da chi nella vita è capace di un amore vero e di scelte definitive!