Non combattiamo gli uomini ma le forze del male
Dietro ai fatti, dietro le cose del mondo si combatte una battaglia spirituale. Così che noi, come diceva Thomas Wolfe, non combattiamo gli uomini ma il mostro del male, «altrimenti non ci lascerà nulla che valga la pena di possedere».
«Noi non combattiamo degli uomini bensì qualcosa di orrendo, di antico e mostruoso quanto il male, qualcosa che è contro gli uomini e li uccide, e uccide la verità e i verdi campi, e compie cose persino peggiori che uccidere […] tutte le cose belle di questo mondo. E noi lo sappiamo, e sappiamo di dover uccidere questo mostro, altrimenti non ci lascerà nulla che valga la pena di possedere». E’ un carotaggio quasi casuale in quella terra letteraria sconfinata che è O lost. Storia della vita sepolta, romanzo ipertrofico di quel bulimico e titanico genio di nome Thomas Wolfe.
Nello stralcio qui menzionato, Wolfe stava descrivendo lo stato d’animo di un soldato al fronte. Eppure a leggerlo l’anima che minimamente ha sete di trascendenza coglie immediatamente l’analogia con lo spirito del tempo presente. Quando parliamo con il collega sulle unioni civili, quando ulceriamo lo stomaco ascoltando alla televisione l’elogio della legge sulle Dat, quando con l’amico al bar ci sgoliamo per fargli comprendere che il matrimonio non ha la data di scadenza impressa sul fondo, quando con più paura che rabbia tentiamo di persuadere nostro figlio della fumosità – è proprio il caso di dirlo – della distinzione tra cannabis intesa come droga leggera e cocaina come droga pesante; ecco, quando ci sottoponiamo a tutto questo «noi non combattiamo degli uomini bensì qualcosa di orrendo, di antico e mostruoso quanto il male, qualcosa che è contro gli uomini e li uccide».
Noi non combattiamo le Bonino, i Renzi, i Cappato, alcuni cardinali vestiti di rosso per la vergogna che provocano nei fedeli, e nemmeno ingaggiamo battaglia contro istituzioni umane come i parlamenti, l’Unione europea, l’Onu; non combattiamo uomini, né organizzazioni umane, bensì come ricordava Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae battagliamo contro «tutte le forze del male che operano nella storia e contrastano la missione della Chiesa» (104). Forze antiche come Satana che compiono cose persino peggiori che uccidere persone con le guerre, le immigrazioni via mare, l’aborto, l’eutanasia, la morte in provetta, perché uccidono la verità e la bellezza di questo mondo. Perché un uomo può essere privato della vita, ma è nulla rispetto a privarlo della verità: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima» (Mt 10, 28).
Ed è nostro compito, sempre per glossare Wolfe, uccidere questo mostro del male «altrimenti non ci lascerà nulla che valga la pena di possedere». Perché vivere solo per la nostra privatissima tranquillità domestica e lasciare campo aperto alle forze del male «non ci lascerà nulla che valga la pena di possedere» e per paradosso non ci farà vivere tranquilli.
Ma la battaglia più ardua, la sola che è sempre all’ultimo sangue è quella con noi stessi. E non ci riferiamo al frusto slogan il quale recita che occorre superarsi, vincersi nei propri limiti per migliorare e assaporare così il profumo della terra promessa dei nostri sogni, bensì ci riferiamo alla lotta contro le forze del male che si agitano in noi e che prendono il nome di peccato. Il mostro autentico è prima di tutto non il nichilismo, il relativismo e l’ideologia gender – posto che questi tre loschi individui non abbiano preso dimora in noi – bensì la mancanza di carità, di fede, di speranza, di purezza, di umiltà, di fortezza, di giustizia e di sapienza. Se la santità è l’unica cosa che Dio ci chiede, ciò significa che dalla santità personale passa anche la vittoria sulla teoria del gender, sull’aborto, sullo sbandamento dottrinale nella Chiesa, sulla descralizzazione della liturgia e su molto altro. Il vero mostro è dentro di noi e se non lo attacchiamo farà scempio di tutto ciò che per cui vale la pena di vivere e di morire.
Certo, vien da chiedersi quanti in casa cattolica conservino ancora questo sguardo trascendente sulle cose del mondo, l’intuizione che dietro ai fatti c’è un trama intessuta da Dio, dai santi, dagli angeli ribelli e non, e dagli uomini, anch’essi divisi tra ribelli e non. Chi oggi coglie che dietro al flusso della storia scorre parallelo un altro flusso di avvenimenti di carattere spirituale che informa o deforma i singoli fatti: un barcone rovesciato a largo di Lampedusa, un camion lanciato sulla folla, il varo di una legge ingiusta, un’inedita trovata liturgica? Chi c’è ancora che, nella lettura degli affari della vita, non rimane inchiodato allo stolido contingente ma sa percepire, celato dietro ad ogni banalità, il clangore delle armi impugnate dalle forze del bene e del male? Chi ancora sa leggere nel reticolo dell’irrilevante frangente quotidiano l’intreccio di strade che portano, con andamento tortuosamente sinuoso o limpidamente rettilineo, all’eternità?