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l'appello

Oltremanica chiama Oltretevere: salviamo la Messa in latino

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50 anni dopo la "lettera di Agatha Christie" per chiedere a Paolo VI di conservare il rito antico, sempre dall'Inghilterra una nuova lettera chiede a Francesco di non porvi fine. E smentisce qualche cliché sugli "indietristi".

Ecclesia 05_07_2024

L'avamposto della Messa in latino, oggi come 53 anni fa, parla inglese. Più di mezzo secolo dopo la “lettera di Agatha Christie” che “strappò” a Paolo VI l’indulto per la celebrazione limitata del rito tridentino in Inghilterra e Galles, è ancora una volta il Times ad ospitare una supplica di diverse personalità britanniche diretta a chiedere al Pontefice regnante di non toccare la liturgia tradizionale.

L’appello porta le firme di personalità del calibro del premio Oscar Julian Fellowes, della soprano di origini maori Kiri Te Kanawa, dell'imprenditore alberghiero Rocco Forte della famosa catena omonima, del compositore Andrew Lloyd Webber, dell'ex capo di Stato maggiore della difesa del Regno Unito Jock Stirrup, della modella Bianca Jagger. E poi ancora principesse, membri della Camera dei Lord, finanzieri, giornalisti, storiche, designer.

Gli "indietristi" che forse il Vaticano non si aspettava e che sicuramente non si aspettavano quei prelati/docenti abituati ad attribuire problemi psicologici a chi ama ancora la cosiddetta Messa antica. La ragionevolezza di una causa non deriva dalla posizione sociale di chi la sostiene e c'è da dubitare che l'argentino Francesco, così attento all'immagine di Papa vicino ai poveri, si lasci convincere da una supplica di un gruppo di ricchi e influenti inglesi, ma certamente l'iniziativa sfata lo stereotipo che vuole la comunità trad emarginata e persino "disturbata". 

Ma, si sa, i disegni della Divina Provvidenza sono imperscrutabili e più di mezzo secolo fa il precedente passato alla storia per la firma della non cattolica Agatha Christie ebbe successo, come ricorda – con tono non certo dispiaciuto – Andrea Tornielli, attuale direttore della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione vaticana, nella sua biografia di Paolo VI. La nuova petizione sul Times si colloca nel solco di quella del 1971, sia per la presenza di non cattolici, sia per le argomentazioni: la Messa tridentina, vi si legge, «appartiene alla cultura universale» e «ha ispirato risultati inestimabili da parte di poeti, filosofi, musicisti, architetti, pittori e scultori in tutti i Paesi e in tutte le epoche».

I firmatari fanno esplicito riferimento alle voci, sempre più insistenti dalla metà di giugno dopo un articolo del blog Rorate Caeli, di un'imminente stretta alla già limitata possibilità di celebrare nella forma straordinaria del rito romano. Dell'esistenza di un documento che andrebbe ad inasprire ulteriormente le misure di Traditionis custodes ha parlato più dettagliatamente anche la vaticanista Diane Montagna, attribuendone la "regia" al cardinale Segretario di Stato (e papabile) Pietro Parolin. 

Come che sia, in Vaticano sono in molti ad essere convinti che qualcosa stia bollendo in pentola e che a cuocere potrebbero finire proprio le comunità legate alla cosiddetta Messa in latino. Uno scenario giudicato realistico dalla cinquantina di firmatari inglesi che hanno deciso di metterci nome e cognome e si sono rivolti a Roma con parole accorate: «La capacità del vecchio rito di incoraggiare il silenzio e la contemplazione è un tesoro non facilmente replicabile e, una volta scomparsa, impossibile da ricostruire. Imploriamo la Santa Sede di riconsiderare qualsiasi ulteriore restrizione all'accesso a questo magnifico patrimonio spirituale e culturale».

«Non tutti ne apprezzano il valore e va bene – hanno scritto i firmatari – ma distruggerlo sembra inutile e insensibile in un mondo in cui la storia può facilmente scivolare via dimenticata». Un concetto che, in privato, condividono molti cardinali e vescovi che mai hanno celebrato nella forma straordinaria – e che mai probabilmente lo faranno – ma non comprendono il bisogno di provocare ulteriori divisioni all'interno della Chiesa.

Laddove i religiosi tacciono (per motivi anche comprensibili), ecco che arrivano dei laici, credenti e non credenti, a lanciare un appello di buon senso. Lo fanno sulle pagine di uno dei quotidiani più prestigiosi del mondo, senza urlare, in perfetto stile british e con argomentazioni non religiose. Il Papa porteño li ascolterà? Certo che, se la cosiddetta Messa in latino si dovesse salvare proprio grazie all'intervento di lord e dame britanniche, potremmo davvero dire – tanto per rimanere in tema Argentina-Inghilterra – che è stata la Mano de Dios



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