Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Guido Maria Conforti a cura di Ermes Dovico
IL CASO LUPI

Non si può mai votare per il male minore

Il deputato Maurizio Lupi torna a giustificare il voto a favore della legge sulle unioni civili e arruola anche san Giovanni Paolo II. Ma si sbaglia di grosso: il voto a favore della legge Cirinnà è stato moralmente inaccettabile. Ecco perché....

Editoriali 19_02_2018
Maurizio Lupi

Per alcuni politici cattolici il male minore è una sorta di coperta di Linus, sotto cui rifugiarsi per sentirsi più protetti, per sentirsi nel giusto. Maurizio Lupi posta un commento su Facebook: «Sulle leggi che toccano le questioni cosiddette eticamente sensibili ci siamo chiesti se, visti i numeri in Parlamento (500 contro una quarantina di deputati) era meglio una pura testimonianza o il tentativo di modificare una legge limitandone i danni».

L’espressione “pura testimonianza” sta qui a significare: votare contro o astenersi. Lupi, a pochi giorni dal voto, deve trovare un alibi credibile per giustificare agli occhi dell’elettorato cattolico il comportamento in aula suo e dei suoi compagni di partito in merito alla discussione parlamentare relativa a tre leggi: unioni civili, legge sulle Dat e ius soli. Le prime due norme appaiono con piena evidenza, almeno al lettore abituale della Bussola, come leggi ingiuste. Sulla terza rimandiamo ad alcuni articoli pubblicati su queste colonne qualche tempo fa per illustrare i motivi per cui non si poteva votare a favore di tale legge ( clicca qui, qui, e qui).

Torniamo all’on. Lupi il quale giustifica il voto a favore delle unioni civili con la seguente argomentazione: «Sulle unioni civili abbiamo scelto la seconda strada [la limitazione dei danni] e alcune importanti modifiche (no all’equiparazione legale con il matrimonio, no alla stepchild adoption, no all’utero in affitto) sono state ottenute grazie al nostro lavoro e al compromesso raggiunto all’interno della maggioranza. Senza questo lavoro adozione e utero in affitto avrebbero avuto la strada spianata». Lupi e compagni avevano provato a percorrere la medesima strada anche per la legge sulle Dat ma senza successo: «Noi abbiamo provato sia in commissione sia in aula, fino all’ultimo, di far approvare emendamenti migliorativi, ci hanno sempre detto no a suon di voti. Chiedevamo sostanzialmente tre cose: no a idratazione e alimentazione considerate cure mediche, no al ruolo del medico ridotto a mero esecutore delle volontà del paziente, possibilità di obiezione di coscienza per le strutture cattoliche. Chiedevamo inoltre che le DAT avessero una scadenza, che andassero riviste dopo un certo numero di anni in modo che la persona potesse cambiarle (o confermarle) di fronte ad esempio ai progressi della medicina. Picche su tutta la linea. […] Abbiamo votato contro».

Procediamo per gradi nel giudizio di carattere morale in merito alle scelte compiute da Lupi e colleghi. Unioni civili e biotestamento sono due leggi ingiuste. Lecito limitarne gli effetti negativi se è impossibile bloccarne il varo? Certo. Bene quindi proporre e votare emendamenti limitativi del male contenuto nella legge: divieto di equiparare le unioni civili al matrimonio, divieto della stepchild adption, divieto dell’utero in affitto, divieto di considerare nutrizione e idratazione terapie, divieto di considerare il medico un mero fornitore di servizi clinici, possibilità di obiettare relativamente alle pratiche eutanasiche.

In merito alle Dat occorre però fare una riflessione in più. Le Dat non sono uno strumento intrinsecamente malvagio per il semplice motivo che nessuna cosa è in sé male (nemmeno una mina antiuomo). Dipende da quali sono le volontà espresse nelle Dat e dalle circostanze. Nella situazione attuale questo strumento facilita le pratiche eutanasiche e quindi un voto a favore delle Dat, seppur migliorate con la previsione della data di scadenza, è un voto che, nel contesto presente, potrebbe favorire la diffusione della pratica eutanasica. In breve, come avevamo argomentato tempo fa  (clicca qui), è preferibile non avvalersi di questo strumento e dunque era preferibile non votare le Dat seppur perfezionate.

