Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL PRESIDENTE POLACCO NEL 2008

«Oggi la Georgia, domani l'Ucraina». La profezia di Kaczynski

«Sappiamo anche molto bene che oggi tocca alla Georgia, domani all'Ucraina, dopodomani agli Stati baltici, e poi forse ci sarà anche il momento del mio Paese, della Polonia». La profezia inascoltata e snobbata anche a sinistra dell'ex presidente polacco Lech Kaczyński. 

Esteri 09_03_2022

Non impariamo mai dalla storia. Chi oggi, quando la Russia sta invadendo e distruggendo l’Ucraina, si ricorda l’invasione russa della Giorgia? Quasi nessuno, invece già quattordici anni fa la Russia mostrava il suo volto imperiale. La guerra georgiano-russa è iniziata nella notte tra il 7 e l'8 agosto 2008. Il conflitto è scoppiato quando la Georgia ha cercato di ripristinare il controllo sulle repubbliche ribelli filo-russe: Abkhazia e Ossezia del Sud. I separatisti furono armati da Mosca con il pretesto di difendere la popolazione russa in quelle zone.

Il 12 agosto, le truppe russe e le truppe dei separatisti dell'Ossezia meridionale si impadronirono della città di Gori e avanzarono verso Tbilisi. I georgiani temevano che l'esercito russo volesse occupare la loro capitale. E fu in quel drammatico momento nella capitale georgiana, Tbilisi, che arrivò il presidente polacco Lech Kaczyński che prese parte a una manifestazione a sostegno dei georgiani insieme ai presidenti di Lituania, Estonia, Ucraina e al Primo Ministro della Lettonia.

L'arrivo di Lech Kaczyński e dei suoi amici in Georgia veniva trattato come l'estensione di un ombrello protettivo sul Paese attaccato dalla Russia. Il presidente polacco parlando alla folla di 200mila persone assicurò che la Georgia avrebbe potuto sempre contare sull'aiuto di amici e che era dovere della comunità internazionale di opporsi solidamente alle aspirazioni imperiali della Russia. Assicurò ai cittadini georgiani che non erano soli nella lotta. «Quando ho iniziato questa visita, alcuni pensavano che i presidenti avrebbero avuto paura. Nessuno aveva paura. Sono venuti tutti perché l'Europa centrale ha leader coraggiosi. E vorrei dirlo non solo a voi. Vorrei anche dire alla nostra Unione Europea, che l'Europa centrale, la Georgia, che la nostra intera regione avrà importanza (…) Crediamo che l'Europa capirà il vostro diritto alla libertà e che comprenderà anche i propri interessi - disse Lech Kaczyński -». E dopo pronunciò parole profetiche: «E sappiamo anche molto bene che oggi tocca alla Georgia, domani all'Ucraina, dopodomani agli Stati baltici, e poi forse ci sarà anche il momento del mio Paese, della Polonia». In questo modo il Presidente polacco, già nel 2008, aveva voluto far capire al mondo che la Russia, se non fermata, avrebbe tentato di ripristinare il suo impero, e «questo non è nell'interesse di nessuno: ecco perché siamo qui» - aggiunse Kaczyński. Sfortunatamente, nessuno in Occidente prese sul serio quelle parole. E quattordici anni più tardi tocca all’Ucraina, come ha previsto il presidente polacco. 

Purtroppo, il presidente Kaczyński è morto nell’incidente aereo del 10 aprile 2010 vicino all’aeroporto di Smolensk dove si recava per commemorare le vittime polacche del massacro di Katyn perpetrato dai sovietici nella primavera del 1940. Le cause dell’incidente non sono state mai chiarite definitivamente anche se va spiegato che allora il presidente polacco usava l’aereo Tupolev Tu-154 di fabbricazione sovietica: i controlli di manutenzione venivano effettuati dai russi che avevano tutte le possibilità di manomettere l’aereo. 

Il fratello gemello del presidente, Jaroslaw Kaczynski è diventato il suo erede politico come capo del partito Legge e Giustizia (PiS). In tale veste Kaczyński, nell’anno della scomparsa del fratello, il 29 settembre 2010, spedì agli eurodeputati e agli ambasciatori accreditati in Polonia una significativa lettera che oggi mostra tutta la sua attualità. Nella sua missiva il presidente del PiS ricordava che la Polonia è il sesto paese più grande dell'Unione Europea. E, a parte la Gran Bretagna, la Polonia è l'alleato più fedele degli USA in Europa. Scriveva Kaczyński: «La Polonia è costantemente impegnata nella cooperazione politica e militare con Washington. Il defunto presidente della Polonia, Lech Kaczyński, così come il mio governo del partito Legge e Giustizia, hanno costantemente costruito un'alleanza di Paesi grandi e piccoli dell'Europa centrale e orientale. Il suo asse erano i paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia) e i paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Abbiamo fatto molto per avvicinare le ex repubbliche dell'URSS, come l'Ucraina, nonché la Georgia, l'Azerbaigian, l'Armenia e la Moldova alle strutture europee e della NATO».

E, successivamente, Kaczynski constatava che «pur perseguendo interessi nazionali e regionali, ci siamo scontrati con la politica estera russa, che stava sistematicamente ricostruendo la sua sfera di influenza, un fatto spesso trascurato dai politici americani ed europei». La politica espansionista della Russia è facilitata «dai tentativi di sminuire il ruolo della nostra regione in Europa: tali azioni sono un dono per quei Paesi che non riconoscono i valori democratici e i diritti umani», cioè prima di tutto per la Russia. La miopia dell’Occidente fa sì che i Paesi non democratici «possono sembrare partner commerciali attraenti, ma non aderiscono ai valori e agli standard che dominano lo spazio politico euro-atlantico». Più chiaro di così.

Purtroppo, la lettera di Kaczynski è stata aspramente criticata, anche in Polonia, dagli ambienti che volevano fare gli affari con la Russia, sperando nel suo avvicinamento ai valori occidentali. L'allora governo polacco della Piattaforma Civica (PO) e del Partito popolare polacco (PSL) di Donald Tusk accusarono Kaczyński di russofobia. E il ministro degli esteri Radoslaw Sikorski diceva sprezzante che Kaczynski doveva essere drogato mentre scriveva quella lettera. Anche all’estero non si voleva ammettere che fare certi affari con la Russia non soltanto creava dipendenza dal gas russo ma anche forniva i fondi immensi per far arricchire la cerchia degli oligarchi ma, prima di tutto, per ammodernare l’esercito che oggi serve per realizzare con la forza le aspirazioni imperiali di Putin. Non si voleva sentire la voce profetica dei Kaczynski ed oggi vediamo i risultati di questa cecità.