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AFRICA

Ordinarie storie di corruzione e di malaffare

Mentre le loro popolazioni vegetano nella miseria più nera, i capi
di governo del Ciad e del Sudan scialaquano disinvolti.

Attualità 13_02_2012
Idriss Deby Itno

 

È una ben magra consolazione scoprire che “tutto il mondo è paese”. Ma almeno serve a spostare per un momento l’attenzione a qualcos’altro che non siano i nostri tanti politici incapaci di resistere alla tentazione di approfittare delle cariche che occupano per ricavarne vantaggi e benefici personali.
In Ciad, per esempio, il presidente Idriss Deby Itno [nella foto] deve arrotondare per bene il suo stipendio di capo dello stato, posto che ne percepisca uno, se è stato in grado di donare ad Amani, la propria fidanzata, oro, diamanti e gioielli per cinque milioni di dollari e di pagare alla sua famiglia un prezzo della sposa da record: 21 milioni di dollari, depositati su un conto del di lei padre in una banca sudanese.

Al potere dal 1990 con un colpo di stato, dal 2003 Deby può contare sui proventi che derivano dallo sfruttamento dei giacimenti di petrolio del paese ed è ben deciso a non rinunciarvi: è uno dei tanti capi di stato africani che è riuscito a far eliminare dalla costituzione l’articolo che proibiva ai cittadini ciadiani di svolgere più di due i mandati presidenziali e difatti lo scorso aprile si è candidato alla carica per la quarta volta e per la quarta volta è stato eletto.

La cooperazione internazionale allo sviluppo si è fatta carico della costruzione di un oleodotto lungo 1.100 chilometri che porta il greggio ciadiano fino alle coste del Camerun consentendone la commercializzazione. In cambio Deby si era personalmente impegnato a destinare una parte consistente del ricavato alla lotta contro la povertà e ad accantonarne il 10% in un "fondo per le generazioni future". Ma alla fine del 2006 questo fondo è stato soppresso e inoltre da allora una parte crescente degli introiti petroliferi è stata destinata a potenziare il settore della sicurezza nazionale, stornandola dai programmi di sviluppo e assistenza: tra il 2004 e il 2010 le spese militari sono cresciute fino a raggiungere il 234 milioni di euro all’anno. Un dettaglio importante è che per "sicurezza nazionale" si deve intendere più che altro la difesa del regime di Deby, minacciato da un’opposizione armata che da anni tenta di rovesciarlo.

La magra consolazione di cui si diceva svanisce se però si considera che tuttavia il Ciad è stato incluso tra i paesi HIPC, una iniziativa internazionale varata nel 1999 grazie alla quale i debiti contratti dai paesi più poveri con il Fondo monetario internazionale e con la Banca mondiale vengono saldati dagli stati che hanno aderito al progetto. L’Italia, ad esempio, vi partecipa con un fondo di 4,78 miliardi di euro.
Che il Ciad sia uno dei paesi più poveri del mondo non c’è dubbio. Nell’Indice dello sviluppo umano 2011 occupa il 183° posto su 187 paesi classificati, oltre metà della sua popolazione vive sotto la soglia della povertà.

Ma le nozze del presidente con Amani, celebrate il 10 gennaio a Khartoum, la capitale del Sudan, pare che siano costate 20 milioni di dollari. Di tanti che avrebbero potuto, e a parere di chi scrive dovuto, protestare - Banca mondiale, Fmi, l’Italia e altri stati, sia in quanto finanziatori o membri dei due organismi suddetti sia in quanto stati aderenti all’HIPC... - nessuno pare abbia alzato la voce, almeno per ora. Solo i familiari della prima moglie di Deby, Hinda, si sono risentiti. Per la verità hanno fatto di più. Infatti hanno invano cercato di scovare qualche zona oscura nel passato della giovane fidanzata che ne mettesse in dubbio l’onorabilità. Ma presumibilmente a muoverli è stata la preoccupazione per i favori che la nuova sposa otterrà per sé e per la propria famiglia, a scapito loro.

A completare il quadro si aggiunge un ulteriore particolare. Amani, la nuova first lady, è figlia di Musa Hilal, capo delle milizie sudanesi note come janjaweed: quelle di cui il presidente del Sudan, Omar Hassan el Bashir, si è servito per infierire contro le etnie di origine africana del Darfur scatenando un conflitto, non del tutto terminato, che ha provocato finora due milioni di sfollati e profughi e alcune centinaia di migliaia di vittime. Dal 2007 la comunità internazionale finanzia in Darfur una missione di peacekeeping affidata alle Nazioni Unite e all’Unione Africana, nota con l’acronimo Unamid, e nel 2009 la Corte penale internazionale ha incriminato el Bashir per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio commessi in Darfur. Ebbene, al matrimonio del presidente Deby con Amani ha partecipato il capo dell’Unamid, Ibrahim Gambari. Sul web è possibile trovare fotografie che immortalano Gambari e el Bashir mentre si sorridono e si salutano calorosamente.