Noi che siamo stati adolescenti prima del '68 (e degli Incel)
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«...Quei miei compagni “incel” la fidanzata la trovarono dopo, all’università. Meglio, la ragazza trovò loro. Si sono sposati con quell’unica donna della loro vita e, lo so per certo, hanno avuto dei matrimoni felici. Tutti. I galletti, invece, no».

Il serial di Netflix Adolescence (miniserie televisiva inglese di Jack Thorne e Stephen Graham, regia di Philip Barantini) che tanto sta facendo discutere parte da un ragazzo che uccide una coetanea. L’assassino – quantunque le giornaliste italiane diano ormai del “ragazzo” anche ai trentacinquenni - ha sui 13 anni, non viene da una famiglia disagiata, ha ricevuto in casa una educazione normale e non gli manca niente. E’ solo introverso, e pare sia per questo che a scuola lo bullizzano.
Gli danno dell’incel: nel linguaggio internettiano “involontariamente celibe”, perché con le ragazze non ci sa fare e, probabilmente, non ci vuole fare, e non perché sia gay, ma solo perché per il momento non gli interessano più di tanto. Bene, una di queste ragazzotte esagera nello sfotterlo e finisce a coltellate. La trama, in succo, è tutta qui, e insiste soprattutto sul dopo, con i padri che si chiedono dove hanno sbagliato e se potevano fare di più o di meglio, eccetera eccetera. Insomma, solite cose.
Tuttavia, ciò ha risvegliato un ricordo personale su cui val la pena riflettere perché i fatti spiegano più che la sociologia. Conclusi il liceo giusto nel Sessantotto, un attimo prima che partisse la rivoluzione non solo sessuale. Classe rigorosamente maschile fin dal primo anno. Coi compagni finì col crearsi un sodalizio che dura tutt’ora che i più sono nonni. In classe i galletti erano solo un paio, gli altri, tutti gli altri, alle ragazze non pensavano affatto. E nessuno si sognava di prenderli in giro per questo o bullizzarli.
Eravamo noi galletti l’eccezione, non loro, e ne eravamo, anzi, contenti. Nel clima di allora nessuno veniva considerato minus habens solo perché non aveva la girlfriend. Il pansessualismo venne dopo, e, come c’era da aspettarselo, creò una torma di frustrati. Gli incel, appunto, con termine attuale. Un vecchio navigato e preconciliare avrebbe spiegato che, per natura, le femmine sono attratte dal maschio dominante, o “alfa”, così che quest’ultimo ha tutte quelle che vuole, mentre agli altri resta poco o niente.
Quei miei compagni incel la fidanzata la trovarono dopo, all’università. Meglio, la ragazza trovò loro. Magari – anzi, sicuramente - non era tra le più ambite, ma era giudiziosamente attenta allo scorrere del suo orologio biologico e perciò aveva preso lei l’iniziativa. Si sono sposati con quell’unica donna della loro vita e, lo so per certo, hanno avuto dei matrimoni felici. Tutti. I galletti, invece, no. Per quanto riguarda il bullismo, poi, diciamolo: è cosa vecchia come il mondo.
Fin dall’asilo, dove era normale che il branco opprimesse il più debole e timido (poi dicono che il Peccato Originale non esiste…). Ne ho fatto esperienza anch’io, quantunque non fossi né debole né timido. Ma, come dice il Mago Merlino nel film Excalibur (1984) di John Boorman, «c’è sempre qualcuno più furbo di te». O che si crede tale. Sotto la naja il bullismo cambiò nome: nonnismo. E, anche dopo, si continuò nel dover combattere i prepotenti, o i cattivi per vocazione, o addirittura i delinquenti nati. O i furbi di Merlino, con i loro sgambetti, le loro coltellate alla schiena, i loro tradimenti. Si chiama vita. E le generazioni fino alle presenti sono state formate anche dal bullismo (altrui). Ma quelle attuali sono figlie di padri sessantottini o post-, figlie del “vietato vietare”, dei “diritti”, del “è colpa della società” (cioè di nessuno). Paradise now! era il titolo di un celebre musical sessantottardo; in soldoni: voglio tutto, subito e gratis. Il che è la ricetta migliore per soccombere con qualcuno più furbo di te. E, come diceva Merlino, ce n’è sempre uno.