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Paritarie, qualcosa si muove, ma lo scoglio è sui valori

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Dalla Finanziaria arriva un piccolo sostegno alle paritarie, soprattutto cattoliche: 50 milioni alle scuole dell'infanzia. Un segnale, ma che non affronta il vero scoglio: che senso ha reclamare maggiore libertà se poi molti istituti seguono l’Agenda Europea 2030, nuovo vangelo della società post-moderna?

Educazione 21_10_2023

Il recente disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, guidato dal Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha delineato il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e il bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026. Si tratta ovviamente di un disegno di legge, dunque ancora niente di definitivo, tuttavia al momento contiene alcuni punti di interesse per la scuola, come ad esempio il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione (cinque miliardi di euro stanziati per questa finalità) e l’articolo 20, che si concentra sulle misure di supporto alle scuole dell’infanzia paritarie. Il contributo a queste istituzioni educative, per l’anno 2023 verrà incrementato di 50 milioni di euro, realizzando così un nuovo piccolo passo a sostegno delle scuole paritarie del nostro paese. Nulla di stratosferico, anche perché limitato alle sole scuole dell’infanzia, però un segnale dell’attenzione di questo Governo alla libertà di scelta educativa.

In previsione del varo della nuova Legge di Bilancio, il tema della parità scolastica tende ogni volta a riaffiorare e sulla stampa specializzata appaiono alcuni articoli e interviste al riguardo (interessante l’ampia intervista a Suor Monia Alfieri su Orizzontescuola). Complessivamente, tuttavia, il dibattito langue, pare essere ormai una questione che riguarda solo pochi adepti; a chi interessa, oggi, la libertà di educazione?

La base popolare, costituita prevalentemente da famiglie cattoliche e da persone appassionate al tema della libertà, che per alcuni decenni ha lottato e rivendicato pubblicamente il diritto ad una istruzione libera e pluralista, anche con iniziative di grande rilievo politico e sociale, si è dileguata. E la Chiesa, che da sempre si è spesa per l’educazione delle nuove generazioni, oggi appare impegnata su ben altri fronti e non sembra più particolarmente interessata. Perché tutto questo?

Un primo fattore che ha contribuito al progressivo decadimento dell’attenzione pubblica, è probabilmente da identificarsi nella Legge 62/2000 a firma Luigi Berlinguer (definita tanto genericamente quanto erroneamente “legge sulla parità scolastica”), che ha riconosciuto le scuole non statali come facenti parte del sistema nazionale di istruzione, sebbene a determinate condizioni e soprattutto senza alcun sostegno di natura economica. Parve, a molti, un successo e un traguardo finalmente raggiunto, ma a partire dal varo della L.62, l’asse del dibattito si è via via spostato dalla base popolare agli “specialisti”, rappresentati da associazioni di scuole non statali, giuristi e politici, ai quali è stata quasi firmata una sorta di delega in bianco da chi, fino ad allora, aveva avuto in mano il pallino delle rivendicazioni. Il dibattito, così, è diventato sempre più “di nicchia” e, come conseguenza, abbiamo assistito ad un progressivo indebolimento della coscienza collettiva a riguardo della imprescindibile importanza della libertà di educazione. Quanti giovani, oggi, anche nel mondo cattolico, sanno di cosa si tratta e perché è fondamentale? Quanti sarebbero realmente disposti a scendere in piazza per difenderla?

La Legge 62/2000, da questo punto di vista, è stato un modo molto intelligente ed efficace per disinnescare sia la protesta contro il monopolio statale dell’istruzione sia la legittima richiesta di una maggiore libertà di educazione. Altri risultati di vero rilievo, a onor del vero, non se ne vedono, e la sconcertante erosione, in questi ultimi anni, del numero di scuole paritarie nel nostro paese, ne è un segnale inequivocabile. Certamente, lo sforzo delle associazioni di scuole e di alcuni politici ha ottenuto – sia pure con enormi sforzi e non pochi contrasti - un progressivo incremento delle risorse economiche a favore delle paritarie, che però restano sempre ampiamente al di sotto delle necessità minime perché si possa parlare di una reale parità scolastica. In cambio, tra l’altro, di una sensibile diminuzione degli spazi di libertà di gestione, di impostazione educativo-didattica (con conseguente allineamento alle parole d’ordine mainstream…) e di un sensibile incremento dei costi, conseguente al carico di obblighi normativi cui ottemperare.

Altro fattore che ha contribuito al progressivo indebolimento dell’importanza del tema in questione, di natura più generale ma non per questo meno grave, è il declino impressionante, cui stiamo assistendo, della coscienza di ciò che vale davvero, ciò che è buono, ciò che è giusto, sotto la terribile pressione omologante della cultura relativista e nichilista che ci pervade tutti.

Profeticamente, don Luigi Giussani (grande educatore) diceva nell’anno 2003: «Se ci fosse un’educazione del popolo, tutti starebbero meglio»; a vent’anni di distanza da queste illuminate parole, oggi non solo manca l’educazione, ma pare non esserci più nemmeno il popolo. Innanzitutto perché si sta dissolvendo la famiglia, attaccata da ogni lato e ridicolizzata dalla cultura imperante, come drammaticamente vediamo sempre più ogni giorno che passa;  poi, perché sta scomparendo la fede cattolica (e, con essa, la spinta propulsiva dei movimenti ecclesiali), che ha rappresentato per secoli la polla sorgiva e il collante del nostro popolo. E anche questo è sotto gli occhi di tutti.

Il terribile livellamento verso il basso di tutti i valori, l’omologazione del pensiero, delle parole e delle azioni, fanno apparire quasi fuori dal tempo e dalla storia la richiesta di libertà di educazione. A cosa potrebbe servire, quando non ci sono più certi valori da difendere e da testimoniare alle nuove generazioni? Perché mai chiedere spazi di educazione libera, quando in fin dei conti tutti – a parte qualche superstite di un’epoca considerata ormai passata, che cerca disperatamente rifugio nell’istruzione parentale - la si pensa nello stesso modo e tutti (comprese tante scuole non statali e buona parte delle realtà ecclesiali…) seguono l’Agenda Europea 2030, nuovo vangelo della società post-moderna?

Questa, dunque, è la vera sfida, ardua e drammatica, che abbiamo di fronte: ricostruire un popolo che sta venendo meno, recuperando innanzitutto l’autentica fede cristiana che ne è stata origine e sostentamento. Come potrà avvenire questo? Senz’altro si dovrà dolorosamente toccare il fondo di questa crisi epocale, perché le coscienze si ridestino, ma non vi è altra strada. Perché nulla è tanto assurdo quanto la risposta a una domanda che non si pone più.