Francia: i matrimoni "grigi", espediente per evitare l'espulsione
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Matrimoni di comodo di immigrati in Francia con cittadine francesi, per evitare l'espulsione. Quasi mai la donna è consapevole, talvolta nemmeno consenziente. E anche se il sindaco subodora la truffa, è obbligato a celebrare le nozze.

Il prossimo 30 giugno, Mohamed O. comparirà davanti alla Corte d’Assise di Nîmes per rispondere dell’accoltellamento di due sorelle, Halima e Fatima Zerhouni, avvenuto nel maggio 2023 a Salles-du-Gardon, nei pressi di Alès. Aveva sposato Halima nel dicembre del 2021, la quale non sapeva che il giovane marocchino era destinatario di ben due ordini di espulsione (OQTF) sin dal 2019.
Quel matrimonio rappresentava, per lui, uno strumento per regolarizzare la propria posizione di cittadino straniero in Francia. Oggi la famiglia Zerhouni denuncia un “malfunzionamento amministrativo” e ha sporto denuncia contro lo Stato.
Questa è una delle decine di storie in cui un sindaco ha l’obbligo di sposare un uomo che ha l’obbligo di lasciare il Paese. E nessuno può impedire quel matrimonio senza rovinarsi la vita per sempre. Questo cortocircuito legale è diventato uno dei nuovi assilli della sicurezza nazionale, alimentando la frustrazione di decine di amministratori locali. Alcuni sono insorti pubblicamente, altri hanno denunciato lo Stato. Il messaggio è unanime: «Dobbiamo proteggere i nostri elettori».
Ed è proprio sulla scia di queste proteste che il prossimo 26 giugno, sotto la spinta dei sindaci, l’Assemblea Nazionale discuterà una proposta di legge per vietare il matrimonio quando uno dei futuri sposi si trova in Francia in condizione di irregolarità. Già approvata in prima lettura dal Senato lo scorso febbraio, la proposta porta la firma del centrista Stéphane Demilly.
Dal 1993, la giurisprudenza del Consiglio Costituzionale vieta ai sindaci di rifiutare un matrimonio a uno straniero per il solo fatto che questi si trovi in situazione irregolare. La libertà di matrimonio, afferma la Corte, «è una componente della libertà personale tutelata dagli articoli 2 e 4 della Dichiarazione del 1789» e «il suo rispetto impedisce che l’irregolarità del soggiorno possa, di per sé, ostacolare il diritto al matrimonio» (n. 93-325 DC del 13 agosto 1993).
Secondo il Consiglio Costituzionale, ogni tentativo legislativo che limiti tale libertà rappresenta una violazione del principio costituzionale della libertà di matrimonio. In base a questa giurisprudenza, anche gli stranieri in situazione irregolare, soggetti a OQTF, mantengono un diritto pieno e inviolabile a contrarre matrimonio. Né il sindaco né il prefetto possono opporvisi per ragioni di sicurezza nazionale. Un sindaco che si rifiuti di celebrare il matrimonio rischia sanzioni penali. Il paradosso è tutto qua: se un sindaco si oppone alla celebrazione di un matrimonio per difendere la propria città da un soggetto che lo Stato ha dichiarato pericoloso rischia fino a 5 anni di prigione, 75mila euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici.
La domanda di fondo è una: perché la Francia lascia che persista un sistema capace di screditare platealmente le istituzioni, demoralizzare gli amministratori locali e alimentare la sfiducia dei cittadini verso lo Stato?
Una petizione intitolata Matrimoni insinceri: noi, sindaci di Francia, chiediamo allo Stato di smettere di chiudere gli occhi, è stata lanciata dal sindaco LR di Valence, Nicolas Daragon. «Se osiamo esercitare la nostra vigilanza o segnalare irregolarità, rischiamo procedimenti giudiziari, richiami alla legge, perfino sanzioni amministrative», ha denunciato, per esempio il sindaco di Béziers, Robert Ménard.
