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Società fluida

Nuovi Frankenstein al servizio del “cambio di sesso”

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Il dottor Miroslav Djordjevic afferma di aver affinato una nuova tecnica per «scambiare i genitali» di maschi e femmine. Nuovi Frankenstein, che amputano corpi sani, ignorando anche la voce dei detransitioners.

Vita e bioetica 05_12_2023

Il grande Georges Bernanos, nel 1944, in un saggio intitolato La Francia contro i robot diceva che «non si capisce nulla della civiltà moderna, se non si ammette anzitutto che essa è una cospirazione universale contro ogni forma di vita spirituale».

Oggi, un Bernanos riveduto e corretto dovrebbe dire che non si capisce molto della civiltà (occidentale) contemporanea, se non si ammette che essa è dominata da un pensiero cieco, al contempo totalizzante e fluido. E la fluidità, come constatiamo ogni giorno di più, può andare molto, molto lontano. Specie in fatto di sesso, genere, orientamento, identità e corporeità.

Così, secondo quanto riporta il Daily mail, il dottor Miroslav Djordjevic, che «lavora all'ospedale Mount Sinai di New York City e nella sua nativa Serbia» afferma di aver «affinato la sua tecnica» di cambiamento di sesso, pardon di genere, ed essere così giunto «all'apice di una rivoluzionaria procedura di scambio genitale». Do ut des: una sorta di baratto trans, o trans-baratto.

Nei Paesi ritenuti più avanzati e meno moralisti, come gli Stati Uniti o la Scandinavia, migliaia e migliaia di uomini e donne, almeno dal punto di vista della biologia, affermano di sentirsi il contrario di ciò che appaiono. E questa percezione, negli ultimi anni, capita in un’età sempre più precoce.

Secondo uno studio della rivista scientifica Annals of Plastic Surgery, il numero delle mastectomie, ovvero l’asporto dei seni per ragioni di autopercezione, effettuato su ragazzine americane minorenni «si è moltiplicato per 13 tra il gennaio 2013 e il luglio 2020». Passando, come nulla fosse, da «3,7 a 47,7 casi ogni 100.000» donne. E dati simili si hanno anche per altre operazioni di chirurgia estetica o plastica, sempre in vista di correggere il corpo per farlo «assomigliare all’anima». Così, il dottor Djordjevic desidera inaugurare nel suo studio una «nuova procedura radicale»: «scambiare i genitali di un paziente maschio e di un paziente femmina in un'unica operazione». Una sorta di taglia e cuci chirurgico. E questo anche per evitare quegli sprechi che non piacciono né a Greta Thunberg né all’Onu. Infatti, constata il dottore, emulo di Frankenstein, molti chirurghi, nel mondo intero, «eseguono già interventi di ricostruzione genitale, noti come vaginoplastiche e falloplastiche». Come dire, plastica o meno, rifatto o bio, l’importante è che funzioni.

Però, la creazione – tra lo pseudodivino e il diabolico – di «un neo-pene o di una neo-vagina», viene ora realizzata a partire «dalla carne dei pazienti». Prelevata «sulle braccia, sulle gambe o altrove». E il dottor Djordjevic vuole evitare questo “spreco”. Anche perché, «l'organo sessuale rimosso di un paziente viene semplicemente gettato nella spazzatura». Ed è un peccato perché la scienza, quella disciplina che, dopo il Covid, sappiamo essere infallibile, potrebbe «utilizzare questi organi intatti», i quali, solitamente, appartengono, «a giovani sani e poco più che ventenni».

Chiaro? Il problema, secondo Djordjevic, non è quello di chiedersi come sia possibile che giovani fisicamente sani vogliano amputare il proprio corpo, ignorando peraltro che la biologia è un destino e che le cellule sono (e restano) con cromosomi XY o XX. No, il problema è rendere più facile la cosiddetta transizione, proprio mentre nel mondo aumenta la voce soffocata (dal mainstream) e angosciante dei “detransitioners”, cioè di coloro che vorrebbero, se potessero, tornare indietro rispetto alla devastazione del proprio corpo e che spesso fanno condannare medici e psicologi poco seri e molto celeri nei loro placet.

Il Frankenstein (1818) immaginato dalla scrittrice Mary Shelley era un medico-guru che, in nome della scienza e del progresso, metteva in dubbio e sabotava le certezze sociali e le virtù morali dell’Inghilterra ottocentesca. Oggi, le ipotetiche conquiste dei novelli Frankenstein, come il dottor Djordjevic, non solo non paiono eversive dell’ordine costituito, ma sembrano puntellare quel pensiero unico e cieco che ci tiranneggia e da cui dobbiamo liberarci al più presto.



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