Non solo Boko Haram: l'odissea dei profughi nigeriani
Centinaia di bambine sparite, rapite da trafficanti e vendute come schiave, donne, ragazze e molti bambini ripetutamente violentati, sfollati gravemente ustionati e feriti. Lo denuncia in un rapporto dell’International Center for Investigative Reporting sulla drammatica situazione dei profughi della Nigeria.
La guerra scatenata dai jihadisti Boko Haram nel nord est della Nigeria ha già messo in fuga circa 3,2 milioni di persone: metà profughi nei vicini Ciad, Camerun e Niger, gli altri sfollati. Per accoglierli e assisterli sono stati allestiti dei campi. La maggior parte dei fuggitivi li raggiungono sprovvisti di tutto, salvo il poco che sono riusciti a raccattare prima di mettersi in cammino. Molti non hanno più niente altro al mondo: i terroristi hanno bruciato le loro abitazioni, distrutto e razziato tutto quel che possedevano.
Quasi tutti hanno perso ben più che i beni materiali: piangono infatti parenti, amici, vicini di casa rapiti dai terroristi oppure uccisi e abbandonati insepolti tra le macerie o lasciati indietro perché feriti o troppo deboli per proseguire. Ma al peggio non c’è limite, se è vero quel che emerge da una indagine condotta nei campi degli sfollati dall’International Center for Investigative Reporting, Iicir, una agenzia di stampa nigeriana, indipendente, no profit, impegnata a combattere la corruzione e a promuovere buon governo e valori democratici nel Paese.
Nel rapporto appena pubblicato, intitolato “Tristi storie di stupri e traffico di bambini nei campi profughi” la Icir sostiene che nei campi si commettono gravi violazioni dei diritti umani. Denuncia centinaia di casi di bambine e ragazzine sparite, rapite da trafficanti e vendute come lavoratrici domestiche non pagate (in altre parole, schiave), parla di donne, ragazze e molti bambini ripetutamente violentati, di sfollati che si presentano negli ospedali e negli ambulatori gravemente ustionati e feriti. Sono gli stessi abusi, le stesse crudeltà di cui si accusano i miliziani di Boko Haram e, qualche volta, persino i militari nigeriani. La cittadina di Baga è stata rasa al suolo il 7 gennaio dai jihadisti che vi hanno ucciso, seviziato e rapito migliaia di persone. Il 16 e 17 aprile del 2013 in quella stessa cittadina l’esercito, con il pretesto di stanare dei terroristi e individuare tra la popolazione dei complici, ha incendiato una dopo l’altra 2.275 abitazioni, altre 125 ne ha danneggiate e ha ucciso tra 187 e 220 persone.
Le accuse del Icir sono gravi e, purtroppo, del tutto verosimili. Si sa, infatti, e tutti gli addetti ai lavori ne sono a conoscenza, che i campi per profughi in Africa sono posti terribilmente pericolosi, non solo perché, malgrado gli sforzi e l’impegno internazionali, le condizioni abitative e ambientali sono spesso malsane, disagevoli e penose, ma perché chi ci vive, soprattutto le categorie più deboli – donne e bambini soli, esponenti di etnie minoritarie rispetto alla popolazione ospitata… – è esposto appunto ad abusi, ricatti e violenze. La prima minaccia è data dal fatto che, all’interno dei campi, si creano tra gli abitanti gerarchie da cui dipendono la distribuzione degli aiuti, l’accesso ai servizi disponibili, la sistemazione nei settori più sicuri e meglio attrezzati e protetti dalle intemperie.
In secondo luogo, tra il 15 e il 20% circa degli ospiti dei campi sono i combattenti stessi, responsabili degli esodi forzati che hanno reso necessario allestire i campi: insieme alle famiglie, trovano comodo mescolarsi ai civili, ricevere assistenza e cure per poi riprendere la lotta. Per finire, una parte almeno del personale incaricato di prendersi cura dei profughi e di garantirne la sicurezza cede alla tentazione di ricattarli e abusarne approfittando del proprio potere. La più comune e frequente delle violenze consiste nel pretendere favori sessuali da donne e bambine in cambio di cibo: si sa di bambine costrette a prestazioni sessuali per una pagnotta di pane.
Data la gravità delle rivelazioni contenute nel rapporto dell’Icir, la Nema, l’agenzia governativa che si occupa delle catastrofi e delle calamità nazionali, ha costituito un comitato con l’incarico di indagare sui fatti denunciati. Il 10 febbraio il direttore generale della Nema, Muhammad Sani Sidi, ha annunciato che tutti i campi per profughi citati nel rapporto dell’Icir verranno ispezionati e che verranno consultati e coinvolti nelle indagini il dipartimento dei servizi di stato, le forze di polizia, la Commissione nazionale per i diritti umani, i corpi di sicurezza e di difesa civile nazionali, la Croce Rossa Nigeria e tutti gli enti e gli organismi federali, regionali e locali che possono contribuire a fare chiarezza sulla situazione dei profughi e a individuare eventuali responsabili. Il comitato ha due settimane di tempo per concludere l’indagine di verifica e presentare il proprio rapporto.
A causa dell’insicurezza nel nord est, sono state rimandate a fine marzo le elezioni generali previste il 14 febbraio. Il Paese è quindi in piena campagna elettorale. Il governo, screditato dal fallimento nel combattere Boko Haram e in difficoltà a causa del crollo del prezzo del petrolio da cui dipende il 70% del suo bilancio, ha bisogno di dimostrarsi capace e solerte agli occhi degli elettori. Se non altro per questo, qualcuno sembra disposto a occuparsi dei profughi in pericolo.
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