Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico
ORA DI DOTTRINA / 48 - LA TRASCRIZIONE

Onora il padre e la madre - Il testo del video

Dopo i primi tre comandamenti, quelli rivolti direttamente a Dio, iniziamo gli altri sette, che riguardano le relazioni tra uomini, ma con un'avvertenza: il prossimo si ama solamente in Dio. Nel quarto comandamento c'è tutta la realtà del matrimonio e della famiglia. Ed esso è anche uno dei fondamenti della Dottrina sociale della Chiesa.

Catechismo 04_12_2022

Introduciamo oggi l'altra “tavola della legge, ossia i comandamenti che vanno dal quarto al decimo e che riguardano le relazioni tra gli uomini.

Capiamo insieme la strutturazione del decalogo: i primi tre comandamenti sono quelli rivolti direttamente a Dio, sono quelli che reggono tutta la normativa del decalogo. Non dobbiamo pensare però che gli altri sette siano alternativi ai primi tre, siano più importanti quando non esclusivi. Nella mentalità comune e nel modo di parlare infatti, la fede è spesso ridotta ad una buona pratica nei confronti del prossimo. Ma questo significa tradire il senso che ci dà la Rivelazione sui comandamenti, dove appunto i primi tre reggono l'intero edificio della legge di Dio.

Le tavole della legge rispondono al duplice comandamento, che poi è uno solo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27)

L'orientamento è verso Dio, è assorbito in Dio; il duplice comandamento non è una dicotomia, non significa dividere il cuore in due, ma nell'unico amore che dobbiamo avere per Dio entra anche il prossimo. Il prossimo è esso stesso amato da Dio ed è fatto ad immagine e somiglianza di Dio: quindi l’amore al prossimo è in ordine a Dio.

Questa è la ragione per cui i sette comandamenti che seguono sono intimamente ancorati nei primi tre. Non è possibile amare veramente e autenticamente il prossimo se non lo amiamo in Dio, se non amiamo Dio. Dio è il primo e Dio è tutto, quello che noi amiamo "oltre" Dio, noi realmente lo amiamo in Dio e per Dio.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, dal n. 2197 in avanti, c'è una trattazione molto ben fatta che amplia l'orizzonte del quarto comandamento.

"Onora il padre e la madre": all'interno di questo comandamento c'è tutta la realtà del matrimonio e della famiglia. In questa lezione non ne parliamo a livello sacramentale, lo faremo quando vedremo i sette sacramenti; però il Catechismo fa notare che il precetto di onorare il padre e la madre ha una prospettiva molto più ampia di quella che si potrebbe pensare.

Nell’articolo 2197 si dice:

“Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori, ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità”.

Il quarto comandamento è l'anello dei sette comandamenti che si stringe in modo più diretto con Dio, perché Dio è creatore, datore di Vita, datore di ogni bene e questo si riflette in modo particolare nella figura dei genitori che trasmettono il bene della vita e della conoscenza di Dio. In modo analogico, anche qualsiasi autorità che Dio istituisce perché custodisca la vita, il bene, la verità, perché li promuova - questo è il fine ultimo di ogni autorità – richiede di essere onorata.

Nei nn. 2198 - 2199 si fa notare che questo comandamento è uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa, in particolare "il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti".

Si tratta di un riassunto di questo comandamento. Faccio notare come in fondo la società naturale si fonda su questo comandamento e su questa relazione: un'idea che è bene riprendere perché è stata spazzata via dalla modernità, specie negli ultimi decenni. Oggi l'idea dell'autorità genitoriale, del rispetto e della riconoscenza verso gli antenati è scomparsa e si sta affermando un'idea individualista, in cui l'uomo è slegato da tutti, come se esistesse da solo, senza padre né madre, senza una linea genealogica, una tradizione familiare, senza radicamento in una cultura e in un territorio. L’individuo si trova così solo di fronte ad un’autorità che non è più tale perché, invece che proteggere il bene della persona, la fagocita.

Più in generale questo comandamento ci mette davanti la grande realtà della coppia che si unisce in matrimonio e della famiglia che viene generata da questa coppia. Tale coppia, a sua volta, ha dei genitori ed un contesto familiare di provenienza. Ecco che la famiglia è la cellula vivente del corpo della società.

Nel n. 2201 il Catechismo sottolinea:

“La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli. L'amore degli sposi e la generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una medesima famiglia relazioni personali e responsabilità primarie”.

Il perno è il mutuo consenso degli sposi. Il matrimonio cristiano eleva una realtà che di per sé è naturale, che si fonda appunto sul mutuo consenso tra gli sposi. Tutta la legislazione canonica della Chiesa sul matrimonio concentra in modo prevalente sul consenso degli sposi la validità o meno di un matrimonio. Se il consenso degli sposi non c'è o è viziato alla radice, non c'è il matrimonio, anche se c'è una cerimonia pubblica.

Il matrimonio è dunque fondato sul consenso degli sposi; questo consenso e la famiglia che nasce dagli sposi sono ordinati al bene proprio degli sposi, alla generazione dei figli ed al bene dei figli, tramite l'educazione umana e cristiana.

