Paglia non può più guidare la PAV
Nell'intervista a Tempi.it monsignor Paglia avalla l'eutanasia (chiamandola rifiuto dell'accanimento terapeutico) e legittima la strumentalizzazione del Magistero da parte del giudice che ha messo a morte Alfie. Semplicemente: Paglia non può restare a capo della Pontificia Accademia per la Vita.
Già diverse volte nel passato gli interventi e le decisioni di monsignor Vincenzo Paglia hanno dato adito a polemiche, ma mai – come nell’intervista a Tempi.it - si era spinto così in là nell’esprimere tesi incompatibili con il ruolo di difensore della vita che ricopre. E mai era accaduto che un importante uomo di Curia avallasse pubblicamente la strumentalizzazione del Magistero della Chiesa per interessi di parte, quali sono, ad esempio, quelli del giudice che ha condannato a morte il piccolo Alfie Evans tramite distacco del respiratore.
Così stiamo per assistere impotenti all’eutanasia praticata su un infante, con l’approvazione della Santa Sede.
Dopo la pronuncia della sentenza dello scorso 20 febbraio, quando il giudice Anthony Hayden ha usato il messaggio sul fine vita inviato nel novembre scorso da papa Francesco a monsignor Paglia - in occasione di un convegno ospitato dalla Pontificia Accademia per la Vita (PAV) – per giustificare la sua decisione di morte, il centralino di Santa Marta è stato preso d’assalto per giorni da fedeli che chiedevano un intervento del Papa per sottrarsi alla strumentalizzazione delle sue parole. Nessuna risposta è però arrivata dalla Santa Sede, da quella Sala Stampa che in altre occasioni è stata così sollecita e brusca nel correggere magari qualche cardinale.
Le parole di monsignor Paglia nell’intervista ci fanno capire il perché. E del resto, dopo aver letto la brillante analisi del nostro Tommaso Scandroglio, capiamo che la forzatura del giudice Hayden è nulla se confrontata con l’interpretazione creativa del Magistero offerta da monsignor Paglia. Le parole restano le stesse ma il significato è ormai molto diverso. Il concetto di accanimento terapeutico, così chiaramente definito nel Catechismo, lo si estende fino a inglobare l’eutanasia passiva. In pratica, dobbiamo pensare che per monsignor Paglia si comincia a parlare di eutanasia solo se si provoca la morte con una puntura, come per i condannati a morte.
Certo, come lo stesso Paglia mette in evidenza nell’intervista, la sua posizione è tutt’altro che isolata, ma resta il fatto che contraddice gravemente ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. E fa di monsignor Paglia una persona assolutamente inadeguata per guidare una Pontificia Accademia per la Vita che san Giovanni Paolo II aveva voluto con ben altri scopi.