Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
La sperimentazione

Ormoni blocca-pubertà, il Regno Unito usa i minori come cavie

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Il National Health Service ha annunciato il prossimo avvio di uno studio clinico su 226 minori di 16 anni per testare gli effetti degli ormoni blocca-pubertà nel trattamento della “disforia di genere”. Un esperimento immorale e proposto quando i danni di questi ormoni sono già noti.

Vita e bioetica 27_11_2025

Nonostante lo scandalo legato alla clinica Tavistock di Londra, nel Regno Unito ci si appresta a fare nuovi esperimenti su minori che si sentono confusi rispetto alla loro identità sessuale. Il National Health Service (NHS), il servizio sanitario britannico, sosterrà infatti uno studio clinico del King’s College di Londra, che sarà condotto – pare già dal 2026 – su un totale di 226 minori, con un’età compresa tra i 10 e i 16 anni (l’età massima prevista è di 15 anni e 11 mesi). I ricercatori prevedono di iniziare lo studio con un primo gruppo di 113 bambini e adolescenti che assumeranno ormoni soppressori della pubertà per due anni. La restante metà comincerà un anno dopo il primo gruppo. Entrambi i gruppi saranno soggetti a visite di controllo per ancora altri due anni. I minori che parteciperanno all’esperimento avranno bisogno del consenso dei loro genitori o del tutore legale, nonché una diagnosi di “disforia di genere” fatta secondo gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Il via libera allo studio clinico fa seguito al Rapporto Cass, che aveva avanzato dure critiche nei confronti del «Servizio di sviluppo dell’identità di genere» allora in vigore al Tavistock Centre, un sistema che dagli anni Ottanta del XX secolo ai giorni nostri ha deturpato il corpo di migliaia di bambini e adolescenti. Da un lato, va ricordato che il rapporto indipendente redatto dalla pediatra Hilary Cass ha avuto il merito di porre un freno all’ideologia transessualista nella sanità oltremanica; dall’altro, non è stato abbastanza netto nel dire un no definitivo a qualunque ipotesi di bloccare la pubertà in vista del cosiddetto “cambio di sesso”, suggerendo «un protocollo di ricerca» che avevamo già criticato a suo tempo (vedi qui e qui). Il perché della critica è chiaro: bambini e ragazzini verranno usati come cavie umane, quando peraltro sono già evidenti i danni recati dagli ormoni blocca-pubertà. Del resto, dovrebbe bastare il buonsenso: quale tipo di beneficio si crede di ottenere bloccando quello che è il normale sviluppo psicofisico dell’uomo?

A guidare lo studio clinico sarà la professoressa Emily Simonoff, docente di psichiatria infantile e adolescenziale al King’s College, che ha affermato che i soggetti che parteciperanno allo studio potrebbero continuare ad assumere gli ormoni blocca-pubertà anche al termine della sperimentazione, «se ciò sarà ritenuto clinicamente appropriato». Ma se questo è già preoccupante, ancora di più lo è quello che la stessa ricercatrice capo afferma a proposito di questo esperimento, unico nel suo genere: «Una delle cose davvero importanti che stiamo facendo è verificare se esistono possibili rischi per lo sviluppo cerebrale, conducendo il primo studio in assoluto sullo sviluppo cognitivo, ovvero il pensiero, l’apprendimento e la memoria». Aggiunge la Simonoff: «Eseguiremo una scansione del cervello dei giovani che assumono ormoni per sopprimere la pubertà e di quelli che non li assumono: è la prima volta che viene fatto». È la conferma che quei 226 minori saranno trattati come animali da laboratorio, ignorando il principio morale per cui l’essere umano non può essere usato come mezzo.

Posto che nessuna presunta esigenza conoscitiva può giustificare una simile sperimentazione sulla pelle di bambini e adolescenti, quel che è necessario sapere lo si sa già. Come osserva giustamente Sarah Vine sul Daily Mail: «Se il National Health Service desidera raccogliere prove e dati sugli effetti di questi farmaci sui minori di 16 anni, non deve fare altro che consultare le cartelle cliniche dei pazienti che sono stati curati presso le sue strutture, il cui numero supera di gran lunga quello proposto per questa sperimentazione, arrivando a circa 9.000 in totale». Gli effetti di cui sopra sono nocivi. In particolare, nelle femmine, le sostanze blocca-pubertà possono indurre sintomi della menopausa, come vampate di calore e annebbiamento mentale; nei maschi, bloccano lo sviluppo degli organi sessuali e a lungo termine possono compromettere la fertilità. In generale, il loro uso è fonte di sbalzi d’umore, ansia, depressione, riduzione della densità ossea.

L’annuncio dell’imminente avvio dello studio clinico ha suscitato la reazione di una serie di associazioni, politici (come la leader dei conservatori, Kemi Badenoch) e anche singoli attivisti che denunciano la pericolosità dei trattamenti per l’illusorio “cambio di sesso”. Tra loro c’è Keira Bell, una giovane donna che da minorenne aveva intrapreso la cosiddetta “transizione di genere” presso la clinica Tavistock, iniziando con gli ormoni blocca-pubertà, per finire – ormai maggiorenne – con una doppia mastectomia. La sua presunta “disforia di genere” era in realtà una depressione non diagnosticata. Solo dopo l’operazione chirurgica Keira ha realizzato l’inganno in cui era caduta (leggi qui la sua storia raccontata dalla Bussola). E da anni, dopo aver denunciato la stessa Tavistock per l’approssimazione con cui trattò il suo caso, si batte perché altri non cadano nel suo stesso errore. E adesso Keira, insieme ad altri che si oppongono al transessualismo, ha annunciato che lancerà un’azione legale se lo studio clinico non verrà bloccato.

Emblematico quello che Keira Bell ha scritto questa settimana su X, ricordando gli effetti da menopausa da lei subiti a causa degli ormoni blocca-pubertà, un trattamento che «non mi ha fornito una “pausa” per pensare e riflettere come sostengono questi medici», cioè coloro i quali sostengono che sia bene usare tali ormoni come “rimedio” temporaneo. «In realtà ero sempre più disperata», aggiunge Keira, e come la stragrande maggioranza degli adolescenti che assumono i soppressori della pubertà ha proseguito la “transizione di genere”, credendo che questa fosse la soluzione, quando invece le ha arrecato danni permanenti. Danni che un bambino o anche un adolescente non è certo in grado di valutare nel momento in cui inizia il percorso per il “cambio di sesso”, per cui qui nemmeno si può parlare di consenso informato. Che peraltro dovrebbe cedere il passo al principio fondamentale della medicina: primo, non nuocere.

L’unica soluzione razionale e davvero umana è quella di aiutare i minori a riconoscere che il loro corpo non è mai sbagliato, ma è un dono da custodire.



CHIMERE LGBT

Clinica per il cambio di sesso a processo: «Noi usati come cavie»

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REGNO UNITO

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