Il quarto comandamento richiede questa premessa: perché si deve onorare il padre e la madre? Perché si riconosce la struttura fondamentale che è quella del matrimonio e della famiglia.   

“Un uomo e una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità; si impone da sé. La si considererà come il normale riferimento, in funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela” (§ 2202).

Questo paragrafo è decisivo. Il matrimonio è formato dall'unione di un uomo e di una donna. Non esistono altre forme di unione che possono essere paragonate o ritenute, in linea di diritto o di fatto, un matrimonio. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte dello Stato, che non deve stabilire, ma deve prendere atto. Il matrimonio non è una concessione dello Stato, non è qualcosa che il potere politico può riconoscere o meno, ma è un dato di fatto che si impone da sé. È un diritto naturale e qualsiasi potere deve semplicemente riconoscerlo e prenderne atto.

Un pensiero analogo lo troviamo nei numeri successivi, dal 2209 al 2211: “La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l'istituto familiare”. Non di sostituirle, non di reprimerle, ma di sostenerle. “In base al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno dall'usurpare le loro prerogative o di ingerirsi nella loro vita” (§ 2209).

Questo numero è la conseguenza di quanto abbiamo poc'anzi detto. Essendo la famiglia una realtà naturale che precede tutte le altre, inclusa quella statale, di conseguenza le comunità più grandi e potenti devono guardarsi dall’usurpare le prerogative proprie della vita familiare, astenersi e dall'ingerirsi nella realtà della famiglia, ma al contrario devono supportarla laddove è nel bisogno.

“L’importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri come «come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica»”(§ 2210). Essendo la famiglia la cellula vivente del corpo sociale e i poteri che presiedono al corpo sociale devono mantenere in vita o curare, quando necessario, questa istituzione.

Al 2211 vengono poi elencate tutta una serie di modalità concrete con cui la famiglia deve essere sostenuta, onorata, rispettata dalla comunità politica. Prima di tutto "la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie convinzioni morali e religiose”. E ancora “la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto familiare”. La famiglia non deve solo essere sostenuta, ma anche difesa da forme che nulla hanno a che vedere con la famiglia ed il matrimonio vero e proprio. Inoltre, “la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie; il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un'attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare”.

Anche questo aspetto oggi viene tremendamente minacciato. Se alla famiglia non viene assicurata la possibilità di avere delle proprietà, di sviluppare un'attività per il proprio sostentamento, non viene garantita la possibilità di procurarsi un lavoro, una casa, di spostarsi, etc., allora chiaramente la famiglia è minacciata nella sua concretezza. Qualsiasi attentato alla possibilità concreta di intraprendere delle attività, così come qualsiasi limitazione arbitraria per il sostentamento della famiglia lede il diritto fondamentale della famiglia. Il bene maggiore della società è sempre il bene della famiglia e non può essere ottenuto tramite il sacrificio della famiglia e di quelle condizioni concrete perché una famiglia possa esistere.

Il n. 2211 prosegue: devono essere riconosciuti “il diritto, in conformità alle istituzioni dei paesi, alle cure mediche, all'assistenza per le persone anziane, agli assegni familiari; la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.”. Vedete come queste cose devono essere vietate dall’autorità pubblica, perché minacciano non solo il bene della persona, ma anche quello della famiglia. Infine, “la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili”.

All'interno della famiglia naturale, la famiglia cristiana, per mezzo del sacramento del matrimonio, viene elevata ad essere UN SEGNO TRINITARIO.È la manifestazione creata della Trinità increata. Anzitutto esprime in se stessa l'aspetto della comunione: chiaramente se in Dio la comunione è perfetta, nella famiglia è imperfetta; ma nella comunione dei suoi membri la famiglia può diventare un riflesso della comunione trinitaria.

Nella famiglia c’è anche il PRINCIPIO DI GENERAZIONE, perché nella Trinità c'è una vita di generazione.

La famiglia cristiana acquista il senso di una CHIESA DOMESTICA: rispetto alla società la famiglia è la cellula originaria e quindi la salute della società dipende dalla salute delle cellule. Rispetto alla Chiesa, la famiglia è la cosiddetta chiesa domestica.
Cosa vuol dire? Significa che ai genitori è affidato il compito primario di custodire e trasmettere la fede. Non basta delegare a qualcuno la formazione cristiana dei nostri figli, per esempio alla parrocchia; primaria rimane la trasmissione della fede attraverso la famiglia. Ma per poter fare questo, la famiglia deve essere a sua volta evangelizzata. Se non ricevo non posso trasmettere.

Ripetiamolo: è LA FAMIGLIA LA PRIMA EDUCATRICE; la Chiesa non deve adottare anch'essa la logica assistenzialista e nemmeno vi deve essere uno "strapotere" clericale che impone ai figli una educazione cristiana, che li estromette dalla fede ricevuta in famiglia.  Le radici e l'ambiente della crescita cristiana sono nella famiglia.