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LA CONTRADDIZIONE

Omofobia, Conte e Mattarella svelano l’intolleranza di Stato

Gli interventi di Conte e Mattarella in occasione della “Giornata mondiale contro l’omofobia” sono un assist per l’approvazione della proposta di legge Zan, che renderebbe perseguibile qualsiasi considerazione sull’omosessualità contraria a ciò che stabilisce lo Stato-etico. Una legge contro l’omofobia sarebbe distruttiva della convivenza sociale. E porrebbe grandi interrogativi sulla libertà sessuale.

Vita e bioetica 19_05_2020

Una legge contro l’omofobia sarebbe distruttiva della convivenza sociale e porterebbe con sé forme politiche di totalitarismo. Tutto il contrario, in altre parole, di quanto detto dal presidente Mattarella e dal premier Conte in occasione della “Giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia” del 17 maggio con i quali siamo in totale e pieno disaccordo.

In Parlamento giace una proposta di legge - la famosa o famigerata legge Zan - che renderebbe perseguibile qualsiasi opinione o considerazione sull’omosessualità o su altri cosiddetti orientamenti sessuali non allineata a quanto stabilito dalla Stato-etico.

In altre parole, sarebbe obbligatorio aderire alla visione morale dello Stato che da un lato si proclama laico e neutro e dall’altro pretende di insegnare ai cittadini cosa sia la sessualità, l’identità di maschio e di femmina, la procreazione, la famiglia, la cura dei figli. Oltre ad insegnare la morale, però, come fanno gli Stati totalitari, punisce chi dissente sentendo esso il dovere, come tutti gli Stati totalitari, di rieducare i cittadini e di cambiare la loro natura, come prevedeva Rousseau, grande antesignano di queste cose. Gli interventi di Mattarella e di Conte nella Giornata del 17 maggio sono stati due forti spinte all’approvazione di questa legge riprovevole, una specie di richiamo all’ordine per un Parlamento - poveretto! - già ridotto a bivacco di mascherine e al fantasma di se stesso dai DPCM per il coronavirus.

Si dirà che proprio perché lo Stato è neutro e laico deve tutelare la dimensione pubblica della libertà sessuale in tutte le sue versioni. Qui però subentrano due grosse difficoltà.

Dire che ogni libertà sessuale è buona significa non avere criteri per valutare il valore o il disvalore pubblici della libertà sessuale. Se tutti hanno il diritto non solo di fare (in privato) tutto quello che vogliono (il che cade sotto la morale ma non sotto il diritto o la politica) ma anche il diritto che a ciò sia riconosciuto uno statuto pubblico (il che cade sotto il diritto e la politica), allora qualsiasi tipo - diciamo così - di performance dovrebbe essere giuridicamente e politicamente riconosciuto e contemplato. A questo punto però Mattarella e Conte dovrebbero rispondere a questa domanda: davanti a quale atteggiamento sessuale lo Stato deve fermarsi e dire di no, non avendo esso nessun criterio per fermarsi e dire di no? Perché non disciplinare giuridicamente e politicamente la pedofilia? Perché dire no al matrimonio combinato tra un anziano e una bambina? Perché non contemplare anche in Italia l’incesto? Perché non tutelare le relazioni sessuali con un animale o un albero? Perché non permettere la masturbazione o anche l’attività sessuale in pubblico?

Se la laicità consiste nel proteggere da discriminazioni la libertà sessuale, qualsiasi espressione di libertà sessuale dovrebbe essere tutelata. Uno Stato che non conosce il limite fa paura. Uno Stato che sa dire tanti no, ma non quelli giusti, fa paura.

La seconda difficoltà è ancora più stringente. Se lo Stato assume in assoluto il principio della lotta all’intolleranza, è destinato a diventare intollerante. Questa è la malattia delle democrazie senza valori - come diceva Giovanni Paolo II - che sono destinate a trasformarsi necessariamente in totalitarismo. Gli interventi di Mattarella e Conte dicono che in campo sessuale non c’è nessun valore che non sia la completa libertà sessuale. Dicono anche che ammettere questo principio è tolleranza, mentre ritenere che nella vita sessuale ci siano dei valori da rispettare come condizione per assegnare a quella vita sessuale una dignità pubblica sia intolleranza. Quindi essi devono impedire a chiunque di dire che ci sono dei disvalori che non si possono tollerare, e impedendo di dire questo in pubblico diventano intolleranti. Conte e Mattarella devono essere intolleranti se conseguenti con quanto dicono, devono cioè impedire per legge a chi sostiene che ci siano dei disvalori da non tollerare di dirlo e di impegnarvisi. Ed ecco la legge Zan, che serve proprio a questo, a tappare le bocche.

Ma la loro contraddizione è anche più profonda. Ammettendo nella pubblica piazza tutte le performance sessuali e negando in questo campo l’esistenza di disvalori che non possano essere tollerati, loro malgrado (e a loro modo) enunciano un valore: quello della libertà senza criteri, quello dell’equivalenza di tutte le performance sessuali. In questo modo prima di tutto si contraddicono, dato che una volta affermano che non esistono valori e un’altra dicono che esiste un valore, quello secondo cui non esistono valori, ma anche si condannano da soli, perché questo valore essi lo pongono come un valore assoluto, ossia intollerante, non ammettono deroghe nei suoi confronti. La tolleranza viene quindi imposta in modo intollerante il che - almeno fino a che rimane ancora in vigore il principio omonimo - è una contraddizione. La tolleranza assoluta è intollerante perché deve vietare di pensare che non tutto si debba tollerare.

Chiedo la libertà vera di tollerare il tollerabile e di non tollerare l’intollerabile. E sono sicuro che a determinare ciò che è tollerabile o intollerabile non possono essere né Conte né Mattarella, né lo Stato che essi rappresentano. Quando lo fanno - e lo hanno fatto il 17 maggio - sono intollerabili.