È proprio nel suo Comune, 72mila abitanti nel sud della Francia, che il sindaco Robert Ménard si è trovato al centro di una vicenda emblematica. Ha rifiutato di celebrare il matrimonio di un giovane algerino destinatario di ben tre OQTF. Arrivato in Francia da minorenne, a soli 16 anni, il ragazzo ha accumulato tra il 2018 e il 2022 una serie di condanne per spaccio e furto, cavandosela sempre con pene sospese. Nel 2023, all’età di 23 anni, ha deciso di sposare una cittadina francese di 30 anni. Ma quando il sindaco si è opposto alla celebrazione, convinto che si trattasse di un espediente per aggirare la legge, il giovane lo ha denunciato per abuso d’ufficio.
Risultato: da oltre due anni, Robert Ménard è coinvolto in un procedimento giudiziario per aver tutelato la sicurezza del Paese. Ménard ha rifiutato il patteggiamento, il che porterà a un processo. È una questione di principio e di onore. Nonostante il rischio della salatissima multa, l’ineleggibilità e la condanna a cinque anni.
Anche a Bourg-lès-Valence, il 17 maggio scorso, il sindaco Marlène Mourier si è rifiutata di celebrare un matrimonio tra Sylvie, 51 anni, e Bilel, tunisino di 36 anni in situazione irregolare. «Quest’uomo ha dichiarato apertamente di volersi sposare per ottenere i documenti!», ha denunciato pubblicamente il primo cittadino.
Il procuratore ha replicato che «il desiderio di regolarizzare una situazione amministrativa non esclude necessariamente un sentimento sincero», ma non ha disposto alcuna indagine da parte della polizia.
Si finisce così per chiedere al sindaco di farsi carico di un doppio fallimento dello Stato: da un lato, la rinuncia dell’autorità giudiziaria di verificare e avviare gli ordini di espulsione; dall’altro la criminalizzazione di chi prova a difendere la propria città e tutta la Francia.
A Montpont-en-Bresse, dipartimento Saône-et-Loire, Danielle, 76 anni, e Fadi, 34 anni, hanno finalmente potuto dirsi “sì” il 29 marzo. Con il dettaglio che sul signor Fadi alla data del matrimonio pendeva un ordine di espulsione.
Poi c’è la delirante disavventura del sindaco di Hautmont (Nord), Stéphane Wilmotte, processato per essersi rifiutato di sposare una donna francese e il suo fidanzato immigrato clandestino con un ordine di espulsione. L’uomo, Abderrahim Saya, cittadino algerino ritenuto pericoloso dalle autorità, era stato anche a capo di una moschea chiusa per apologia del terrorismo. Dopo il rifiuto del sindaco, Saya ha sporto denuncia, accusandolo di aver «violato gravemente e illegalmente una sua libertà fondamentale».
Rifiutare il matrimonio ha fatto ‘guadagnare’ al sindaco una manifestazione di protesta in città e diverse minacce di morte. Sarebbe anche stato condannato a cinque anni di carcere e a una multa di 75mila euro, tuttavia il procedimento si è chiuso senza sentenza: l’immigrato che lo aveva denunciato è stato nel frattempo espulso, e il giudice ha ritenuto che proseguire l’azione legale non avesse più senso.
L’impossibilità per i sindaci di opporsi, anche davanti a situazioni palesemente sospette o pericolose, evidenzia un corto circuito istituzionale che mina la fiducia dei cittadini e mette a rischio la sicurezza di tutta l’Europa. Quella dei mariage gris, matrimoni grigi, così li chiamano in Francia, è una crisi che mette in pericolo tutti.
Con il 95% degli ordini di espulsione che restano sistematicamente disattesi, Macron non si chiede come far uscire chi non ha diritto di restare, ma se debba poter entrare in municipio con l’abito da sposo e per restare per sempre.