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Mantovano

Non esultiamo per la decisione della Consulta

Il magistrato Alfredo Mantovano smorza gli entusiasmi di alcuni cattolici dopo che la Consulta ha giudicato inammissibile la questione di costituzionalità relativa ad un caso di omogenitorialità.

Gender Watch 26_10_2019

Due donne tentano di far registrare come figlio di entrambe un bambino avuto con la fecondazione artificiale. Non riuscendoci, il tribunale di Pisa a cui si erano rivolte eccepisce un difetto di costituzionalità della normativa che vieta la doppia genitorialità omosessuale in Italia. La Corte costituzionale ha rigetto il ricorso per un vizio formale.

Il magistrato Alfredo Mantovano smorza gli entusiasmi di alcuni cattolici dopo questa decisione. Riportiamo qui uno stralcio dell’intervista che Mantovano ha rilasciato a al sito ProVita & Famiglia:

«Mantovano, ritiene che la sentenza segni un punto a favore della famiglia naturale? M: No, io credo, piuttosto, che questa sentenza si fermi ad un dato esclusivamente formale, senza entrare nel merito della questione. C’è quindi da stemperare l’entusiasmo di coloro che hanno accolto questa sentenza, come un riscatto della famiglia naturale. Come si evince dal sintetico comunicato della Corte, la Consulta si ferma sulle soglie della questione ma non vi entra, perché semplicemente qualifica come non corretta l’eccezione posta dal Tribunale di Pisa. In particolare, fa vedere che non è ben chiaro quale sia la norma di cui si eccepisce la legittimità costituzionale e, soprattutto, quale sia la ricaduta nel caso concreto derivante dalla declaratoria di illegittimità. È quindi una sorta di anticamera della decisione sul merito, che non è stata presa, quindi, da questo punto di vista, la questione resta inalterata.

Ritiene che, quantomeno, la sentenza possa arginare un minimo i tentativi di introduzione surrettizia dell’utero in affitto o di altre forme di maternità surrogata nel nostro ordinamento? M: Se vale quanto ci siamo detti all’inizio, questa sentenza non sposta di un centimetro la questione. Nel senso che, nel nostro ordinamento, la questione dovrebbe essere già risolta dalla norma contenuta nella Legge 40/2004 che vieta qualsiasi pratica di utero in affitto. In realtà ben sappiamo che vi è stato, nel corso degli anni, un aggiramento di questo divieto, realizzando la pratica dell’utero in affitto all’estero, per poi chiedere la registrazione in Italia, così come volevano fare queste due donne che hanno fatto ricorso al Tribunale di Pisa. Al momento la materia non è ancora stabilizzata, tanto è vero che lo scorso maggio, le sezioni unite della Corte di Cassazione sono intervenute, affermando che, da un lato, non possono essere recepiti atti stranieri che siano contrari all’ordine pubblico (e iscrivere qualcuno come figlio di genitori dello stesso sesso rientrerebbe tra questi atti contrari all’ordine pubblico). Dall’altro hanno ricordato che vi sono vie di soluzione della vicenda e hanno richiamato esplicitamente la stepchild adoption, per la quale il bambino non è iscritto all’anagrafe come figlio di genitori dello stesso sesso, tuttavia uno della coppia – quello il cui patrimonio genetico non appartiene al figlio – può adottarlo, utilizzando una norma della legge sulle adozioni che è stata richiamata in passato e che è conosciuta come quella che legittimerebbe la stepchild. Quindi, bisogna prestare molta attenzione a queste controversie giuridiche, senza lasciarsi fuorviare da sentenze che in apparenza sembrerebbero porsi dalla parte della famiglia ma che, in realtà, nella migliore delle ipotesi, non dicono nulla. Non è quindi quest’ultima sentenza della Consulta ma la precedente delle sezioni unite della Cassazione a dire qualcosa di negativo sulla genitorialità omosessuale, perché la legittimazione della stepchild non era mai passata dalla Cassazione. Spero comunque che, prima o poi ci si renda conto che un dibattito di carattere giuridico non può fondarsi sui comunicati stampa, per cui aspettiamo cosa dirà la sentenza».

https://www.provitaefamiglia.it/blog/eterologa-parla-mantovano-non-ce-da-esultare-per-la-sentenza-della-consulta