Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
TRADITIONIS CUSTODES

Non solo la Messa antica, viene cancellato Benedetto XVI

Con il Motu proprio che fa fuori il vetus ordo, papa Francesco cancella lo sforzo di Benedetto XVI di costruire lo sviluppo della Chiesa nella continuità con la Tradizione, di evitare che il Concilio Vaticano II venisse inteso come una rottura.

Ecclesia 17_07_2021 English Español
Papa Francesco

Il cardinale Sarah aveva appena detto pochi giorni fa che il motu proprio Summorum pontificum con cui Benedetto XVI aveva nuovamente permesso la celebrazione secondo il messale di Giovanni XXIII del 1962 (il vetus ordo missae risalente a San Pio V) era il capolavoro del suo pontificato. Ieri, però, questo capolavoro è stato cancellato dal nuovo motu proprio Traditionis custodes di Francesco. È logico pensare che con esso sia stato cancellato anche Benedetto XVI, il quale però non rappresentava e non rappresenta solo se stesso. Ad essere stato cancellato, quindi, è molto di più anche di Benedetto XVI.

A leggere le spiegazioni che papa Francesco comunica ai vescovi di tutto il mondo nella Lettera personale che accompagna il motu proprio, si coglie subito che i motivi profondi che avevano indotto papa Ratzinger a ripristinare la messa antica, considerandola forma straordinaria dell’unica lex orandi della Chiesa romana, non vengono nemmeno ricordati. Può essere che non siano stati compresi, come può essere che si siano voluti nascondere per imporre l’idea della “continuità” tra questo motu proprio e il Summorum pontificum.
Francesco, infatti, propone ai vescovi la tesi secondo cui le stesse preoccupazioni che avevano animato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nelle loro disposizioni che liberalizzavano il rito antico sono anche quelle che ora animano lui nell’eliminarle. Questa spiegazione ha del rocambolesco, evidentemente, e le presunte deviazioni che secondo Francesco si sarebbero realizzate in questi anni dalle stesse attese dei due santi pontefici e che lo avrebbero indotto ad abolire le loro disposizioni in continuità con le loro motivazioni lasciano molto perplessi.

Secondo Francesco le motivazioni con le quali (soprattutto) Benedetto XVI aveva ripristinato il rito antico erano solo pastorali e volevano evitare una frattura nella Chiesa, accontentando una piccola frangia di fedeli appassionati al rito antico. Ma una simile spiegazione del Summorum pontificum è gravemente insufficiente e, possiamo dire, molto superficiale. Si sarebbe trattato di dare un “contentino”, di gettare un osso al cane. Nelle intenzioni di Benedetto XVI sul ripristino del vetus ordo c’era molto di più, in particolare c’era la grande questione della Tradizione.

Come è possibile che oggi sia illegale quanto era obbligatorio ieri? Qualsiasi istituzione che faccia questo – diceva e scriveva Benedetto XVI -  ridicolizza se stessa e si condanna all’insignificanza. Ciò che vale oggi, infatti, potrà non valere domani. Siccome la lex orandi coincide con la lex credendi, ripristinare col Summorum pontificum il rito di Pio V aggiornato da Giovanni XXIII significava ridare aria alla Tradizione e ribadire che la Chiesa non ri-comincia mai da zero. Non era la questione – come ritiene invece Francesco – di un residuo gruppo di fedeli nostalgici, esteticamente legati a certe formule, fuori della storia e che bisognasse accontentare perché non facessero troppo chiasso. In ballo c’era molto di più. Francesco cancella Benedetto XVI, prima ancora che con il nuovo motu proprio Traditionis custodes, con questa ridicola sottovalutazione di quanto stava dietro a quel suo “capolavoro”, come disse il cardinale Sarah.

Le aperture al vetus ordo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI erano sì per l’unità della Chiesa, ma non perché intendessero racimolare qualche sparuto passatista per ricondurlo all’ovile, ma perché riproponevano l’enorme impegno di costruire l’unità della Chiesa sulla Tradizione, ossia su cosa la Chiesa è, è sempre stata e sempre sarà. Cosa impossibile da fare con le rotture col passato e con i “nuovi paradigmi”. Specialmente con le rotture liturgiche che sono sempre rotture dogmatiche, altro che pastorali.  

Papa Francesco cancella Benedetto XVI perché cancella il suo sforzo di costruire lo sviluppo della Chiesa nella continuità con la Tradizione. Questa era la lettura che egli dava del Vaticano II, il quale doveva essere letto nella tradizione della Chiesa e non come un nuovo dogma o un nuovo inizio. Questa era la lettura che egli dava dello sviluppo della teologia morale, che, aprendosi a nuove istanze, non poteva rinunciare al giusnaturalismo cattolico, ossia all’esistenza di un diritto naturale e di una legge morale naturale. Questa era la lettura che egli dava del dialogo interreligioso che non poteva fare a meno dell’annuncio di Cristo unico Salvatore. Questa era la lettura che egli dava perfino della Dottrina sociale della Chiesa, che non doveva essere divisa con un muro tra forma preconciliare e postconciliare. Si può dire che Benedetto XVI non sia riuscito in tutto e che vari aspetti di questo suo lavoro siano rimasti incompiuti, ma il lavoro non può essere negato.

Il nuovo motu proprio non si limita ad abrogare il Summorum pontificum, ma si propone anche di eliminare per morte lenta il fenomeno della messa antica. Il divieto di nuovi gruppi e l’impossibilità che i futuri sacerdoti ne apprendano la celebrazione, indicano una diagnosi eutanasica. Poiché però, come si è detto, questa non era solo una questione strettamente liturgica, si condanna a morte tutto quanto il suo ripristino aveva comportato. Cancellare il Summorum pontificum significa cancellare Benedetto XVI e questo vuol dire cancellare tutto il suo lavoro. Significa ricominciare da zero, peraltro sostenendo di farlo in custodia della tradizione.