Torniamo agli emendamenti migliorativi di una legge ingiusta: lecito votare per limitare il male inserendo nel testo di legge divieti di compiere il male o facoltà nell’astenersi dal compiere il male (es. obiezione di coscienza), illecito dare il proprio voto finale ad una legge che contenga al suo interno articoli buoni come quelli che abbiamo appena visto (divieti e obiezione di coscienza) ed articoli malvagi: legittimare le unioni civili e legittimare l’eutanasia. Questo perché il voto finale è un’approvazione di tutti gli articoli contenuti nella legge. E’ come porre una firma a pié di pagina di un contratto: chi firma approva tutte le clausole contenute in essa. E dunque il parlamentare può e spesso deve votare a favore di emendamenti che ad esempio vietano condotte malvagie, ma se poi questi emendamenti diventano articoli di una legge la cui ratio è malvagia, al momento dell’approvazione finale in aula deve votare contro o, a seconda dei casi, astenersi.

Infatti mai si può legittimare una condotta malvagia perché legittimare vuol dire assegnare valore giuridico a condotte che non hanno valore morale, e dunque mai si può votare a favore di una legge ingiusta. Perché votare a favore significa approvare il contenuto di tutte le volontà espresse in una legge, sia quelle lecite che quelle illecite. Tale voto sarebbe un’azione intrinsecamente malvagia che mai potrebbe essere compiuta né per un fine buono – stemperare la malvagità di una legge – né in stato di necessità – impossibile evitare che la legge ingiusta venga varata -. Dunque il voto a favore delle unioni civili prestato da Lupi non è eticamente accettabile. In merito alla legge sulle Dat, Lupi ha votato contro non perché la legge fosse ingiusta, ma solo perché nel testo di legge non erano presenti quelle migliorie che il parlamentare voleva inserire.

Il coordinatore di Noi con l’Italia poi per giustificare il proprio voto chiama in causa il n. 73 dell’Evangelium vitae che così recita: «Un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica». Nel n. 73 il Pontefice sottintende, perché portato implicito della riflessione dottrinale in materia di morale, che il “limitare i danni” non può esso stesso configurare un’azione malvagia. Se ad esempio Tizio tiene sequestrate tre persone e chiede a Caio di ucciderne una quarta in cambio della salvezza delle tre, Caio, al fine di limitare i danni, non può dal punto di vista morale uccidere questa quarta persona. Parimenti per impedire il varo di una legge ingiusta (per limitare i danni) non è lecito votare a favore di una legge meno ingiusta, perché pur sempre iniqua.

Il male minore non può essere compiuto per il semplice motivo che comunque è un male. Così Humanae vitae: «Se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14).

In merito poi alla corretta esegesi del n. 73 rammentiamo un passo del n. 71 della stessa enciclica che funge da criterio ermeneutico per il successivo n. 73 e che concerne il diritto alla vita ma che ovviamente interessa tutte le condotte contrarie alla dignità umana: «Essa [la pubblica autorità N.d.A.] non può mai accettare […] di legittimare, come diritto dei singoli […] l'offesa inferta ad altre persone attraverso il misconoscimento di un loro diritto così fondamentale come quello alla vita». Il testo dunque esclude scriminanti, come ad esempio legittimare condotte meno malvagie di altre e dunque votare a favore di una legge ingiusta per impedire il varo di un’altra legge più ingiusta. Eccezioni al voto a favore di una norma iniqua sono escluse anche dal seguente periodo contenuto sempre nel n. 73: «L'aborto e l'eutanasia sono dunque crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare». Se è vietato legittimare il male è vietato altresì votare a favore di una norma che ha legittimato il male. Ed infatti nel n. 90 si afferma esplicitamente in merito alle leggi che attentano alla vita delle persone: «Rinnovo con forza il mio appello a tutti i politici perché non promulghino leggi che, misconoscendo la dignità della persona, minano alla radice la stessa convivenza civile».

Ancor più esplicito in merito al divieto di votare una legge ingiusta, che rimane ingiusta anche se meno peggiore della bozza di partenza, è il seguente passaggio di un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, siglato dallo stesso Giovanni Paolo II, dal titolo Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, laddove esplicitamente richiama il n. 73 e ne articola la seguente esegesi: «Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale» (10). Nello stesso n. 73 troviamo inoltre richiamato il seguente principio dottrinale presente nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Dichiarazione sull’aborto procurato: «Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l'aborto o l'eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, ‘né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto’».

Per soprammercato citiamo ancora la Congregazione per la Dottrina della Fede e il suo documento Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica laddove la stessa citò la terza sezione del n. 73, sezione evocata da Lupi, facendo però seguire subito dopo questa precisazione ermeneutica: «In questo contesto [quello evocato dal n. 73, terza sezione N.d.A.], è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti».

La rassegna di queste citazioni ermeneutiche del n. 73 ci porta così a concludere: limitare i danni è lecito, ma a patto che la limitazione del danno non si identifichi nel voto ad una legge ingiusta, anche nel caso in cui quest’ultima risulti meno peggiore rispetto alla bozza originale. Ancor più in sintesi, mai votare per il male minore.