Nucleare e gas sono sostenibili. Realismo energetico nell'Ue
Con 328 No e 278 Sì, ieri è stata bocciata dal Parlamento europeo una mozione contro la proposta della Commissione Europea di inserire il gas e il nucleare nella lista delle fonti energetiche sostenibili, dunque aperte a nuovi finanziamenti. E il premier polacco avverte: la transizione ecologica non deve ostacolare la sicurezza energetica.
Con 328 No e 278 Sì, ieri è stata bocciata dal Parlamento europeo una mozione contro la proposta della Commissione Europea di inserire il gas e il nucleare nella lista delle fonti energetiche sostenibili, dunque aperte a nuovi finanziamenti.
La proposta della Commissione dell’Unione Europea mirava ad una transizione più realistica verso l’energia rinnovabile. Attualmente, infatti, solo un quinto dei consumi energetici arriva dalle fonti rinnovabili in tutto il continente. Nel 2020, la quota del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili ha raggiunto il 22,1%. I tempi stringono rispetto alle date-obiettivo e nel prossimo decennio non è pensabile di portare questa percentuale al 100%. A meno che: non si introduca anche il nucleare fra le fonti ammesse (dato che non produce gas serra) e il gas, che è più pulito. L’Europa si è divisa su questa proposta. Contraria la Germania, che è all’avanguardia nelle rinnovabili e intende smantellare le sue centrali nucleari entro la fine dell’anno. Favorevole la Francia che ha puntato e sta puntando tutto sulla produzione elettro-nucleare, anche con la costruzione di nuovi reattori. Per i Paesi dell’ex blocco sovietico, che hanno ereditato dai precedenti regimi numerose centrali atomiche, la proposta non può che piacere, così come quella di salvare la produzione con le centrali a gas.
Proprio per quanto riguarda il gas, la guerra in Ucraina apre un problema nuovo. O meglio: rende più urgente un problema annoso, che è quello della diversificazione delle fonti. Germania, Italia e Paesi dell’Est e centro Europa dipendono ancora troppo dalle importazione di gas russo. Nella seduta parlamentare di ieri, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che i Paesi membri devono mettere in conto un eventuale taglio, anche totale, delle importazioni di gas dalla Russia. La soluzione sta nella diversificazione delle fonti di importazione, oltre che in quella delle fonti di produzione.
Secondo il premier polacco Mateusz Morawiecki, “L’attacco brutale della Russia all’Ucraina ha steso un’ombra sui sogni condivisi da centinaia di milioni di europei di costruire un futuro sicuro e prospero basato su uno sviluppo equo e sostenibile”, come scrive in una sua lettera aperta pubblicata sul Financial Times. Per il premier conservatore, “Riconquistare stabilità e raggiungere condizioni di vita decenti per i popoli d’Europa, ora richiede l’abbandono di alcune importanti assunzioni, specialmente per quanto riguarda la politica energetica”. Meno obiettivi verdi e più concretezza: “Fino a poco tempo fa, la politica energetica dell’Ue era interessata solamente al cambiamento climatico. Oggi altri Stati membri concordano con la Polonia, che da molto tempo sottolineava la necessità di diversificare le fonti energetiche, accumulare riserve di gas e svezzarci dalla dipendenza dalla Russia”.
Morawiecki punta il dito anche sul mercato delle quote carbonio e sui loro effetti distorsivi sui prezzi: “Invece di stimolare lo sviluppo dell’energia verde, l’attuale Ets (Emissions Trading System) sta causando inflazione e minaccia di ridurre alla povertà energetica milioni di cittadini”. Insomma, causa guerra e inflazione, “Se la situazione ci costringe a farlo, non dobbiamo esitare a tornare temporaneamente alle tradizionali fonti d’energia”, fra cui anche il carbone, nel caso della Polonia.
Fra la lettera aperta del premier polacco e il voto del Parlamento Europeo, tira dunque aria di realismo. Nessuno mette in dubbio (apertamente) la transizione verde. Tuttavia viene visto come un obiettivo che non deve essere raggiunto forzando la mano, a tutti i costi. Se subentra una crisi, come in questi mesi, si deve tornare ai principi di sicurezza energetica: energia per tutti, reperibile e ad un prezzo abbordabile, anche a costo di allontanare gli obiettivi della lotta al cambiamento climatico.
In questo clima, sta per essere inaugurata la presidenza di turno della Repubblica Ceca nell’Ue. La “sicurezza energetica” è la seconda delle sue priorità. Notare la differenza rispetto alla presidenza francese (uscente): quest’ultima aveva come priorità “una Europa più verde”, mentre la Repubblica Ceca, la “sicurezza energetica”. Non è solo una questione lessicale, sono priorità differenti: fermo restando il rispetto delle direttive europee sulla transizione verde (su cui sia il premier Petr Fiala che il presidente Milos Zeman sono comunque scettici), si punta a diversificazione e accumulazione delle risorse energetiche, oltre che a puntare anche sul nucleare.