Obbligo di vaccino? Non ci sono le condizioni
Molti indizi fanno ritenere che ci si avvii in Italia verso l'obbligatorietà del vaccino, esplicita o attraverso forme di discriminazioni per chi non lo farà. Ma dal punto di vista morale mancano i requisiti che legittimino l'obbligatorietà, anzi il vaccino non dovrebbe essere messo neanche in commercio. Ecco perché...
Vaccino anti-Covid, obbligatorio oppure no? Qualche autorevole opinione. Il Ministro della Salute Roberto Speranza intervenendo alla trasmissione In Onda: «La mia impostazione di oggi non è di natura securitaria che punta sulla obbligatorietà».
Il consigliere del Ministero della Salute Walter Ricciardi ipotizza una vaccinazione obbligatoria solo per operatori sanitari. Per il Viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, «dovrebbe essere inserita un'obbligatorietà per fasce d'età» (e tutti e tre lavorano nello stesso ministero).
Il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Nicola Magrini in merito all’obbligatorietà parla di un «meccanismo delicato che va riservato solo in casi estremi, come al personale sanitario e al personale delle Rsa, ma deve essere usato con molta cautela perché occorre stimolare invece la responsabilità e la fiducia individuale fornendo informazioni adeguate».
Italia Viva ha lanciato una petizione per rendere obbligatorio per tutti il vaccino.
Infine A Mezz’ora in più il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) Agostino Miozzo, non è andato per il sottile ed ha dichiarato: «Penso che prima o poi lo Stato dovrà decidere di prendere per il collo le persone e farle vaccinare».
Terminata questa breve carrellata di opinioni, domandiamoci: dal punto di vista morale lo Stato può obbligare le persone a vaccinarsi? La risposta è affermativa, ma nel rispetto di alcune condizioni che oggi pare manchino. Procediamo con ordine iniziando a dare risposta al seguente quesito: quando un ordinamento giuridico può comandare una condotta? Quando questa condotta concorre grandemente e necessariamente al bene comune e non interpella il progetto di vita personalissimo (il matrimonio concorre grandemente al bene comune, è anche necessario alla sua esistenza, ma deve essere decisione rimessa alla libertà individuale). In questa risposta possiamo individuare tre criteri da soddisfare per imporre un obbligo ai consociati (tralasciando il criterio del progetto di vita).
Il primo: la condotta deve riguardare un bene di elevato pregio e di interesse collettivo come la vita, la salute, l’economia, la socialità, la salvezza della patria, etc. Ad esempio le imposte sono obbligatorie (il sostantivo “imposta” deriva dal participio passato del verbo “imporre”) perché sono funzionali a beni di alto valore per tutti come la salute, i servizi pubblici, la sicurezza sociale, l’istruzione, etc. In merito alla vaccinazione, questa, in linea teorica, riguarda beni di grande importanza come la vita, la salute e, a cascata, l’assetto economico di un Paese, la socialità, etc. Dunque questo primo criterio è soddisfatto.
Secondo criterio da rispettare: lo stato di necessità. Le imposte, al fine di soddisfare i fini di cui sopra, sono necessarie, ossia non esiste strumento di pari efficacia per ottenere quei risultati prima indicati. Passiamo al vaccino: se questo fosse realmente efficace, di certo sarebbe lo strumento ideale per combattere la pandemia e quindi diventerebbe un mezzo necessario, seppur non esclusivo, per uscire dal tunnel del Covid.
Terzo criterio: occorre avere la certezza o l’alta probabilità che la condotta comandata sia efficace, ossia che apporti più benefici che danni al bene comune. In merito al vaccino occorre registrare che ad oggi, su tale aspetto, le voci autorevoli dissenzienti non sono poche. Potrebbero avere ragione come torto, ma il problema sta proprio qui: non si sa. Infatti uno degli aspetti più dibattuti sono gli effetti collaterali a lungo termine del vaccino che, per l’appunto, si potranno conoscere solo tra qualche anno. Ora solo in merito ad una condotta certamente o probabilmente efficace lo Stato potrebbe obbligare i cittadini ad assumerla. Anzi – e torniamo a parlare di vaccinazione - senza verifica di efficacia, il vaccino non dovrebbe nemmeno essere commercializzato.
È ciò che ricorda in un recente documento dal titolo «Vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione» il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB): «Lo Stato, prima di assumere un vaccino e renderlo disponibile ai cittadini, deve dunque continuare ad avvalersi della ricerca per un confronto fra i vaccini approvati e per stabilire un rapporto comparativo benefici-rischi» (n. 2).
