Non fa parte della kultura, la colpa di Beatrice Venezi
Ascolta la versione audio dell'articolo
Gli orchestrali della Fenice protestano contro la nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale del teatro veneziano. Il motivo ufficiale? Scarso curriculum. Ma il vero problema è che lei, essendo di destra, è un'eccezione alla colonizzazione gramsciana della cultura.

Venezi. Pareva che il suo destino fosse impresso nel suo nome. Ma non è stato così. Partiamo da Amleto, sì da Amleto che, monologando tra sé, valutava le favorevoli opportunità offerte da «un semplice stiletto» anche quando «il merito paziente riceve disprezzo dagli indegni». Ora non sappiamo se il direttore d’orchestra Beatrice Venezi sia adorna di sufficiente merito per essere confermata nel ruolo di direttore musicale del Teatro La Fenice di Venezia. Non lo sappiamo perché sprovvisti della competenza necessaria per pronunciarsi. Ma sappiamo che la Venezi non ha nascosto simpatie destrofile e questo basta per impedirle di assumere qualsiasi ruolo di rilievo in Italia.
La cronistoria è la seguente: il 22 settembre scorso, con uno scarno comunicato stampa, la Fondazione del teatro, presieduta dal sindaco Luigi Brugnaro, rendeva noto che la Venezi dal 2026 avrebbe ricoperto l’incarico di direttore musicale del Teatro, ruolo che comporta l’interfacciarsi con gli orchestrali e cantanti e la definizione dei programmi. Passano pochi giorni e gli orchestrali del teatro scrivono al sovraintendente della Fondazione, Nicola Colabianchi. La prima doglianza è questa: «Abbiamo appreso esclusivamente tramite la stampa della Sua decisione». Insomma niente consultazione con i musicisti e i sindacati. Colabianchi risponde dicendo che c’era il fondato «timore di continue e ripetute polemiche che avrebbero potuto interferire nel processo di scelta», polemiche che puntualmente si sono verificate. Insomma, il sovraintendente aveva previsto che la nomina della Venezi sarebbe stata osteggiata sin dall’inizio e dunque aveva tagliato corto.
Ma il vero motivo del rifiuto della Venezi è un altro, scrivono i professori di orchestra: «La nostra contrarietà alla nomina di Beatrice Venezi deriva esclusivamente dal profilo professionale del direttore musicale designato. Il Direttore Venezi non ha mai diretto né un titolo d'opera né un concerto sinfonico pubblico in cartellone alla Fenice. Il suo curriculum non è minimamente paragonabile a quello delle grandi bacchette che, in passato, hanno ricoperto il ruolo di Direttore Musicale di questo Teatro. Venezi non ha mai diretto nei principali teatri d‘opera internazionali, né il suo nome compare nei cartelloni dei più importanti festival del panorama musicale mondiale. Dove si manifesta dunque il ‘talento internazionale’ che dovrebbe essere alla guida della Fenice? Quali prospettive di relazioni di alto profilo nel mondo musicale apre questa nomina?».
Venerdì scorso le maestranze del teatro hanno proclamato uno stato di agitazione. I dipendenti della Scala, del Petruzzelli di Bari, del Regio di Torino, del Maggio di Firenze hanno manifestato la loro solidarietà ai compagni di Venezia. Infine, sabato scorso, gli orchestrali hanno organizzato dentro il teatro un volantinaggio anti-Venezi prima di un concerto.
Sin qui i fatti. Ora entriamo nel merito. Prima, il merito musicale della Venezi. In effetti la musicista non ha calcato i podi delle orchestre più blasonate al mondo, forse anche perché ha solo 35 anni, e non hai mai diretto nulla alla Fenice. Per tanti suoi colleghi di pari età – è proprio il caso di dirlo – la musica è diversa: sono chiamati a destra e a manca in teatri prestigiosi, innanzitutto proprio perché sono giovani. È una strategia di marketing: il giovane attira perché viene spesso dipinto come un enfant prodige, quando invece non di rado manca di preparazione e, ovviamente, di esperienza. Ma poco importa: si preferisce il virgulto all’olivo secolare. Un secondo motivo per cui diversi colleghi della Venezi hanno avuto più fortuna in giro per il mondo e in Italia sta nel fatto che si sono schierati dalla parte giusta della Storia.
E qui entriamo nel vero merito della vicenda: la Venezi è di destra e non di sinistra. È questo il peccato originale di tutta questa vicenda. La preparazione non c’entra nulla. C’entra solo il colore politico della sua bacchetta. Venezi in questo senso non ne ha fatta una giusta. La prima è stata quella di essere figlia di un dirigente nazionale di Forza Nuova. Poi è stata nominata consigliere per la musica dall'allora ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Non paga, non si è vergognata nell’affermare che preferisce essere chiamata “direttore” e non “direttrice”, chiara preferenza linguistica fascista... Ha poi ammesso di essere di destra. E infine il presidente della Fondazione che l’ha nominata, il sindaco Brugnaro, appartiene al centrodestra. Ce n’era abbastanza per chiederne l’espulsione dall’Italia. La Venezi, agli albori della sua carriera quando le sue simpatie politiche non erano ancora note, veniva incensata anche dai media mainstream perché donna e pure una bella donna. Era il paradigma perfetto da promuovere contro il patriarcato nei teatri. Ma poi ci si accorse che era una serpe in seno e da qui la firma alla sua condanna a morte professionale.
La sinistra è noiosamente prevedibile. Il piano gramsciano che esige la colonizzazione della cultura italiana in ogni suo aspetto – scuola sin dai nidi, università, ricerca, teatri, cinema, conservatori, scuole d’arte, di recitazione e coreutiche, editoria, giornali compresi, e anche Chiesa cattolica – deve spingersi fino al più totale e radicale monopolio di ogni spazio dove si fa cultura. E infatti la nostra kultura è profondamente progressista e liberale.
Orchestrali e sindacati berciano contro la lottizzazione dell’arte semplicemente perché per una volta tanto sul podio non c’è un nipotino di Marx, perché l’egemonia rossa delle assunzioni nei ruoli chiave è incappata in una eccezione. Davvero senza vergogna e pudore. Infatti tutti sanno, ma davvero tutti, che per arrivare a ricoprire certi ruoli un tempo dovevi essere tesserato del PCI e, oggi, mostrare senza ombra di dubbio di aderire alla linea ideologica di area levantina. Il curriculum, la preparazione, l’esperienza, il talento, ammesso e non concesso che ci siano, vengono dopo, molto dopo. Perché se sei rosso sei normale, una brava persona, ma se non sei allineato sei fascista. Prima dell’inizio del concerto di Capodanno 2024 al teatro dell’opera di Nizza, la Venezi venne fischiata – un dissenso intelligentemente preventivo espresso appunto prima che si udisse una sola nota – e fu esposto uno striscione con scritto: «Niente fascisti all’opera, niente opera ai fascisti».
Dunque, la quasi certa bocciatura della Venezi non dipende innanzitutto da come tiene in mano la bacchetta, ma dal fatto che la musica che vuole dirigere è in realtà diretta da altri. Ed è lei che deve eseguire la parte secondo le loro indicazioni. Qui i veri direttori d’orchestra sono stati già nominati da un pezzo e non si schioderanno mai dal loro podio.