Nove vescovi e sette punti per la crisi siro-malabarese
Un'apposita commissione e un percorso "step by step" per persuadere i preti ribelli alla "nuova" liturgia, ma soprattutto per sventare il rischio di rottura della comunione ecclesiale.
Una commissione di nove vescovi per incontrare i preti dissidenti (ovvero la maggioranza) dell'arcieparchia di Ernakulam: è il nuovo ennesimo tentativo di risolvere la crisi che infiamma la diocesi madre della Chiesa sui iuris siro-malabarese, con la schiacciante maggioranza del clero ribelle al rito "uniforme" (cioè al parziale ritorno a celebrare ad orientem) e al delegato papale.
La commissione si è formata dopo l'appello del 24 agosto ai preti dissidenti, il cui «atteggiamento negativo verso il delegato papale» (mons. Cyril Vasil) li pone a rischio scisma. Per uscire dall'impasse si propone loro un graduale cambio di atteggiamento, dimostrando almeno a piccoli passi la volontà di implementare la forma della liturgia stabilita nel 2021. Sette le condizioni proposte – riportate da Crux Now – per risolvere la disputa, sempre passando per l'approvazione del delegato papale, e chiedendo tra l'altro di non impedire la celebrazione della "nuova liturgia" ai vescovi in visita e ai preti già disponibili.
È il settimo punto a far capire la gravità della situazione: «I nomi del Papa, di Alencherry [l'Arcivescovo Maggiore] e di mons. Andrews Thazhath, amministratore apostolico di Ernakulam-Angamaly] devono essere menzionati nella Messa». Cosa scontata, menzionare il Papa e il Vescovo nel Canone della Messa, salvo naturalmente quando la sede è vacante per morte o rinuncia. Oppure di volontà di rottura della communio ecclesiale. Ed è questo il rischio più grave che la neo-costituita commissione intende sventare.