La comparazione benefici-costi è fattibile, tra gli altri fattori da tenere in considerazione, solo se so in quale grado gli uni e gli altri si realizzeranno e, come detto, i margini di incertezza su questo aspetto attualmente paiono essere elevati, come ricorda lo stesso CNB: «Al momento non è dato sapere quale vaccino o quali vaccini verranno utilizzati e non sono ancora disponibili dati scientifici sulla loro sicurezza ed efficacia, con riferimento alla popolazione specifica sulla quale sono stati sperimentati, alla durata dell’immunità, al grado e al livello di immunità raggiungibili nelle diverse fasce della popolazione (anche con riferimento a chi si è già infettato), alla possibilità di re-infezione e di trasmissione del virus (anche dopo la vaccinazione)» (n. 4).
Qualora il calcolo rischi benefici ci dicesse che il vaccino potrebbe essere sicuro, ma non con un’alta probabilità di sicurezza, ecco che sarebbe ragionevole non obbligare tutta la popolazione - compresi anche coloro che, se si ammalassero, poco rischierebbero - ma solo chi è particolarmente a rischio e chi, grazie al suo lavoro, apporta un grande beneficio al bene collettivo, come il personale sanitario, le forze dell’ordine e chi fa muovere l’Italia. In altri termini, la mera possibilità – ma non di grado infimo – che il vaccino sia efficace viene compensata dai benefici sperati su categorie che, se non vaccinate, potrebbero, ammalandosi, incorrere per sé e per gli altri in danni ben superiori di quelli paventati dalla vaccinazione. Così sul punto il CNB: «il Comitato ritiene inoltre che - a fronte di un vaccino validato e approvato dalle autorità competenti - non vada esclusa l'obbligatorietà, soprattutto per gruppi professionali che sono a rischio di infezione e trasmissione di virus». Tale obbligo «dovrà essere revocato qualora non sussista più un pericolo significativo per la collettività» (n. 4).
Stante invece la mancanza di certezza/probabilità che il vaccino sia efficace, si dovrebbe lasciare libere le persone di decidere se vaccinarsi, e tale libertà potrebbe concretarsi solo dopo aver ricevuto un’adeguata informazione. A tal proposito citiamo nuovamente il documento del CNB: «La comunicazione ai cittadini deve essere trasparente, chiara, comprensibile, consistente e coerente, basata su evidenze e dati scientifici. Una comunicazione non propagandistica, non paternalistica, che non lasci margini di incertezza, indicando i benefici attesi e i rischi. I benefici attesi si riferiscono all’immunità ottenibile, al grado di immunità e durata della stessa, ai tempi prevedibili per la protezione dal virus, alla prevenzione o alla riduzione della trasmissione e protezione da possibili re-infezioni. I rischi potenziali si riferiscono a effetti collaterali e a reazioni avverse» (n. 4).
Si potrebbe obiettare: vista la gravità della situazione attuale, accettiamo il rischio di non sapere quali effetti collaterali potrà avere il virus. Tale ragionamento non è accettabile perché, allo stato attuale, nulla esclude che il numero di eventuali morti o complicanze gravi per la salute, causati dal vaccino anche molto in là nel tempo, sia superiore al numero di decessi o complicanze gravi provocate dal Coronavirus. In breve, non sappiamo se il vaccino sarà più pericoloso del virus, se il farmaco sarà peggiore del male da curare. Teniamo infatti in conto che l’intenzione delle autorità sanitarie mondiali è quella di una vaccinazione a livello globale. È su questa scala che si dovrebbe calcolare l’incidenza degli effetti positivi e negativi, tra cui decessi e gravi patologie che quindi, se ci fossero, potrebbero anche essere numericamente assai elevate, ben superiori di quelle provocate dal virus.
Detto tutto ciò pare che uno futuro scenario possibile sia il seguente: lo Stato non obbligherà nessuno a vaccinarsi, ma a chi non sarà vaccinato saranno vietate una serie di attività, quali salire sui mezzi di trasporto (molte compagnie aeree stanno già pensando ad un passaporto digitale globale sanitario), andare al cinema, allo stadio, nei teatri e nelle chiese, entrare in un ristorante, frequentare una palestra, addirittura recarsi a scuola o all’università, etc.
Anche se formalmente non esisterà un obbligo giuridico di vaccinarsi, tale obbligo esisterà nella sostanza. Non vuoi vaccinarti? Libero di farlo, ma paghi le conseguenze. La tendenza pare questa e infatti già si parla di un patentino del vaccinato. Siddhartha Datta, dell'Oms Europa, ad inizio dicembre ha annunciato la possibilità di «lavorare con gli Stati membri per ottenere qualcosa come un certificato elettronico di vaccinazione».
Domenico Arcuri, Commissario straordinario per l’emergenza Covid, ha di recente dichiarato: «Stiamo progettando una piattaforma informatica [forse un’app] che consentirà di gestire la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto».
Ci spiace pensar male, ma nulla esclude che siffatto elenco di persone vaccinate diventi a breve un elenco di persone privilegiate; e chi rimarrà fuori da questa Arcuri’s List sarà anche escluso dall’esercizio di una serie di libertà costituzionalmente tutelate.